PALERMO – “Nell’omicidio Mattarella vi era una concordia di fondo di tutta la commissione sull’eliminazione di questo personaggio, nel senso che non interessava a tutti più di tanto che rimanesse in vita; però nel momento più acuto della crisi, che poi sarebbe sfociata l’anno successivo in una guerra di mafia molto cruenta, ognuno aveva paura di fare il primo passo, e Stefano Bontade, per la parte che ci è stata riferita, aveva preferito stare alla finestra nel senso di disinteressarsi delle vicende di Cosa nostra per poter poi contestare dall’opposizione certe vicende all’interno dell’organizzazione. Se per l’omicidio Mattarella, e questo ci è stato ampiamente confermato da Buscetta, fossero stati utilizzati killer mafiosi, in due secondi chiunque all’interno di Cosa nostra avrebbe saputo chi aveva ordinato l’omicidio del presidente Mattarella”.
Un omicidio di mafia eseguito, però, da sicari non mafiosi: era la conclusione sul delitto dell’ex presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella a cui era giunto il giudice Giovanni Falcone. Le sue rivelazioni alla commissione Antimafia il 22 giugno del 1990 sono state desecretate oggi dalla stessa commissione.
Falcone poi disse: “Nel corso di faticose istruttorie abbiamo trovato tutta una serie di riscontri che per brevità ometto e che ci hanno portato a dover valutare il fatto che queste risultanze probatorie fossero conciliabili con una matrice e quindi con dei mandanti sicuramente all’interno della mafia, oltreché ad altri mandanti evidentemente esterni”. Ma pur essendo certo della matrice mafiosa dell’omicidio Falcone ritenne che l’esecuzione materiale fosse stata delegata ad altri soggetti. “Tutti i personaggi, quelli realmente importanti e senza i quali non sarebbe potuto avvenire un omicidio mafioso di quel calibro a Palermo, nella zona di Francesco Madonia (questo non lo dimentichiamo), nessuno di questi personaggi è stato riconosciuto, ma non nel senso che non è stato riconosciuto dalla vedova Mattarella, ma nel senso che ha sicuramente escluso che questi personaggi potessero essere coinvolti nell’esecuzione dell’omicidio”, aggiunse.
Il magistrato, che sarà assassinato a Capaci nel 1992, ritenne dunque che la mafia si fosse rivolta a killer esterni per il delitto e sembrò ritenere attendibili le parole di Cristiano Fioravanti che dell’assassinio Mattarella accusa il fratello, il terrorista nero Valerio Fioravanti, poi processato e assolto per il delitto dopo le dichiarazioni del pentito Buscetta che ne mise in dubbio la responsabilità. “Questo è un dato di fatto assolutamente incontrovertibile. Per converso abbiamo dei riconoscimenti quasi certi nei confronti di questi imputati (Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini entrambi scagionati ndr) ); – conclude – Ci troviamo di fronte a delle modalità operandi che sono molto simili, in alcuni casi addirittura identiche, a quelle di questi personaggi”. Parole che smentiscono quanto detto a gennaio dallo stesso Fioravanti che, in una intervista, ha sostenuto che Falcone credeva nella sua innocenza e che aveva dovuto procedere contro di lui per non meglio precisate pressioni. Nel corso dell’audizione all’Antimafia Falcone racconta anche di un tentativo di depistaggio delle indagini sul delitto Mattarella da parte di un confidente dei carabinieri, Benedetto Galati.