CATANIA – Un ex detenuto del carcere di Piazza Lanza, un uomo di 34 anni, dovrà essere risarcito perchè per 137 giorni ha vissuto in condizioni di detenzione violando l’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il Tribunale di Catania ha dunque accolto il ricorso presentato dall’avvocato Massimo Ferrante dello studio Legale Fassari-Ragazzi-Ferrante in applicazione del’articolo 35 ter dell’Ordinamento Penitenziario introdotto dalla legge 117/2014. E’ una delle prime pronunce da parte di un giudice da quando è stata introdotta la nuova normativa: Catania diventa apripista su questo tipo di procedimenti.
La situazione a Piazza Lanza negli ultimi due anni è nettamente migliorata, anche grazie all’opera di riqualificazione di cui è stato protagonista il carcere catanese. Infatti è lo stesso avvocato Massimo Ferrante che punta l’attenzione sulla grande necessità di rivoluzionare il sistema di leggi sul reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti . “A prescindere dal provvedimento positivoche fotografa una situazione di Piazza Lanza – ammette – non più attuale grazie alle recenti ristrutturazioni dell’istituto, la legge che ha consentito agli ex detenuti di ottenere il risarcimento del danno è la solita legge fatta per aggirare l’ostacolo e non affrontare il problema della pena detentiva, ormai non più attuale e non più idonea a raggiungere lo scopo nelle attuali strutture carcerarie italiane. Le leggi sono lo specchio delle esigenze e delle sensibilità del tempo, ad oggi, evidentemente si crede ancora che il carcere possa essere una soluzione, – incalza – quando bisognerebbe puntare su misure diverse di reinserimento e soprattutto sul lavoro”.
L’avvocato Ferrante crede inoltre che “bisognerebbe puntare sul cambiamento dei contesti familiari e relazionali delle persone che delinquono non tanto attraverso la rieducazione (vedi il carcere) ma quanto piuttosto sulla riabilitazione mediante il lavoro, ovvero mediante un sostegno ed una riflessione sui motivi profondi che hanno condotto all’atto delinquenziale e sulle possibili alternative al comportamento”.