Gesip, una storia infinita| tra sentenze e colpi di scena - Live Sicilia

Gesip, una storia infinita| tra sentenze e colpi di scena

La vicenda Gesip continua a riservare colpi di scena e repentini cambiamenti di scenari, rendendo la vertenza sempre più complicata. Ecco una piccola cronistoria degli ultimi avvenimenti per capirne qualcosa di più.

PALERMO – Colpi di scena, sentenze a sorpresa e una vertenza che sembra destinata a non finire mai. La vicenda della Gesip si trascina ormai da quasi due anni tra cortei più o meno pacifici, città in tilt e 1800 famiglie col fiato sospeso in attesa di conoscere il proprio futuro. Una storia che sembra ormai infinita e che, ogni giorno, appare sempre più ingarbugliata. Ecco una piccola cronistoria degli avvenimenti più recenti.

CASSA INTEGRAZIONE A fine dicembre, con la concessione della cassa integrazione in deroga da parte del tavolo Regione-parti sociali, il problema sembrava ormai risolto. Ma la Cig accordata riguradava solo un periodo di quattro mesi, da settembre a dicembre 2012, ed è stata in qualche modo “retroattiva”: i primi due assegni sono stati accreditati poco prima di Natale, mentre gli altri due devono ancora arrivare nelle tasche dei lavoratori.

LICENZIAMENTI Inoltre, il liquidatore Giovanni La Bianca, su indicazione del socio unico, ovvero del comune di Palermo, ha dato il via alle procedure di licenziamento collettivo dei lavoratori: un modo per tutelarli, visto che terminata la cassa integrazione potranno così ricevere il tfr dall’Inps e avere assicurato l’assegno di disoccupazione per otto mesi (che diventano dodici per chi ha più di cinquant’anni).

Una sorta di paracadute che scatterebbe al termine di altri quattro mesi di cassa integrazione che l’azienda, sempre su indicazione del Comune, ha provveduto a chiedere per coprire il periodo che va da gennaio ad aprile 2013. Una sorta di exit strategy studiata da Palazzo delle Aquile che, per dirla con le parole del sindaco Orlando, prevede un doppio binario: garantire, mediante Cig e licenziamento, il reddito dei lavoratori operando, nel frattempo, sull’azienda che ha cessato ogni attività il 31 dicembre 2012 come espressamente indicato dal governo nazionale.

CONSORTILE E BOCCIATURE Tant’è che il Comune non solo ha ordinato a La Bianca di portare i libri in tribunale per chiedere il fallimento dell’azienda, ma ha anche mosso i primi passi verso la società consortile. Il 20 dicembre la giunta Orlando ha infatti deliberato la nascita della Seme scarl, che deve però ancora passare al vaglio dei Revisori dei conti e del consiglio comunale, ma solo dopo il confronto con i sindacati che permetterà di elaborare il piano industriale.

Ma proprio con l’approvazione della delibera è sorto il primo problema per i piani del sindaco. Sia il Ragioniere generale che il Segretario generale, infatti, hanno bocciato il progetto e il primo ha addirittura dato un parere negativo di regolarità contabile. Secondo i due più alti burocrati di piazza Pretoria, infatti, il problema starebbe non solo nella partecipazione alla consortile del Comune, ma anche nella tipologia dei servizi che svolgerebbe. La bozza di statuto approvata in giunta classifica i servizi come non strumentali e il motivo è presto detto: l’articolo 4 del dl 95/2012 prevede che le società di questo tipo (e che hanno conseguito più del 90 per cento delle prestazioni ad amministrazioni pubbliche) vengano sciolte entro il 31 dicembre del 2013 mettendo a gara i servizi strumentali, e obbliga gli enti locali alla vendita delle quote. Un escamotage che non ha convinto Ragionere e Segretario, che hanno avanzato anche altre obiezioni.

Una bocciatura in piena regola che il sindaco ha più volte negato, sia nella conferenza stampa del primo gennaio che nella relazione semestrale al consiglio comunale, sostenendo di avere accolto i rilievi dei suoi burocrati. Peccato che, in realtà, la giunta si sia limitata a chiedere agli uffici di risolvere tutti i problemi, il che se avvenisse vanificherebbe lo statuto così come è stato concepito e costringerebbe a riscriverlo da capo.

SENTENZA Ma il vero colpo di scena arriva il 9 gennaio: il tribunale, infatti, con una decisione a sorpresa e in contrasto con quanto deciso invece per l’Amia, dichiara la non fallibilità della Gesip perché ritenuta in qualche modo una società pubblica. Una decisione che, se da un lato salva piazza Pretoria dallo spettro dell’amministrazione straordinaria chiesto dal ministero per lo Sviluppo economico, dall’altro rimette tutto nelle mani del Comune che adesso dovrà decidere se ricapitalizzare o meno l’azienda.

Il 30 e 31 gennaio il liquidatore ha convocato l’assemblea dei soci, anche se l’amministrazione potrebbe decidere di sostituirlo prima. Per i lavoratori, invece, non cambierà granché: resteranno in piedi sia la procedura di licenziamento che la trattativa per la Cig, che va ricontrattata. E il 15 gennaio il sindaco ha convocato il primo tavolo tecnico per illustrare ai sindacati il piano industriale per la Seme.

IL PIANO DI ORLANDO Nel corso di un incontro a Palazzo Galletti tenutosi il 17 gennaio, il sindaco Orlando ha presentato ai sindacati il un piano per il reimpiego dei lavoratori Gesip in alcuni settori dell’amministrazione, tra cui anche la Polizia municipale per quanto riguarda i ruoli di amministrativi.

