CATANIA – Un dibattito, forse tardivo, sul piano di rientro. Il documento che dovrebbe salvare (temporaneamente?) Catania dal dissesto è stato commentato ieri pomeriggio in occasione di un consiglio comunale straordinario aperto alla città, convocato dal vicepresidente Sebastiano Arcidiacono, proprio per rendere partecipato un atto che, quando approvato, legherà mani e piedi l’amministrazione per quanto riguarda l’aspetto finanziario. Un momento di “democrazia” come sottolineato dallo stesso vicepresidente, nel luogo Istituzionale per eccellenza, l’aula consigliare. “Al di la delle cose dichiarate – sottolinea Arcidiacono – non c’è un chiaro cambio di rotta, né di metodo, rispetto alla chiusura alla partecipazione e al confronto con la città”. Un’accusa affatto velata che precede l’analisi del piano, in particolare su due aspetti: il primo sulla questione partecipate, elemento già analizzato dal consigliere ben prima dell’approvazione in Giunta del Piano di riequilibrio. Il secondo, molto sentito dalle associazioni, movimenti e cittadini presenti, sull’alienazione dei beni immobili.
Arcidiacono sottolinea che “Fino a oggi l’unico venduto è palazzo Bernini. Ha un valore di oltre sette milioni, ma è stato venduto a 2,3 milioni di euro. Fra un anno e mezzo – prosegue – avremo venduto gli edifici di pregio ma senza aver ottenuto nulla. A chi serve questo piano? – si domanda il vicepresidente – alla sopravvivenza di chi ha responsabilità di governo. Per fare in modo che si possa arrivare a fine amministrazione e lasciare il cerino nelle mani degli altri. Credo sia questo il vero tradimento nei confronti della città, nei confronti di cosa è stato detto in campagna elettorale”.
Un punto di vista chiaro, esplicato in altri termini da Matteo Iannitti di Catania bene comune! che già aveva espresso il pensiero del movimento politico in una nota stampa. Ianniti afferma ciò che altri, per opportunità o per timore, non dicono chiaramente. “Chiedo a nome dell’assemblea “Catania non si vende”, di non votare questo atto. Di arrivare al dissesto ma non condannare le future generazioni a pagare il debito. A non votare un atto per ottenere qualcosa. Una città migliore non passa dal appiano di rientro”.
Di numeri “stravaganti” parla invece Carlo cittadino ex revisore dei conti del Comune e pungolo costante in materia di bilancio. “Si fa un piano di riequilibrio con numeri stravaganti – dice – mentre si afferma che tutto va perfettamente bene”. Un piano che è un “bluff” per il Movimento 5 Stelle, che impoverirà la città, senza risolvere il problema della tenuta dei conti.
Ma è Ruggero Razza, esponente de La Destra, ad affondare il colpo. ‘Il tema di cui il consiglio dovrà discutere non è il piano, perché non esiste un piano. L’Amministrazione vi sta portando una visione scenica. Sono pronto a scommettere – dice – anche perché, se l’Ente fosse una società privata che mette in piazza un piano di rientro falso, si commetterebbe un reato. Il tema è che ancora una volta ci saranno degli individui che faranno una scelta giusta e altri che la faranno sbagliata. Il vostro compito – continua rivolto ai consiglieri – è quello di saperlo raccontare alla città. E allora, non sarà importante l’appartenenza”.
E in effetti, guardando la platea presente – oltre i citati anche Fratelli d’Italia, Rifiuti Zero, Comitato Porto del Sole, Adas, I Siciliani, Il Tavolo per le imprese e altri – la trasversalità delle richieste di chiarimento e, in generale, della voglia di partecipazione, è emersa tutta.
Infine, il consigliere Giuseppe Catalano, tra i pochi presenti in aula insieme al collega Manlio Messina. evidenzia come la vendita delle botteghe della municipalità San Giovanni Galermo, comporterà la perdita dei servizi. “Anagrafe, 118. Prima ci danno qualcosa che la popolazione chiede da decenni e poi, con un colpo di spugna, cancellano tutto”.