PALERMO – La Gesip chiude definitivamente i battenti. Il tribunale di Palermo ha infatti sancito il fallimento della partecipata del comune di Palermo, accogliendo la richiesta di alcuni creditori e dello stesso liquidatore Carlo Catalano: un esito non troppo scontato, visto che già altre due volte (nel 2012 e nel 2013) il giudice aveva respinto l’istanza di crac e perfino un ricorso. In realtà, ad oggi, l’azienda è una scatola vuota: i lavoratori rimasti sono transitati nella Reset, la società consortile creata lo scorso anno da Palazzo delle Aquile, e la Gesip era rimasta in liquidazione. Adesso i lavoratori potranno rivolgersi direttamente all’Inps per il tfr, mentre finiscono nel fallimento i prestiti su delega.
“Con questa sentenza – dichiara il Sindaco Leoluca Orlando – si chiude definitivamente una delle più tristi pagine dell’Amministrazione pubblica italiana: un Comune che nel decennio fra il 2001 e il 2011 è riuscito a distruggere economicamente aziende sane (come era l’Amia fino al 2000) e a costruirne di nuove che hanno brillato unicamente per sprechi, inefficienze e clientele (come sono state Gesip e i suoi satelliti). Non ci sono altri esempi in Italia di aziende a capitale unicamente pubblico di cui sia stato dichiarato il fallimento. Questa sentenza ricorda a tutti ciò che abbiamo trovato nel maggio del 2012 e il disastro che abbiamo evitato pur fra mille difficoltà. Le due aziende comunali che avrebbero dovuto curare igiene, pulizia e decoro erano di fatto già fallite e il patrimonio che rappresentavano era stato del tutto saccheggiato; i loro circa 4.000 dipendenti erano a rischio di perdere ogni possibilità di reddito e lavoro. Con Rap e Reset abbiamo ricostruito un percorso, che certamente ancora necessita di impegno, energie e collaborazione da parte di tutti, ma che ha evitato alla città una vera e propria tragedia economica, sociale e in termini di esistenza di alcuni servizi essenziali”.
Il fallimento, del resto, era ormai inevitabile considerando anche i mancati versamenti di oneri fiscali, previdenziali e di Tfr che al dicembre del 2013 ammontavano a quasi 8 milioni di iva, a due di tasse sugli stipendi, a oltre 800mila euro per il tfr a fondi privati e a quasi due milioni dovuti all’Inps. A questi si aggiungano 2,1 milioni di cessioni del quinto a favore di terzi dal settembre 2011 all’ottobre 2013. Una società insolvente nella pratica, ma finora non dichiarata fallita perché considerata pubblica, nonostante non siano stati approvati bilanci dal 2010 al 2013, con quest’ultimo anno chiuso in negativo di 5,6 milioni. “Gesip è una società che non doveva essere costituita – dice il capogruppo di Fi Giulio Tantillo, che scansa le polemiche – un sogno di un modello di società all’avanguardia fallito miseramente. Aver protratto nel tempo l’agonia della società ha contribuito ad aggravare la situazione finanziaria. Vorrei ricordare che la vecchia amministrazione, fin quando è rimasta in carica, ha sempre pagato gli stipendi ai lavoratori Gesip, è doveroso comunque riconoscere che questa amministrazione e il consiglio comunale hanno lavorato per risolvere la grave crisi in cui si è venuta a trovare la società, assicurando ai lavoratori e alle loro famiglie un futuro economico certo”.
Una storia tormentata, quella della società che ha avuto per anni sede in via Maggiore Toselli, che si è incrociata a doppio filo con le vicende del comune di Palermo: manifestazioni di piazza, cortei che hanno mandato il traffico in tilt e proteste non sempre pacifiche sfociate, a volte, anche in denunce e arresti. Una vicenda che negli ultimi anni ha tenuto la città sotto scacco, diventando uno dei punti critici dell’ultima campagna elettorale con i candidati pronti a misurarsi nel modo in cui avrebbero salvato i dipendenti. Come dimenticare, del resto, i 45 milioni giunti nel 2011 da Roma solo per consentire alla Gesip di tirare avanti?
