“Oggi dopo tanto soffrire ho cessato di vivere ho passato una infanzia e una giovinezza scapestrata ma una senilità cosciente e intinta di dolore ma sono sempre stato sincero ed affettuoso finalmente andrò a ritrovare il mio adorato figlio per parlare di filosofia. Il mio funerale sarà sabato alle 9.30 presso la chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi”.
Questa mattina, nel rito di un addio, celebriamo la dipartita terrena di Claudio Zarcone, narratore attento e sensibile. Nemmeno la sua morte – raccontata postuma sui social – gli è sfuggita.
Secondo un riflesso necessario, ricordiamo, con le stesse lacrime, Norman Zarcone, il dottorando di Lettere che si tolse la vita, nel contesto di una vicenda che nessuno ha dimenticato. Il padre ha lottato per la memoria del figlio: un percorso ispido e terribile in cui Claudio vedeva l’impronta di un sistema sbagliato, denunciandola.
Raccontammo a lungo – era il 2010 – quella storia tremenda su questo giornale. E pubblicammo una durissima lettera: “Qualcuno potrebbe mai pensare che io, padre di un suicida, possa celebrare l’elogio del suicidio? Qualcuno riesce minimamente a immaginare come si è dilaniati da fantasmi dai mille volti e da demoni dalle apparenze orripilanti, quando ti muore un figlio?”.
Io Claudio me lo ricordo, prima e dopo l’abisso. Sempre lo stesso corpo, sempre la stessa fisicità, sempre le stesse movenze. Ma le schegge della sua anima spezzata rilucevano, affiorando dagli occhi. Ma gli aculei del dolore avevano le punte acuminate non rivolte verso l’esterno: laceravano l’intimità di un’anima al limite estremo di tutto.
Ricordo il suo sguardo. Ricordo il suo abbraccio, in quei giorni, all’ingresso della facoltà di Lettere. Ricordo lo smarrimento nell’impossibilità di comunicare l’esatta estensione della sua condanna. Nessuno può sapere cosa sia perdere un figlio, se non conosce la sventura di perderlo.
Era una persona indicibilmente coraggiosa, Claudio. Non aveva scelto l’ergastolo di un’assenza. Però, nella cella perpetua di una separazione iniqua, aveva costruito finestre, coltivato fiori e sistemato quadri alle pareti. Aveva saputo tenere alta la bandiera della sua vita. E c’era una bellissima musica a corredo.
Ti salutiamo con immenso affetto, Claudio Zarcone, amico, viaggiatore e fratello della nostra dura terra. La speranza ci porta a credere, senza nulla togliere all’esperienza del lutto, che vi siate già incontrati nel cielo di tutti.
