Dizionario grillino: S | "Siciliani di tutto il mondo..." - Live Sicilia

Dizionario grillino: S | “Siciliani di tutto il mondo…”

Nuova puntata del dizionario grillino. Stavolta tocca alla lettera "S". S come i siciliani che sono partiti - loro malgrado - per terre assai lontane, senza dimenticare la loro terra.

Le parole di Beppe
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Beppe Grillo

<p>Beppe Grillo</p>

PALERMO- Uno dei momenti più importanti del tour di Beppe Grillo in Sicilia è stato l’appello ai “Siciliani nel mondo”. “Ovunque voi siate – ha detto il comico – a Toronto in Canada, a Little Italy a New York, ad Alice Spring al centro del deserto australiano o nelle mille terre del Sud America, ascoltatemi. Io ho bisogno del vostro aiuto, la Sicilia ha bisogno del vostro aiuto e anche l’Italia, che spesso vi è stata matrigna e vi ha costretto a lasciare la vostra isola, ha bisogno di voi. Potete fare molto, cambiare tutto perché, almeno una una volta nella Storia, tutto cambi veramente”.

Il mondo effettivamente è pieno di siciliani! Persone, però, che non votano alle elezioni regionali e che difficilmente sanno chi è Crocetta o Cancelleri. Perché allora chiamarle in causa? Qualcuno se lo è chiesto. L’idea di base è quella della Sicilia come terra di emigrazione. I siciliani emigrano. Ma le Alice e i Gabriele che oggi sono in Canada o in Australia sono diversi dalle Rosalie e dai Salvatore che vi andavano cinquanta anni fà. Magari non hanno nessuna intenzione di vivere tutta la vita a Toronto o ad Alice Spring, forse hanno un contratto annuale per insegnare in qualche università perché a Palermo o a Catania il loro curriculum ha un valore, diciamo, relativo rispetto ad altre variabili, oppure dirigono un ristorante italiano e poi ne apriranno uno a Los Angeles o a Dubai; o forse si sono innamorati di un posto o di una ragazza conosciuta in vacanza.

In breve, sono persone che si muovono, si spostano, vivono in posti diversi e in ciascuno portano un po’ della Sicilia: un ingrediente, un modo di dire, un’idea. Ma vi portano anche un sentimento verso ciò che hanno lasciato: la nostalgia certo, ma anche la delusione, la saturazione, lo schifo certe volte. Più sperimentano la libertà di impresa, la concorrenza, il valore del merito – più sono apprezzati – più forte si fa il loro disprezzo e la rabbia per la Sicilia che li ha respinti.

In molti paesi del mondo, gli esuli, i fuorusciti da regimi dittatoriali o fortemente limitativi delle libertà, hanno finito per sentirsi e costituire la “vera nazione”: piccoli gruppi di persone, che studiano o lavorano all’estero, ma hanno sempre desiderato tornare nella patria ‘occupata’, decidono ad un certo punto di farlo. Quando vedono che le condizioni sono propizie, che qualcosa sta cambiando, decidono di lottare in prima persona per contribuire alla resistenza, al cambiamento, alla rinascita. Così è accaduto in Birmania, così accade in molti altri paesi e specialmente in ex-colonie britanniche o francesi.

Questi fenomeni, da alcuni anni, sono al centro degli studi di un vasto gruppo di discipline – Cultural Studies, Post colonial Studies, Antropologia – i cui maggiori esperti, Appaduraj, Anderson, Clifford, parlano di comunità “diasporiche”, o “immaginate” o “sentimentali” per definire l’esito di un insieme di processi di “deterritorializzazione”. Siciliani senza Sicilia, insomma. Siciliani mobili. Che tifano Palermo a Città del Capo, spiegano al commesso di un supermercato del Texas la differenza fra olio d’oliva e olio di semi, parlano del Tempio della Concordia a studenti californiani. Questi potrebbero, secondo Grillo, costituire un cuneo nell’immobilismo siciliano. Non necessariamente tornando a casa, ma anche semplicemente informandosi sulla vita politica dell’isola, includendo nel circuito delle opioni da e sulla Sicilia qualcuno degli slogan e delle idee del M5S, facendo da interlocutori critici – via twitter o you tube – a chi è rimasto.

Bisogna aver studiato Appaduraj per sapere queste cose? È probabile. Sicuramente non sono idee che circolano nei talk show o nelle chiacchiere del bar. Certe volte, i comici lo sanno bene, il massimo della spontaneità lo si raggiunge dopo aver provato e riprovato e curato ogni dettaglio con pedantesca precisione.

 

 

 

 

 

 

 

 


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