(R.L.V.) Gennaio 2003. Un corteo composto da una moto e due macchine giunge sotto il ponte di via Roma a Ficarazzi. Ad attenderli c’è Stefano Lo Verso. Onofrio Morreale, capo della cosca mafiosa locale, gli ha detto di farsi trovare pronto. Deve prendere in consegna un signore. Il signore sta seduto in macchina. Lo Verso ricorda le tre croci che gli uscivano dalla maglietta. Quel signore è Bernardo Provenzano. Lo Verso lo accompagna in un casolare di Villabate dove incontra Nicola Mandalà. Il pentito di Ficarazzi racconta così il giorno in cui ha conosciuto il padrino di Corleone. La sua deposizione è in corso al processo che vede imputati Mario Mori e Mauro Obinu per la mancata cattura di Provenzano.
All’inizio Lo Verso non sa che l’uomo che gli è stato affidato è il capo di Cosa nostra. Lo scopre nel gennaio del 2004, mentre lo ospitava nel villino della suocera, in viale Europa, a Ficarazzi. Accompagna Provenzano nella chiesa madre perché “doveva prendere dell’acqua benedetta perché si faceva sempre il segno della croce”. All’uscita della chiesa “mi disse se conoscevo un uomo appoggiato alla statua di Padre Pio. Aggiunse che era sposato con una sua paesana. Li ho capito che era di Corleone. Fu lui stesso a confermarmelo”. Lo Verso ha paura e non lo nasconde a Provenzano che lo tranquillizza: “Non devi avere paura. Io sono protetto dai politici, dalle forze dell’ordine, da un pezzo grosso dell’Arma. Anche se arrestano l’ingegnere Michele Aiello, Totò Cuffaro deve mantenere gli impegni presi”.
“Provenzano era una persona umile nel vestire e nel modo di mangiare. Andava in giro in macchina faceva una vita normale”. Una vita in cui Lo Verso è stato una presenza costante dal gennaio 2003 al settembre 2004. Lo Verso gli comprava ” una puntura costosa, 400 euro, si doveva curare perche aveva un tumore alla prostata”. Poi un giorno gli fece una rivelazione che riguarda il processo in corso e la figura del collaboratore di giustizia Luigi Ilardo, l’uomo che stava stanando Provenzano ma che fu assassinato. “Eravamo nel villino di mia suocera e Provenzano stava guardando la tv – racconta – si parlava di un processo per la mancata cattura di Mezzoiuso. Mi disse, parlando di Ilardo, era lui che mi voleva incontrare, aveva un registratore addosso. Poi disse: lo vedi che fine ha fatto”.
Lo Verso continua: “Nel giugno o luglio 2004 Provenzano mi disse che le stragi erano state una rovina. Che ormai gli unici a sapere la verità erano in pochi. ‘Io, il mio paesano Riina, Andreotti, Lima che è stato ammazzato perché non era d’accordo con le stragi e non poteva reggere il peso, e Ciancimino’. Provenzano diceva che Il suo paesano, Riina, gli diceva che le stragi si dovevano fare a tutti i costi per fare un favore ad Andreotti. Dopo le stragi del ’92 mi disse che i suoi uomini si erano messi in contatto con Marcello Dell’Utri che aveva preso il posto di Lima. Provenzano mi disse che nel ’94 aveva fatto votare Forza Italia e che aveva partecipato a un congresso all’hotel Zabara di Bagheria dove c’erano politici e mafiosi politici. Provenzano fece votare Forza Italia perché c’erano degli accordi ma non mi disse quali erano gli accordi. c’erano le elezioni provinciali. Ficarazzi votava Salvo Priola come consigliere. Per il presidente votavamo tutti Ciccio Musotto”.
“Nicola Mandalà (mafioso di Villabate n.d.r.) mi disse che ‘avevano nelle mani Schifani, Dell’Utri, Cuffaro e Romano'”. Lo ha rivelato, deponendo al processo al generale dei carabinieri Mario Mori, accusato di favoreggiamento alla mafia, il pentito Stefano Lo Verso.
La reazione di Schifani
Il portavoce del Presidente del Senato, Eli Benedetti, comunica che “appresa la notizia delle dichiarazioni rese oggi in una aula di giustizia di Palermo, il Presidente Renato Schifani ha dato mandato ai propri legali di intraprendere ogni attività a tutela della propria onorabilità ed immagine nei confronti del signor Stefano Lo Verso”. Lo rende noto un comunicato.