E dopo la Gesip, ecco la Spo| "Vogliamo essere assunti" - Live Sicilia

E dopo la Gesip, ecco la Spo| “Vogliamo essere assunti”

Il metodo Gesip fa scuola. Gli ex lavoratori della Spo, società satellite della Gesip, occupano la chiesa di Santa Caterina a piazza Pretoria e chiedono al sindaco Orlando di essere inseriti nel tavolo tecnico romano.

PALERMO, I LAVORATORI OCCUPANO UNA CHIESA
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PALERMO – Non di sola Gesip vive Palermo. Ma anche delle sue società satellite. Mentre la protesta dei 1800 lavoratori dell’azienda continua senza sosta, con tanto di occupazione della Cattedrale e blocchi al traffico che si susseguono ormai da giorni, 92 ex lavoratori della Spo si appellano al sindaco Orlando: vogliono essere stabilizzati e far parte della futura società consortile che ingloberà la Gesip così come tutte le altre partecipate. E per far valere le proprie ragioni, in 25 hanno occupato la chiesa di Santa Caterina a piazza Pretoria.

Una vicenda, quella della Servizi per l’occupazione srl, società satellite di Gesip che ne è il socio unico, che non è certo nuova ma che torna d’attualità oggi che i lavoratori si appellano al sindaco per risolvere, una volta e per tutte, l’annosa questione. Perché dei quasi 3.300 precari della Spo, solo in 92 sono rimasti fuori da ogni stabilizzazione: la maggior parte, ovvero gli ex Pip, sono infatti passati alla Regione, sotto la sigla di Social Trinacria. I 92, che svolgevano invece funzioni amministrative o di orientamento, non sono stati né spostati alle dipendenze di Palazzo d’Orleans né ricollocati altrove. Sono stati semplicemente mandati a casa.

“Abbiamo lavorato per sei anni – dice Debora Cera – dalla mattina alla sera, con contratti a progetto rinnovati di volta in volta. E non siamo stati stabilizzati, come invece prevedeva la legge. Ecco perché abbiamo fatto vertenza all’azienda e soprattutto chiediamo al sindaco Orlando di non dimenticarsi di noi”. E il sindaco, secondo quanto dicono i lavoratori, si sarebbe impegnato a far divenire la Spo “un’appendice del tavolo di crisi aperto a Roma”.

Ma cos’è la Spo? O meglio cos’era, visto che la società non ha più un dipendente ma è ancora aperta per via delle vertenze da 70mila euro l’una? La Servizi per l’occupazione srl nasce il 26 marzo del 2004, socio unico la Gesip, per gestire il progetto “Piano per l’occupabilità dei soggetti svantaggiati dell’area metropolitana della città di Palermo”, in cui erano coinvolti 3200 “ex Pip”, tra cui 1800 ex detenuti, disoccupati, ex alcolizzati ed ex tossicodipendenti. Tutte categorie svantaggiate, dunque, figlie del celebre progetto “Emergenza Palermo” che affonda le sue radici negli anni Novanta. E in poco meno di 15 anni il bacino si ingrossa a dismisura, passando da 700 a oltre 3200. Ma all’inizio del nuovo millennio, e precisamente nel 2004, Italia Lavoro, agenzia del ministero del Welfare, costituisce la società di scopo Spo al costo annuo di 36 milioni di euro. Soldi regionali, ben inteso, con i quali si finanzia un’azienda che svolge una serie di servizi che, nel tempo, aumentano sempre di più: dalla pulizia di trenta chilometri di costa alla pulizia delle scuole, dal rifacimento dei marciapiedi alla riapertura dei sottopassi, passando per gli sgomberi allo Zen e la raccolta differenziata. E, ovviamente, anche corsi di formazione che in Sicilia non si negano a nessuno.

Compresi nel prezzo, ovviamente, anche 12 amministrativi e quattro formatori (rispetto ai 19 iniziali), a cui viene rinnovato, di volta in volta, un contratto a progetto per gestire lo sterminato bacino di ex Pip. Ma da 16, nel giro di alcuni anni e specie in corrispondenza delle scadenze elettorali, si passa a 92 amministrativi, di cui 50 fanno il loro ingresso, tutti in una volta, a febbraio del 2007, tre mesi prima delle comunali. “E lavoravamo sodo – dice Maria Tesauro – specie quando dovevamo pagare i Pip con gli assegni: cominciavamo alle cinque del mattino e finivamo alle due di notte”.

Ma nel 2010 ecco la doccia gelata: il 30 aprile la Finanziaria regionale sposta i Pip nella Social Trinacria, ma non i 92 che così il primo maggio, festa dei lavoratori, scoprono che lavoratori non lo sono più. Dopo sei anni. Una decisione che, a turno, deputati di tutti i partiti e addirittura la commissione Lavoro rinnegheranno, definendola scandalosa, una vera e propria “nefandezza”. Ma a cui non è mai stato posto rimedio. Di motivazioni ufficiali non ce ne sono, ma il sospetto è che la decisione sia stata adottata su pressione degli stessi Pip: “In questo modo – dicono gli ex amministrativi – dispongono ugualmente di 36 milioni, già stanziati, ma possono dividerli fra loro, grazie a 92 persone in meno. Inoltre, in questo modo, si autogestiscono e fanno quel che vogliono”.

Un piccolo spiraglio si era aperto a Sala delle Lapidi in occasione del bilancio 2011, grazie al progetto 82 per la bonifica del fiume Oreto che però non è mai partito.

E ora gli ex amministrativi chiedono aiuto a Leoluca Orlando: “Abbiamo incontrato il sindaco – dice Maurizio Alesi – che ci ha assicurato che tenterà di far diventare la vicenda Spo un’appendice del tavolo. Perfino l’assessore Armao, il 30 luglio all’Ars, ha parlato di ‘legittima aspirazione al lavoro’ e di una ‘vicenda da inquadrare al di là della tempistica elettorale’, impegnando il governo a trovare una soluzione che ancora non arriva. Lavoravamo otto ore al giorno, nonostante i contratti Co.co.pro non prevedessero obbligo di orario o di frequenza”.

E la Spo che fine ha fatto? E’ ancora in piedi, formalmente, ma senza più dipendenti. Anche se nei mesi successivi alla chiusura, fino al mese scorso, ha continuato a stipendiare un amministratore e soprattutto a pagare affitti per locali non utilizzati. Per non parlare degli archivi spariti nel nulla, secondo i lavoratori, e dei tanti mezzi di cui si è persa traccia.

Adesso la speranza dei lavoratori è riposta nel sindaco Orlando, nel tavolo interministeriale e nella futura società consortile, per riparare a quella che definiscono “un’ingiustizia’. E nel frattempo occupano la chiesa di Santa Caterina. Il metodo Gesip, a Palermo, comincia a fare scuola.

 


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