Perché riaprire il dossier mafia-appalti - Live Sicilia

Perché riaprire il dossier mafia-appalti

La proposta dello scrittore Aldo Sarullo alla neo Procuratore generale di Palermo Lia Sava
L'ANALISI
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C’è una novità. Lia Sava è il nuovo Procuratore generale di Palermo. Ricordando il suo ultimo incontro con Paolo Borsellino ha affermato: “Non smetteremo di cercarla la verità”. Nell’interesse italiano sulle stragi dei primi anni ’90 c’è una grave omissione. Vediamo. E’ da anni che si ripete – persino nella sentenza quater sulla morte di Paolo Borsellino – che la strage di via D’Amelio del 19 luglio ’92 sia stata una “cautela preventiva” per impedire al pm palermitano di occuparsi, come prima aveva già fatto Giovanni Falcone, del dossier mafia-appalti, frutto delle indagini richieste da quest’ultimo al Ros di Mario Mori e Giuseppe De Donno.

La stagione delle stragi

La prima vittima della stagione delle stragi iniziata nel ‘92 fu, a Marzo, Salvo Lima, poi, ad Aprile, il maresciallo Giuliano Guazzelli, ucciso perché aveva rifiutato di annacquare le accuse – contenute nel dossier – contro Angelo Siino, il “ministro dei lavori pubblici” di Cosa nostra. Poi Falcone, con la moglie Francesca Morvillo, poi Borsellino. E i loro uomini di scorta. Falcone era stato tanto interessato al dossier che nel consegnarlo al capo della Procura Pietro Giammanco – e in previsione dell’imminente trasferimento al ministero di Giustizia – gli aveva raccomandato di affidarglielo perché divenisse il “dossier Falcone” così che, dopo aver lasciato gli uffici di Palermo, nessuno avrebbe avuto la “intraprendenza” di non dargli seguito. Giammanco non glielo affidò. E anche Borsellino, intuendo l’importanza investigativa e il peso dissestante del documento per comprendere gli equilibri politico-mafiosi anche di rilevanza nazionale, dopo la morte di Falcone se ne era nascostamente interessato. Sì, nascostamente, al di fuori delle vie ufficiali, convinto com’era che la strage di Capaci vi fosse collegata.

Poche ore dopo la strage di via D’Amelio, dalla procura di Palermo parti la richiesta di archiviazione di quel dossier e dopo meno di un mese il gip l’archiviò. Tutto fu legittimo e istituzionale. Ma rimase e permane una domanda: l’interesse elevatissimo di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino nei confronti di quelle indagini racchiuse in circa mille pagine fu il frutto di inadeguatezza di valutazione? Quindi, almeno in quella circostanza, i due mostrarono di non essere all’altezza della loro meritata fama?
La domanda sembra una provocazione, eppure è soltanto una deduzione che aspetta di venire soddisfatta. Lo aspettano gli storici, lo aspettano gli italiani sensibili ai temi delle verità giudiziarie, ma potrebbe interessare anche a chi ha il potere della giurisdizione, i magistrati. Infatti, se è vero che i reati eventualmente desumibili dalla relazione del Ros sono certamente prescritti per il decorso del tempo, imprescrivibile sarebbe il collegamento tra le stragi e colui che, temendo il dossier, avrebbe scelto di sopprimere chi, come per ultimo Paolo Borsellino, gli aveva dato tanta considerazione. E la Procura di Palermo che ne chiese l’archiviazione? E il gip che la concesse? Tot capita tot sententiae, si diceva nei tempi andati, cioè: ognuno la pensa come meglio ritiene.

Ma il dubbio sulla inadeguatezza di Falcone e Borsellino no, questo va sciolto per la tutela della memoria collettiva e per la sua completezza. In special modo dopo la sentenza così detta Borsellino-quater, non è più tollerabile che si ometta di fare chiarezza. Ecco perché un magistrato come Lia Sava, con la sua storia trasparente e possente, potrebbe promuovere una nuova attenzione su quel dossier e decidere la strada da percorrere. Ne intuisco le difficoltà, ma so anche che con l’autorevolezza del ruolo e dell’identità soggettiva, potrebbe scegliere, comunque, di esercitare la sua “moral suasion” nei confronti del Parlamento italiano per varare una commissione ad acta (a volte funzionano), con tutti i poteri e i doveri possibili, e riesaminare il dossier su mafia e appalti nella sua stesura originaria. Accanto all’obiettivo – importante, ma secondario -di capire se qualcuno sbagliò nel dargli importanza o, viceversa, nel non avergliene data a sufficienza, vi è quello preminente del collegamento con le stragi. Sì, non smetteremo mai di cercarla la verità.


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