La società nasce ufficialmente nel 2001, quando al Comune siede il commissario straordinario Guglielmo Serio, grazie a una speciale convenzione con lo Stato: il 51% delle azioni sono infatti di proprietà di piazza Pretoria, il resto è in mano a Italia Lavoro. L’obiettivo è quello di formare, in tre anni, i dipendenti fornendo loro competenze e professionalità, così poi da cedere le quote ai privati, il tutto grazie ad agevolazioni particolari sugli oneri contributivi. All’inizio ne fanno parte circa 1.500 dipendenti, tra lsu, ex carcerati e dipendenti di aziende fallite: sono gli anni d’oro delle agendine in pelle regalate ai consiglieri comunali e dei concerti di Jinny Fontana. Ma nel 2004 il Comune, sindaco Diego Cammarata, decide di rilevare le quote di Italia Lavoro, facendo diventare la Gesip al 100% comunale.
Il problema, però, è che i costi lievitano: le agevolazioni sono terminate, i soldi sono tutti a carico di piazza Pretoria che dovrebbe adeguare il contratto di servizio ma non lo fa e i dipendenti aumentano fino a toccare quota 2000, grazie ad altri 350 lsu, a giardinieri e agli ex ausiliari per il trasporto disabili finiti in Gesip servizi, una delle due società satellite. L’altra, la Spo, gestirà i Pip (ma questa è un’altra storia).
A conti fatti l’azienda presenta una perdita da 800mila euro al mese, più di 10 milioni l’anno, con il 95% delle spese solo per il personale. “Ciliegina” sulla torta la vicenda dello skipper di Diego Cammarata, ovvero un dipendente Gesip che anziché essere in servizio in azienda gestiva la barca del primo cittadino. Vicenda esplosa grazie a “Striscia la Notizia” e finita in tribunale.
Da lì in poi è stato un susseguirsi di presidenti, consigli di amministrazione, consulenti, interventi del governo nazionale, minacce di licenziamenti, ordinanze di protezione civile, passando anche per la cancellazione in bilancio dell’azienda, dovuto al blocco dell’aumento della Tarsu. Una vicenda proseguita con le proteste di piazza degli ultimi tre anni che hanno coinvolto perfino la Regione (con Lombardo e poi con Crocetta), i vari governi nazionali e i ministri dell’Interno e del Lavoro e costretto il sindaco Orlando a trovare “fantasiose” soluzioni, come la Cig in deroga compartecipata dal Comune. Una cassa integrazione di volta in volta rinnovata e che è stato un unicum anche tra le aziende di Palazzo delle Aquile, fra le quali la Gesip è stata l’unica a fare sacrifici. Una particolarità assoluta nel panorama italiano, così come particolare è stata la storia di questa azienda.
LE REAZIONI
“Col fallimento della Gesip i lavoratori dovranno chiedere le spettanze a titolo di Tfr al fondo di garanzia dell’Inps”: lo afferma Marianna Flauto, segretario generale della Uiltucs Sicilia, in merito alla notizie che il Tribunale Fallimentare ha decretato il fallimento della Gesip, società del Comune di Palermo. “Per ben due volte – ricorda Flauto – il responso del tribunale era stato diverso, ma la Gesip era stata dichiarata insolvente. Tanto che i lavoratori hanno dovuto fare ricorso ai decreti ingiuntivi per il riconoscimento del credito a titolo di Tfr”.
“Con il fallimento della Gesip, stabilito dal Tribunale, si chiude un’altra parentesi buia della vecchia amministrazione comunale – dice il consigliere comunale Idv di Palermo Paolo Caracausi – l’opera portata avanti in questi anni dal sindaco Orlando, con il supporto del consiglio, ha permesso di salvare i conti del Comune dai pericoli Amia e Gesip e al contempo di salvaguardare i posti di lavoro dei dipendenti transitati rispettivamente in Rap e in Reset. Adesso il sindaco si impegni a definire anche la vicenda dei dipendenti della Spo, società satellite di Gesip, che sono stati licenziati ma hanno ottenuto la riassunzione, come stabilisce una recente sentenza. Questi lavoratori meritano, come tutti gli altri, di avere assicurato il posto di lavoro e di veder riconosciuti i propri diritti”.