Nel cuore della notte, sotto cieli straziati dal rombo dei bombardamenti, continuano a morire bambini, madri, medici, vecchi. A Gaza si consuma una strage senza precedenti nella storia recente. Non è più una guerra. È un massacro. È un crimine. E il mondo guarda. E tace.
Ogni giorno centinaia di civili vengono annientati, deliberatamente. Le scuole diventano tombe. Gli ospedali vengono rasi al suolo. Interi quartieri cancellati. Popolazioni intere costrette a fuggire senza alcun luogo sicuro. Non esistono più confini tra ciò che è lecito e ciò che è barbaro. Gaza è diventata un laboratorio della disumanità.
Israele afferma di agire per autodifesa. Ma chi bombarda rifugi pieni di bambini, chi impedisce il soccorso umanitario, chi riduce alla fame un’intera popolazione, non si sta difendendo: sta punendo, sta annientando. Sta tentando di cancellare un popolo dalla faccia della terra.
I peggiori incubi
È un progetto che richiama alla memoria i peggiori incubi della storia. È un paradosso tragico che un popolo che ha conosciuto l’abisso dell’Olocausto — e che da quel dolore ha tratto fondamento per la propria identità nazionale — oggi infligga lo stesso orrore ad altri esseri umani. Non è vendetta, non è giustizia. È un nuovo orrore.
“Vile, tu uccidi un uomo morto”, disse Francesco Ferrucci a chi lo stava uccidendo quando era già un fin di vita. E oggi Gaza è popolata da vivi che sono già stati condannati alla morte: senza acqua, senza cibo, senza medicine, senza vie di fuga. È vile colpire chi è già caduto, è vile continuare a sparare su corpi inermi. È vile, ed è disumano.
Ma allora cosa possiamo fare? Noi, ciascuno di noi?
Alziamoci dalla poltrona
Non basta invocare la pace. Non basta accendere una candela o postare una frase indignata. Bisogna agire. Bisogna alzarsi da quella comoda poltrona da cui assistiamo — anestetizzati e impotenti — al più crudele dei massacri. Questo non è un conflitto da osservare con distacco: è una ferita viva nel corpo dell’umanità e ci riguarda tutti.
Possiamo dire ‘adesso basta’. Possiamo chiedere che l’Italia, l’Europa, le Nazioni Unite smettano di essere complici silenziosi. Possiamo pretendere l’embargo sulle armi, il cessate il fuoco immediato, la protezione dei civili, l’accesso umanitario senza condizioni. Possiamo scendere in piazza, firmare appelli, boicottare chi sostiene direttamente o indirettamente questo orrore. Possiamo sostenere chi salva vite sotto le bombe.
Possiamo rifiutarci di abituarci. Perché la peggiore delle colpe è l’indifferenza. Ogni bambino ucciso ha un nome, un volto, un futuro strappato. Ogni madre straziata è anche nostra sorella. Ogni città rasa al suolo è una ferita nella coscienza collettiva dell’umanità.
Non saremo perdonati. I nostri figli non ci perdoneranno, se resteremo fermi. Se non avremo fatto nulla mentre il mondo guardava un genocidio in diretta. Non ci sarà perdono per chi ha compiuto tutto questo, ma non ci sarà neanche per chi ha scelto di voltarsi dall’altra parte.
Adesso basta. La storia ci sta guardando. E domani ci chiederà: ‘dove eravate? cosa avete fatto?’ E dovremo avere il coraggio di rispondere.