PALERMO – Per il Comune di Palermo, un piccolo magazzino per gli attrezzi risalente al 1925 e una tettoia per le auto degli anni 60 andavano demolite, anche se la Soprintendenza ha dato il suo parere favorevole e il proprietario ha presentato nel 1986 una richiesta di sanatoria a cui gli uffici del Comune non mai hanno dato una risposta definitiva.
La storia si legge fra le ultime decisioni del Tar Sicilia che ha annullato l’ordinanza di demolizione emessa dall’Ufficio Condono Edilizio di Palermo verso i proprietari di un immobile a cui si accede da via Libertà. La decisione del Comune è arrivata dopo oltre 32 anni dalla richiesta di sanatoria e senza che l’ufficio rispondesse all’istanza.
Così i giudici amministrativi hanno annullato l’atto amministrativo per molte ragioni. La prima ha a che fare con l’istanza di sanatoria presentata dalla proprietà dell’immobile dopo la legge regionale del 1985. Già negli anni ’90 la Commissione per il recupero edilizio aveva richiesto un’integrazione per sanare la tettoia oltre al magazzino. Il parere allora era stato positivo a patto che i proprietari integrassero il pagamento della sanatoria.
Poi però la richiesta è rimasta senza esito tanto che “l’Ufficio Condono del Comune di Palermo – così si legge in sentenza – ha confermato che ‘…l’Ufficio non ha ancora emesso il provvedimento concessorio’”. La conseguenza è stata così chiara: non si può ordinare la demolizione di un edificio se prima non si dà riscontro alla richiesta di sanatoria.
Mentre l‘atto viene annullato, così dopo 33 anni da Palazzo delle Aquile dovrebbe arrivare una risposta. Una tappa obbligata che però, secondo la difesa degli avvocati Salvatore e Luigi Raimondi e Beatrice Miceli, è stata superata dal silenzio assenso formatosi dopo due anni del parere positivo della soprintendenza dei Beni culturali di Palermo.
Il 4 gennaio del 2000 infatti gli uffici regionali per la tutela dei Beni culturali hanno dato parere favorevole alle opere in quanto sono state realizzate prima dell’apposizione del vincolo di tutela sull’edificio principale e senza alterarne l’interesse storico con “interventi distruttivi”.