Discariche sommerse in Sicilia | Il progetto per salvare gli abissi - Live Sicilia

Discariche sommerse in Sicilia | Il progetto per salvare gli abissi

Una delle testimonianze raccolte per la serie 'Abyss Cleanup'

L'idea di un videomaker palermitano: una serie tv per ripulire i fondali col supporto del Cnr

L'iniziativa
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PALERMO – La formazione di isole di plastica o lo spiaggiamento di cetacei con lo stomaco pieno di rifiuti sono all’ordine del giorno ma l’avvelenamento quotidiano delle profondità di mari e oceani rimane nascosto, anche in Sicilia: per questo un videomaker palermitano, i ricercatori del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) e l’associazione ‘Menkab: il respiro del mare’ hanno deciso di collaborare in una serie tv e web che nel 2020 accenderà i riflettori sull’inquinamento invisibile a occhio nudo.

‘Abyss Cleanup’, progetto ideato dal videomaker ambientalista Igor D’India, sarà un viaggio fra Sicilia e Liguria alla ricerca di discariche sottomarine da -20 a -800 metri, con l’obbiettivo di rimuoverle. L’effetto combinato delle correnti, delle piene dei torrenti e dell’azione dell’uomo, infatti, fa sì che gran parte della spazzatura si vada a sedimentare decine o centinaia di metri sott’acqua. D’India conterà sulla consulenza scientifica del professor Francesco Chiocci e della dottoressa Martina Pierdomenico, autori del paper che ha ispirato la serie, ma anche dei membri di ‘Menkab’ che dal 2010 operano a sostegno delle attività di ricerca scientifica e di educazione ambientale dedicate al Mar Mediterraneo.

In Sicilia, uno dei punti maggiormente interessati da questo ‘inquinamento sommerso’ è lo stretto di Messina: ne dà prova uno studio pubblicato su Scientific reports dai ricercatori dell’Igag-Cnr (Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche) e dell’università La sapienza di Roma: lo studio testimonia la presenza di immense quantità di rifiuti in diversi punti dello stretto, fino a mille metri di profondità. Dalle fotografie scattate coi Rov, sottomarini a controllo remoto, risulta che la loro densità va da un minimo di 121 mila oggetti a un massimo di 1,3 milioni per chilometro quadrato.

“I fondali di Sicilia e Liguria sono tra i più belli al mondo: non possiamo permettere che tutta quell’immondizia rimanga a marcire in acqua – dice D’India –. Per girare il promo sono già stati rimossi circa due quintali di copertoni e bidoni dai fondali della provincia di Palermo. L’obbiettivo per il prossimo anno è quello di localizzare e bonificare almeno cinque location con il supporto delle squadre di sub, senza scendere al di sotto dei 20-30 metri per ovvi motivi di costi e di sicurezza. Sarà possibile seguire le attività passo dopo passo grazie ai contenuti pubblicati nei social network”. L’intento della fase successiva è studiare proprio le discariche a grandi profondità nello stretto di Messina.

“Per noi la possibilità di collaborare al progetto Abyss Cleanup rappresenta una buona opportunità – commenta Pierdomenico, ricercatrice dell’Igag-Cnr –, soprattutto considerando che l’attuale mancanza di navi oceanografiche sta limitando fortemente la ricerca marina in Italia. Oltre a uno scambio di conoscenze, che speriamo possa far aumentare la consapevolezza della società civile sulla problematica, potremo acquisire nuovi dati e informazioni per comprendere meglio i fenomeni di trasporto e accumulo di rifiuti in ambiente marino profondo”.

La sfida è raccolta anche da Giulia Calogero, project manager, ricercatrice e consulente scientifica per ‘Menkab’: “Il Mar Mediterraneo è un sistema chiuso molto particolare e sensibile a ogni modifica – spiega -. Durante le nostre uscite di monitoraggio in mare vediamo quotidianamente l’impatto generato dai rifiuti prodotti dall’uomo. Per questo riteniamo fondamentale prendere parte a progetti come ‘Abyss Cleanup’, che permettono al maggior numero possibile di persone di scoprire un problema che oggi è ancora troppo nascosto”.

“Scendere a 800 metri con i Rov e rimuovere i rifiuti in un canyon sottomarino è una missione pionieristica e molto onerosa – ammette D’India – ma il punto della serie è proprio sensibilizzare e soprattutto creare una rete di persone, aziende e professionisti capaci di sperimentare soluzioni concrete. Spero di trovare i partner disposti a co-finanziare la serie. Sarà indispensabile anche il supporto delle istituzioni e degli enti preposti alla sorveglianza e alla sicurezza del mare”.


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