PALERMO – Claudia Fava di Centopassi lascia la presidenza della Antimafia siciliana, per impegnarsi nelle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato alla presidenza della Regione siciliana. L’addio di Fava arriva dopo l’approvazione delle ultime due relazioni dell’Antimafia: quella dell’Azienda trasporti siciliana, finita in una inchiesta della Procura di Palermo, e sugli incendi che hanno devastato la Sicilia l’anno scorso.
LEGGI ANCHE: Incendi in Sicilia, numeri drammatici: 135 al giorno in due mesi
Fava ha ricordato che la commissione, in quattro anni e mezzo, ha svolto 300 sedute, 600 audizioni, ha approvato due disegni di legge (codice etico e beni confiscati) ed effettuato 12 relazioni antimafia. “Mi considero soddisfatto del lavoro della commissione – ha detto Fava – Questo lavoro non si sarebbe potuto effettuare se non si fossero realizzate alcune condizioni, tra cui il clima di assoluta responsabilità di tutti i commissari su temi scottanti”.
Claudio Fava ha spiegato che oggi, dopo l’approvazione delle ultime due relazioni d’indagine, lascerà la presidenza della Commissione regionale antimafia e non parteciperà più alle sue riunioni “per una questione di opportunità e di rispetto istituzionale, essendo io come è noto impegnato nelle primarie della coalizione progressista.”
Una scelta che Fava ha definito come “un passo di lato che arriva al termine del più bello e proficuo periodo della mia esperienza politica, con un lavoro straordinario fatto da tutta la Commissione e che è sintetizzato da alcuni numeri: 12 relazioni, approvate sempre all’unanimità, oltre 600 audizioni, oltre 250 mila pagine di atti acquisiti, due progetti di legge, quello sul codice etico e quello sui beni confiscati.” Fava ha anche sottolineato il valore politico del voto unanime su tutte le relazioni: “i temi su cui ci siamo cimentati non sono certo neutrali, rispetto alla politica, dai rifiuti alle partecipate, dalla sanità al cosiddetto sistema “Montante”, eppure questo voto unanime è motivo di grande gratificazione perché è la prova dello spirito collaborativo e dello spirito istituzionale che ha animato la Commissione in questi quattro anni.”
Il dossier Ast, “condizionata da cliente politiche”
“L’indagine della Procura di Palermo consegna alle valutazioni della politica una ricostruzione priva di rilievo penale ma, certo, estremamente allarmante: dalle indagini è emerso che la gestione del personale di Ast, sia con riguardo ai dipendenti assunti direttamente sia con riguardo a quelli impiegati attraverso rapporti di lavoro interinale è pesantemente condizionata da logiche clientelari e da pressioni politiche”. E’ quanto si legge nelle conclusioni della relazione finale dell’indagine dell’Antimafia regionale sull’Azienda siciliana trasporti (Ast), approvata all’unanimità e presentata stamani dalla commissione, presieduta da Claudio Fava.
“Dall’inchiesta svolta da questa Commissione emergono fatti, comportamenti e omissioni che aggravano, purtroppo, il quadro proposto dalla magistratura – si legge ancora nella relazione – E che richiedono un ripensamento urgente e complessivo da parte della Regione siciliana, socio unico dell’Ast, nelle proprie funzioni di gestione e di controllo nei confronti della più importante partecipata regionale”. Per l’Antimafia “è quanto meno singolare che la relazione, a conclusione dell’audit svolto dagli avvocati Terrano e Lo Cascio, sia rimasta lettera morta, nonostante punti specifici di vulnerabilità e di opacità che quella relazione individuava nell’azienda (e che sono stati poi raccolti e sviluppati nell’indagine della Procura di Palermo)”.
“È irrituale che l’attività ispettiva dei due legali dell’azienda Terrano e Lo Cascio si sia ritorta contro di loro, rendendoli vittime di un isolamento ingiustificato e certamente ingeneroso per due dipendenti che hanno avuto l’onesta civile di rappresentare all’autorità giudiziaria le loro preoccupazione su situazioni di dubbia legalità all’interno dell’azienda – prosegue l’Antimafia – È incomprensibile che la nuova governance della società non abbia ancora sentito il dovere di esprimer loro apprezzamento e di rimuovere gli effetti di un grottesco mobbing aziendale”.
La commissione sottolinea quello che scrive il giudice: “Dagli elementi di prova acquisiti nel corso delle indagini è emerso con straordinaria nitidezza il fenomeno delle assunzioni di personale legate a logiche politiche; assunzioni ‘pilotate’ che hanno fatto dell’Ast una scatola contenitrice di lavoratori non necessari all’azienda… Le intercettazioni trascritte assumono un’evidenza tale da non richiedere spiegazioni o interpretazioni…”.
Nemmeno le parole del gip, sottolinea l’Antimafia, richiedono spiegazioni: nette ed irrimediabili. “Eppure tra i ruoli apicali dell’azienda continuano a svolgere, riconfermati nelle loro funzioni, soggetti coinvolti nell’indagine penale, adducendo la giustificazione piuttosto singolare d’una carenza di risorse umane. La sensazione – conclude l’Antimafia – è che quest’indagine penale sia stata vissuta da taluni – alla Regione e in Ast – solo come una fastidiosa interferenza, un oggettivo intralcio alle consolidate pratiche di amministrazione e di lottizzazione, un problema da tenere tra parentesi e da smaltire. Rapidamente e silenziosamente. Ci auguriamo che non sia questo il pubblico sentimento che prevarrà”.