ROMA – “Avrei preferito affrontare un faccia a faccia, mi dispiace che questo non sia potuto accadere”. Una dichiarazione caustica, con cui il presidente del Senato Piero Grasso ha voluto manifestare il proprio disappunto per l’assenza di Marco Travaglio al confronto che avrebbe dovuto tenersi nell’agone politico di “Piazzapulita”, la trasmissione condotta da Corrado Formigli in onda su La7. Il vicedirettore de “Il Fatto Quotidiano”, tuttavia, ha replicato in maniera indiretta all’ex Procuratore nazionale antimafia, annunciando che la risposta a quanto dichiarato dal presidente del Senato arriverà nel corso della prossima puntata di Servizio Pubblico. Un botta e risposta, insomma, che difficilmente si concluderà questa sera.
Tanti gli argomenti sviscerati nel corso del programma, iniziato con la spiegazione delle motivazioni che hanno spinto la seconda carica dello Stato a respingere al mittente le accuse mosse da Travaglio: “Credo che una persona come me, con la coscienza pulita, non debba temere nulla, men che meno un confronto. Nell’insediarmi al Senato – ha detto Grasso – ho parlato di una casa trasparente, dove si danno risposte in maniera chiara. Le parole che ho sentito, invece, hanno opacizzato la mia immagine. Oggi la comunicazione è davvero importante, le persone mi avrebbero chiesto di rispondere. Ed eccomi qui. Se le parole di Travaglio mi hanno fatto trasalire? In realtà no, ho semplicemente deciso di replicare a quello che reputo un intervento contro il presidente del Senato. Non ho mai minacciato querele, secondo me la libertà di critica della stampa va tutelata. Ben altra cosa è un’informazione che sporca e basta. Voglio ispirarmi a una frase di Giovanni Falcone: forse in Italia per essere credibili bisogna morire. Prendere pezzi della tua storia personale, senza la possibilità di potere chiarire credo che non sia una cosa ammissibile”.
Poi si parla di mafia: “Cosa nostra è un’organizzazione che vuole arrivare al potere e ha le sue collusioni con il potere politico. Non si può indagare sulla mafia senza imbattersi nella politica. Il processo Andreotti? Ero stato chiamato in qualità di testimone, in quanto magistrato coinvolto nel Maxiprocesso. Se avessi firmato l’appello non avrei potuto più testimoniare”. Sulla trattativa Stato-mafia, invece, l’ex magistrato afferma: “Bisogna cercare la verità, innanzitutto per la sete di giustizia di un popolo di un Paese che si definisce civile. Bisogna avere la forza per dimostrare. Ho chiesto di potere dare vita ad una commissione sulle stragi, non soltanto di mafia”.
Subito dopo Formigli chiede a Grasso della sua esperienza alla Procura di Palermo: “Quando arrivai a Palermo, nel 1999, l’epopea della repressione partita dopo le stragi del ’92 andava scemando. Io dovevo iniziare un percorso diverso, dovevo iniziare dalle basi. Ho deciso di gestire l’ufficio di cui ero a capo nelle modalità che ritenevo più opportune. Il metodo Caselli? Penso che i magistrati abbiano un potere talmente grande che debba essere utilizzato in maniera equilibrata, rivelandosi funzionale al processo. Leggi ‘ad personam’ contro Caselli per diventare procuratore antimafia? L’accusa che mi infastidisce maggiormente è quella di poter essere colluso col potere e di cercare un contatto per fare degli inciuci. Mi infastidisce sentire che il sottoscritto avrebbe ottenuto delle leggi a proprio favore, brucia ascoltare dichiarazioni del genere rilasciate in maniera gratuita. Effettivamente le leggi che vennero approvate prima della mia nomina andavano nella direzione di bloccare Caselli. Tuttavia bisogna anche dire che il Csm avrebbe potuto deliberare sulla nomina del Procuratore nazionale antimafia. E’ indubbio, però, che umanamente dispiace per Caselli. Non ho nulla di personale contro di lui”.
Uno dei pezzi forti della serata è la trattativa Stato-mafia, Formigli ne è consapevole e non lesina domande. Una delle più attese riguarda la posizione di Massimo Ciancimino. “Ciancimino ha avuto un percorso diverso rispetto a Giuffrè, anche perché per tanto tempo è stato solo un imputato – afferma Grasso -. Alle contestazioni sui rapporti di suo padre Vito con Berlusconi, preferiva non rispondere essendo in quella fase solamente un semplice imputato. Il famoso pizzino? Si tratta di un pezzo di un foglio A4 che non si sa da chi sia stato mandato. Non si capisce se ha a che vedere con un’estorsione, non si capisce chi l’abbia scritto, probabilmente fu un elemento che venne trascurato ed effettivamente questo potrebbe essere stato un errore”.
Il presidente del Senato, poi, difende il metodo portato avanti nei rapporti con il pentito Nino Giuffrè: “Innanzitutto ho cercato di capire se Giuffrè era attendibile. Lui sapeva che dentro il mio ufficio potevano esserci delle talpe, poi mi confessò che era molto vicino a Provenzano e per poco non arrivammo alla sua cattura. Quando capii che ci si poteva realmente avvalere della collaborazione di Giuffrè, fu proprio lui a fornire delle dichiarazioni importantissime confessando che era dentro la cupola che determinò le stragi di Capaci e via d’Amelio, permettendoci di arrestare diversi personaggi di spicco di Cosa nostra”.
Sulla dichiarazione di una medaglia antimafia da consegnare a Berlusconi, la seconda carica dello Stato si esprime così: “Ho sempre avuto l’onestà intellettuale per riconoscere i meriti del governo Berlusconi in tema di lotta alla mafia. Detto questo, la dichiarazione sul premio sono stati Cruciani e Parenzo (conduttori de ‘La Zanzara’, ndr), in modo goliardico, a farmela pronunciare”.
In chiusura Grasso respinge le accuse secondo cui la scelta di intervenire in televisione per chiarire la propria posizione sarebbe dipesa dalla possibilità di essere chiamato a svolgere incarichi ancor più prestigiosi della presidenza del Senato: “Io sono un servitore dello Stato, il resto mi interessa ben poco”.