Lo Statuto dei Diritti dei Contribuenti compie vent’anni. Vent’anni, tuttavia, che non sono bastati a risolvere i tanti problemi che riguardano l’efficacia di questo impianto normativo (la legge 212 del 27 luglio 2000), tanto importante nell’ottica di collaborazione nell’attività di tutti gli Organi, anche legislativi, chiamati a gestire la complessa macchina fiscale del nostro Paese.
E’ questo il messaggio che è emerso dal convegno che è stato organizzato dall’Associazione Nazionale dei Garanti del Contribuente a Napoli, presso la sede dell’Università Federico II, dal titolo “I vent’anni dello Statuto dei Diritti del Contribuente. Il rispetto dei diritti fondamentali in materia tributaria”.
Un evento importantissimo. Innanzitutto per la presenza di illustri relatori, tra cui il Direttore Centrale Accertamento dell’Agenzia delle Entrate, Carbone, intervenuto al posto del Direttore Ruffini trattenuto a Roma per improrogabili impegni di servizio, il Presidente della Commissione Contenzioso del Senato, Caliendo, il Presidente dell’Associazione Nazionale dei Garanti, Gargani, il Garante della Sardegna, Mura, ed il Garante della Toscana, Chiappetti, numerosi docenti universitari e del Prof. D’Ayala Valva, già Garante del Contribuente del Lazio e docente presso l’Università La Sapienza di Roma.
Poi per il tema trattato. E’ veramente importante, infatti, che venga sottolineata, a vent’anni dall’introduzione della legge 212, l’esigenza di avere nel nostro ordinamento una normativa (lo Statuto dei Diritti del Contribuente ed il Garante), in grado di assicurare sia l’esistenza di disposizioni chiare e facilmente applicabili dai contribuenti, sia una corretta applicazione, non solo dai cittadini, ma anche dalla Pubblica Amministrazione, delle norme esistenti, in attuazione dei principi di trasparenza e buon andamento previsti dall’articolo 97 della Costituzione.
E’ a tutti noto che una normativa chiara e semplice da applicare, unitamente ad un’attività degli uffici volta a favorire l’adempimento spontaneo, non solo stimolano la tax compliance, ma sono elementi che certamente riducono la “zona grigia” la quale, purtroppo, favorisce moltissimo non solo l’evasione tributaria, ma anche tante altre irregolarità, anche più importanti.
Con il suo intervento introduttivo, il Presidente Gargani ha illustrato l’ambito di competenze del garante del Contribuente, la sua efficacia e le sue criticità, sottolineando gli interventi legislativi che hanno tentato fino ad ora di depotenziarne le facoltà e l’autorevolezza.
Il Prof. Mura, Garante del Contribuente della Sardegna, con il suo intervento ha fatto emergere l’esigenza di una revisione critica dell’intera istituzione del Garante del Contribuente. Sia per quanto riguarda l’aspetto organizzativo, specialmente per garantirne l’effettiva terzietà con una concreta indipendenza dall’Agenzia delle Entrate (che dalla legge è chiamata attualmente a fornire, per quantità e qualità, risorse materiali e umane), sia per attribuire al Garante poteri più concreti, anche attraverso una più vasta e più rigorosa applicazione dell’autotutela, principalmente in presenza di comportamenti degli uffici in grado di incrinare il rapporto di fiducia con i cittadini anche a causa di controlli non sufficientemente sorretti da valida e consistente motivazione oppure non coerenti con la effettiva capacità contributiva del contribuente.
Il Prof. Chiappetti, Garante del Contribuente della Toscana, invece, con una disamina orientata verso l’aspetto costituzionale della materia, ha sottolineato l’importanza dello “Statuto” nell’ambito dell’intero sistema tributario italiano, evidenziando alcune imprecisioni, anche lessicali, come lo stesso titolo della legge 212, “Disposizioni in materia di diritti del contribuente”, ed il titolo dell’articolo 13, “Garante del contribuente”, che, secondo il relatore, non sono vere imprecisioni lessicali, ma la precisa volontà di sminuire la valenza delle disposizioni dello Statuto e travisare la reale portata dell’attività del garante, specialmente in presenza di tanti motivi che nuocciono sensibilmente al rapporto tra fisco e cittadini.
Il Senatore Caliendo, nell’accennare alla riforma della Giustizia Tributaria attualmente oggetto di grosso dibattito, non ha mancato di evidenziare l’importanza del Garante del Contribuente come effetto deflattivo del Contenzioso, stigmatizzando tutti gli interventi che finora, volontariamente e meno, hanno tentato di depotenziarlo.
Anche l’Agenzia delle Entrate, il Direttore centrale Carboni, ha evidenziato l’importanza della collaborazione tra fisco e contribuente, sottolineando l’esistenza di un istituto specifico, che contiene anche alcuni aspetti premiali per le aziende che aderiscono, il quale considera interlocuzione costante e preventiva elemento essenziale per la valutazione comune delle situazioni suscettibili di generare violazioni di carattere tributario, prevenendo contestazioni.
Importanti anche alcuni spunti di natura squisitamente giuridica-tributario, come quello riguardante il contraddittorio preventivo, il diritto alla privacy, nonché il “diritto al silenzio” della persona assoggettata al controllo, diritto il quale, ad avviso del relatore, può essere considerato ammissibile non solo per evitare sanzioni di natura penale, ma anche sanzioni di natura amministrativa. Se è sicuramente obbligatoria la collaborazione primaria (la dichiarazione fiscale), non altrettanto è obbligatoria la collaborazione secondaria, ossia quella da cui possa risultare l’esistenza di una violazione. Una questione, quello del diritto a tacere, che è in stretta relazione con il “contraddittorio preventivo”.
Ha concluso i lavori il Prof. D’Ayala Valva il quale, anche da ex Garante del contribuente, oltre a sottolineare alcuni punti di criticità dello Statuto, ha sottolineato l’impegno dei singoli garanti, costretti a fare i conti con una normativa priva di adeguata “copertura” costituzionale e, contemporaneamente, con un impianto normativo tributario il quale, oltre che di non facile applicazione, qualche volta appare anche eccessivamente penalizzante (per la pressione fiscale che comporta e per l’eccessiva entità della punizione inflitta) per i contribuenti, anche quelli onesti.