Fosse Ardeatine: cosa può ancora dirci il monumento memoriale?

Fosse Ardeatine: cosa può ancora dirci il monumento memoriale?

Gli ottant'anni dall'eccidio

La Ricreazione è finita da un pezzo ma continuiamo a non voler tornare in Aula. Gli 80 anni dell’eccidio delle Ardeatine capitano in un momento in cui i tempi e le caratteristiche umane ci richiamano alla realtà dopo decenni di ricreazione da essa. È un opera di architettura, edificata alle Ardeatine in memoria dell’eccidio, a profetizzare il reale peso della memoria, per anni nascosta dall’illusione del progresso civile.


Cosa ci dice quell’opera di architettura alle Ardeatine? Ci dice che non è possibile mettere una pietra tombale sugli eventi tragici e collettivi di una comunità e non è ugualmente possibile lasciarli in piena vista, alla luce del sole, in evidenza, e alla mercé delle discussioni e delle recriminazioni. E noi, nonostante avessimo a disposizione il significato fattosi forma e arte, della giusta via della memoria, invece di capire, abbiamo passato questi decenni di ricreazione commemorando retoricamente quei morti e dividendoci sull’analisi di quell’evento.

Il monumento alle Ardeatine, nel realizzare il luogo di deposizione delle salme, su di esse mette una grande pietra in cemento, ma non sopra. La mette leggermente spostata dal suolo, sospesa, così da non lasciare alla vista del cielo le tombe ma facendo entrare la luce giusta per continuare a tenere in contatto i vivi e i morti. Una memoria operante non si costruisce mettendo una pietra sopra i fatti ma nemmeno strumentalizzandoli. Una memoria non può mai essere condivisa se sono i fatti quelli da condividere. Lo può essere, invece, se l’importante diventa il significato di quei fatti: il significato della guerra, che la luce che filtra sotto la pietra, illuminando le tombe, che conservano i protagonisti, ricorda.

Ciò che definiamo guerra non è un fenomeno cui si addice un giudizio di valore, etico o estetico, esattamente come non si addicono giudizi del genere, nei confronti di un sisma. La guerra è l’espressione violenta dei contatti e degli impatti tra le diverse comunità politiche, come il sisma è una delle espressioni della geologia sui contatti e gli impatti tra le grandi placche da cui è composta la crosta terrestre.

Non esisterebbe alcuna Nazione, alcuno Stato, di quelli che conosciamo, senza l’intervento della guerra, come non esisterebbe la Riviera dei Ciclopi senza il lento lavorio della Terra, intervallato da violenti fenomeni distruttivi, sismici e vulcanici. Quando le guerre sono politiche, non esistono ragioni e torti, oppure avvalli o opposizioni: esse si combattono, e ciò che ne deriva sarà la ragione di quell’evento bellico.

Le guerre in corso sono eventi politici, e noi, ormai disabituati, non essendo capaci di riconoscerle e comportarci di conseguenza, proviamo a riempirle di contenuti ideologici lì dove invece sono in gioco distinti interessi, di più comunità nazionali, legittime e sovrane. Una maniera isterica e pericolosa, che tracima nella mistificazione e nella propaganda ideologica, facendo mancare la lucidità in chi comunque è attore.

Ricordare le Ardeatine vuol dire non rendere vana quella tragedia, e quindi vuol dire non fare esorcismi di progresso democratico per scacciare dall’umanità la diavoleria del male ma non creare le condizioni che portano alla guerra. “La guerra non consiste solo di battaglie, o dell’atto di combattere, ma di un periodo di tempo, in cui la volontà di procedere o evitare di farla è sufficientemente nota”.


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