Domenico, promessa palermitana del Muay thai sul tetto d'Italia - Live Sicilia

Domenico, promessa palermitana del Muay thai sul tetto d’Italia

Passione e disciplina gli ingredienti per diventare campione. Caravello premiato all'Ars
IL PERSONAGGIO
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PALERMO – L’atleta è una figura sportiva che incarna diversi valori, sia fisici che morali. L’immagine di questi è sempre stata diversa dalle altre: impegno, sacrificio, rinunce sono alcuni degli aspetti che rendono un atleta degno di essere chiamato tale. Quando però tutto questo si materializza in un ragazzo di appena 18 anni, fa ancora più effetto. Domenico Caravello frequenta ancora il quinto anno del liceo linguistico, ma può già vantare una medaglia d’oro a livello nazionale, una medaglia d’argento nel campionato mondiale e, cronologicamente per ultima, una medaglia di bronzo a livello europeo ottenuta in Turchia circa una settimana fa. La sua specialità è la Muay thai, conosciuta anche come boxe thailandese, un’arte marziale nata e sviluppatasi in Thailandia appunto.

Sveglia alle sei del mattino, corsa e lezioni a scuola; nel pomeriggio si torna in palestra. Dal lunedì al sabato. La routine di Domenico, soprattutto in fase di preparazione ad una competizione, è intervallata dagli allenamenti che svolge quotidianamente e che gli hanno permesso di ottenere i risultati citati precedentemente. Per questo motivo, questa mattina, il deputato regionale Edi Tamajo ha voluto premiare il giovane pugile palermitano nella Sala Cinese di Palazzo Reale, la stanza di rappresentanza durante gli incontri istituzionali.

18 ANNI E TANTI SACRIFICI

Domenico vive la sua vita a metà tra lo studio e lo sport: “E’ una grandissima soddisfazione aver partecipato a questi campionati, sono stati un’occasione unica nella vita. Avendo un curriculum poco costruito a causa del Covid (soltanto sette incontri nel Muay thai), è davvero un onore rappresentare l’Italia in giro per il mondo. Combatto con atleti più grandi e con molta più esperienza di me, quindi sono davvero molto soddisfatto, è un sogno che si avvera. Amo la mia città – prosegue Caravello -, penso sia la più bella del mondo e sono più che onorato di aver ricevuto questi premi in questa location così importante. La vita di un atleta agonista – spiega il pugile – non è semplice. La parte più bella sono gli eventi sportivi, ma tutto il lavoro l’hai fatto in palestra gettando sudore e sangue, se è il caso. Non è stato facile far combaciare la vita da atleta e quella di un normale diciottenne, ma fortunatamente riesco a fare tutto trovando anche del tempo per me stesso. Ad esempio anche la dieta prevede uno sforzo psicologico oltre che fisico. Io ho scelto questa vita, quindi mi piace avere questi ritmi”.

Gli obiettivi, al giovanissimo atleta, non mancano: “Tra un paio di settimane sarò impegnato nel campionato italiano, voglio vincerlo per rimanere in Nazionale. Poi voglio partecipare a più eventi internazionali possibili, per farmi conoscere ed emergere ancora di più. Ripeto, per me è un sogno che si avvera. Ovviamente terminerò il mio anno scolastico e dopo il diploma voglio dedicarmi allo sport, magari provando ad entrare in qualche facoltà universitaria oppure provando qualche concorso in polizia o guardia di Finanza”.

“Oggi è una giornata importante – dice Tamajo -, per me è stato un piacere premiare Caravello. Un atleta palermitano, del nostro quartiere (Partanna Mondello, ndr) che si è distinto sia a livello nazionale che internazionale. Lo sport aggrega, è un importante strumento di crescita e la sana competizione aiuta ad essere uomini e delle persone di spessore in futuro. Ci tenevo a premiare Domenico anche per il rapporto che ho con il padre, anche lui un ex atleta. Spero possa essere un modo per spronare anche altre persone che si vogliono avvicinare a questo mondo, al mondo dello sport sano. Pur essendo uno sport di combattimento c’è molta più correttezza che in altre discipline. Sono felice di aver premiato un ragazzo della nostra borgata”.

Edi Tamajo premia Domenico Caravello

NICOLA, PADRE E MAESTRO

La storia di Domenico si intreccia con quella del padre, Nicola, il suo maestro durante gli allenamenti ma anche e soprattutto la sua guida lontano dal ring. Un rapporto che ha enfatizzato i risultati sportivi del diciottenne, che non può fare a meno di parlare di lui con tanto orgoglio: “Avere il padre che è anche il tuo allenatore/maestro ha reso un po’ complicato mantenere il rapporto classico tra padre e figlio. Lo è già normalmente, pensa quando tuo padre è anche il tuo maestro. Si devono configurare due tipi di rapporti differenti. Mio padre non mi ha mai forzato a fare nulla, ho sempre scelto tutto io. Rispetto i suoi consigli e le sue attenzioni, lui per me è anche dietologo, nutrizionista, allenatore e mental coach. Senza di lui non sarei quello che sono oggi. E in questo sport non sarei Domenico Caravello”.

Da sinistra: Nicola Caravello, Edi Tamajo e Domenico Caravello

Caravello senior racconta così il suo rapporto con il figlio: “Per chi sta all’esterno magari può vederlo come un rapporto difficile. In realtà Domenico è cresciuto a pane e sport, quindi sin da subito abbiamo inquadrato il nostro rapporto in modo naturale, senza alcuna pressione. Le figure di padre e maestro sono state ben distinte, abbiamo delle maschere, possiamo dire, che riusciamo ad usare all’occorrenza. Quando sto all’angolo, Domenico è il mio allievo ma anche mio figlio, una sensazione che provo anche con altri allievi. Anche lo sport stesso, poi, ha migliorato il nostro rapporto privato”.

LA STORIA DI NICOLA

“La nostra palestra, la Strong Gym, negli ultimi anni – prosegue il maestro Nicola – ha fatto crescere tanti campioncini a Palermo. Ci occupiamo di sport da combattimento (pugilato, Muay thai, kickboxing e K1) e ginnastica funzionale, ma della fase di preparazione atletica. Ho iniziato a inserirmi in questo mondo a 13 anni, praticando per la prima volta kickboxing. Oggi ne ho 52. Poi tramite dei filmati in VHS e grazie a un atleta olandese campione del mondo, ho intrapreso il percorso nel Muay thai. Diciamo che sono uno dei pionieri in Italia di questa disciplina. Vi racconto questo aneddoto, che per me vale forse più di una medaglia. Ieri una mamma, dopo aver preso suo figlio in palestra, mi ha detto che doveva parlarmi, davanti a tutti. ‘Le devo fare i miei complimenti, mio figlio da quando pratica questo sport è cambiato, sia a scuola che a livello sociale in modo positivo. Me lo hanno detto anche i professori a scuola!’. Oltre alla parte competitiva, c’è anche questo, cioè riuscire a trasmettere sicurezza, socialità e valori. Ho anche lavorato con alcuni ragazzi al carcere Malaspina, mi ha fatto crescere davvero tanto quella esperienza. E per me lo sport è questo, è vita, non solo le medaglie ottenute in un torneo”.


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