DECRETO INGIUNTIVO Il 21 gennaio il comune di Palermo annuncia di volersi opporre alla sentenza del tribunale che ha accolto il decreto ingiuntivo da 4,2 milioni di euro della Gesip per servizi dal 2010 al 2012. Secondo Palazzo delle Aquile, i servizi non sarebbero mai stati svolti.

CAMBIO DI LIQUIDATORE Il 31 gennaio il Comune ha proceduto alla sostituzione del liquidatore: via Giovanni La Bianca, nominato Giuseppe Caiozzo. Il tribunale ritiene fondato un decreto ingiuntivo della Gesip da 5 milioni di euro.

ROMA DICE SI’ AL PIANO Il ministro Fornero dice sì al piano di Orlando che prevede esodi anticipati per chi maturerà i requisiti nei prossimi due anni, cassa integrazione in deroga “classica” per i primi quattro mesi del 2013 e, dal 2 maggio fino a dicembre, una cassa integrazione pagata in parte dal Comune (900 euro netti) e in parte da Inps e Regione, che si accollerebbero invece tfr e contributi previdenziali. Un sistema per rimandare tutti al lavoro e subito, tutti con lo stesso stipendio, reimpiegando però i dipendenti nei vecchi servizi e attendendo la deroga della Funzione pubblica per la mobilità nelle altre partecipate. Un complesso di iniziative a cui aggiungere, nel prosieguo, anche la riqualificazione professionale dei dipendenti e il turn over nelle altre aziende, grazie anche alle economie di scala che permetteranno la sostenibilità finanziaria nel futuro.

NO ALLA CIG La Regione il 12 febbraio ha firmato l’accordo quadro sugli ammortizzatori sociali in deroga, dal quale però sono escluse tutte le partecipate e quindi anche la Gesip.

CATALANO L’11 marzo il Comune procede alla nomina del nuovo liquidatore, Carlo Catalano, al posto del dimissionario Giuseppe Caiozzo.

I DUE PIANI Il 14 marzo il Comune rende note le due alternative per il futuro di Gesip. PIANO A E’ un piano quadriennale, formulato dal Comune, sottoscritto dai sindacati e che ha ricevuto il benestare di ministero e Inps. Prevede quattro mesi di Cig, da gennaio ad aprile 2013, e il rientro in servizio dal 2 maggio a 20 ore settimanali. Parte dei lavoratori verrebbe accompagnato alla pensione, mentre il resto riceverebbe 900 euro lordi mensili a cui sommare assegni familiari e contributi, dopo opportuna riqualificazione, con un ricollocamento nei limiti del patto di stabilità nei vari uffici comunali a seconda delle esigenze per progetti di utilità collettiva. I lavoratori manterrebbero un rapporto di dipendenza dal Comune, risultando sospesi. Il costo del piano graverebbe per metà sul Comune e per l’altra metà su Inps e Regione per la Cig che diminuirebbe progressivamente nel tempo. Possibile la mobilità anche in altre aziende o al di fuori di Gesip in cambio di specifici incentivi. Impossibili i contratti di solidarietà per lo stato di liquidazione dell’azienda.
PIANO B E’ un piano dalla durata incerta, che verrebbe attuato da Comune e Inps ma senza la Regione. Prevede il licenziamento di massa dei dipendenti e assegni di disoccupazione, ovvero l’Aspi (l’assicurazione sociale per l’impiego), da mille euro lordi al mese per i primi 8-12 mesi (a seconda che il lavoratore abbia meno o più di 50 anni). I lavoratori non sarebbero più dipendenti del Comune e riceverebbero mille euro lordi per i primi otto o dodici mesi, che scenderebbero a novecento successivamente ma senza contributi pensionistici o assegni familiari. I lavoratori verrebbero impiegati in progetti di pubblica utilità, con un carico finanziario che graverebbe su Inps e Comune, con quest’ultimo che sborserebbe 15 milioni l’anno. Impossibile stabilire a priori le ore settimanali di lavoro.

GUERRIGLIA IN CITTA’ Il 15 marzo salta il tavolo per l’accordo quadro convocato da Crocetta, a causa dell’opposizione di alcune parti sociali e datoriali. Una notizia che ha scatenato la rabbiosa reazione dei dipendenti, che prima si sono scontrati con la polizia a piazza Indipendenza (due feriti e un fermo) e poi hanno asserragliato Palazzo delle Aquile, impedendo ai dipendenti di uscire. Crocetta ha invitato alla calma e ha convocato per lunedì un nuovo vertice.

L’INTESA Il 19 marzo Crocetta annuncia l’intesa con parti sociali e Comune per sei mesi di Cig alla Gesip: appuntamento il 27 marzo per la firma della modifica dell’accordo. La Regione è pronta a mettere dieci milioni più i tredici del Comune, che permetterebbero di finanziare un anno di ammortizzatori. Chiesto un tavolo alla Fornero per esigere maggiori risorse.

 LA FIRMA A ROMA L’11 aprile a Roma è stato firmato il protocollo d’intesa fra il ministero del Lavoro, il comune di Palermo, la Regione siciliana e l’Inps per la società partecipata di Palazzo delle Aquile. Non sarà necessaria la modifica dell’accordo quadro sugli ammortizzatori sociali.

IL RIENTRO IN SERVIZIO Dopo la firma dell’accordo all’Upl, il 30 aprile, il 2 maggio il Comune ha immesso in servizio i dipendenti che però, per tornare operativamente al lavoro, hanno dovuto attendere fino a metà mese. Mancavano infatti tute, guanti e scarpe.

 


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