PALERMO – Una montagna di soldi spesi. In che modo? Francantonio Genovese lo dice senza remore: “Facendo politica ovviamente”. Un tesoro che, secondo la ricostruzione della Procura di Messina e stando all’ordinanza con la quale il Gip Salvatore Mastroeni ha disposto il sequestro del patrimonio dei Genovese, in buona parte è passato al figlio Luigi: “L’erede designato”.
Il giudice non lo dice apertamente, ma le ombre sul mondo della politica sono evidenti, nel passaggio dell’ordinanza nel quale viene spiegato che i “soldi evasi, con ogni probabilità” possano aver contribuito a “creare entusiasmo, forse consensi, soldi in realtà immorali e con reati che pure restano sullo scenario. Se i milioni se ne vanno per il suo lavoro, in una città con alto bisogno di lavoro, può ragionevolmente trarsi la indicazione probabilistica temuta. Dalla eccessiva generosità – prosegue – alla destinazione ala politica, alla pericolosa circostanza che si tratta di somme ingenti e gestite senza alcuna contabilità o tracciabilità, si vede bene che il dato prospettico è allarmante”.
I soldi evasi, usati anche per la politica, per “banchetti e regali di matrimonio”. Un tesoro nato, secondo i pm, da una mega-evasione di un Luigi Genovese e giunto, attraverso vari passaggi e varie forme, all’altro Luigi, il nipote, giovane neo deputato dell’Ars. Una figura che si staglia “dal nulla” e che “diventa consapevolmente – scrive Mastroeni – firmando atti e partecipando alle manovre del padre, ricchissimo”. Il giudice parla chiaramente di “atti organizzati a tavolino”.
Tutto insomma porterebbe lì: “La circostanza della ricchezza improvvisa del Genovese Luigi, il suo notorio ingresso in politica, il modo spregiudicato di acquisizione della ricchezza, danno la probabilità – ribadisce il giudice – sia pure per la visione cautelare di protezione dei beni e dei soldi dovuti allo Stato, che si verifichi la stessa attività dispendiosa del padre”. Quella, insomma, che contribuiva anche a creare “entusiasmo” e “forse anche consenso”. Non a caso, il Gip accenna a una “valutazione cautelare incidentale e probabilistica sui rischi di nuovi reati”.
Del resto, a metà del 2016 e in pochi mesi sono stati intestati o ceduti a Luigi Genovese, diversi appartamenti a Roma e in Sicilia. Secondo l’accusa è uno degli strumenti utilizzati per evitare che potesse essere aggredito dallo Stato italiano il tesoro dei Genovese. Non solo. Al giovane che presto sarebbe diventato un candidato alle Regionali nella lista di Forza Italia a Messina, sono passate anche alcune delle quote delle società di famiglia. Luigi, “giovane e palesemente privo di reddito e lavoro tale da partecipare ad acquisti così onerosi, salva la automatica fittizietà e strumentalità di detti acquisti” è il “beneficiario della posizione economica del nonno e poi del padre in vita ed operativo, salvo il limite di dovere circa 20 milioni di tasse allo Stato”. Anche il passaggio delle quote, scrive il giudice, è quindi caratterizzato da una procedura quantomeno discutibile: “Il Genovese Francantonio – scrive il Gip – deve fare in modo che le sue quote passino al figlio utilizzando un espediente diverso dalla mera cessione o donazione così da rendere meno ‘riconoscibile’ l’operazione e tale quasi da farla apparire legittima, perché legata alle evoluzioni di una compagine societaria. Peccato che tutte queste evoluzioni siano assolutamente preordinate allo scopo di occultare una cessione, come dimostra l’analisi che segue di ciascuna delle mosse che sono state compiute”.
Insomma, secondo il giudice, il giovane Luigi Genovese “ha svolto un ruolo centrale in tutta l’operazione essendo il soggetto destinato a subentrare in tutti i rapporti economici e con questa funzione ad operare ulteriori riciclaggi e sottrazioni in frode al fisco della garanzia patrimoniale del padre. In una parola – conclude il Gip – se l’impero economico dei Genovese si caratterizza ormai per illiceità e reati, il Genovese Luigi è l’erede designato a raccogliere l’eredità di tutto ciò”.