CATANIA – Tante, tantissime, attestazioni di solidarietà. Anche dall’interno di quel Palazzo che, con il loro presunto comportamento, avrebbero danneggiato. Assume contorni grotteschi la vicenda che vede oggi imputati 34 consiglieri comunali su un totale di 45 accusati, a vario titolo, per fatti avvenuti nel 2014, di truffa aggravata ai danni del Comune, abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. I rappresentanti dei cittadini, e non solo loro, in diverse occasioni, ma soprattutto attraverso il più popolare dei social network, difendono la propria posizione evidenziando come questa imputazione di massa non abbia alcun reale fondamento. E come quanto scritto dal Gip, Nunzio Sampietro, che ha stabilito l’imputazione coatta, rigettando l’archiviazione chiesta dal Pm Fabio Regolo, sia lontano da quanto accaduto nella realtà.
“Nessuno ha fatto nulla in questa vicenda – scrive Sebastiano Anastasi, tra i più assidui frequentatori del palazzo di città – tant’è che un inflessibile Pm aveva chiesto per ben due volte l’archiviazione per tutti. Purtroppo – aggiunge – si è volutamente creare uno scandalo. Passerà – continua amareggiato – ma è più dura per gente come me, cresciuta in famiglie in cui l’onestà senza ostentazione è stata presente prima del pane”. Il caso, nato dalla denuncia di una presunta “Gettonopoli” da parte del Movimento 5 Stelle, si sta abbattendo come una bufera sul senato cittadino, i cui rappresentanti, quelli coinvolti e quelli no, evidenziano come le contestazioni siano facilmente spiegabili con errori di trascrizione.
“Le chiacchiere stanno a zero – tuona Ludovico Balsamo. Il 17 settembre vengo accusato di prendere parte per 15 minuti a due commissioni contemporaneamente” E mostra il verbale in cui “si evince chiaramente che alle ore 9,30 io non risulto più presente in 3a commissione e sono già andato nella stanza accanto ad aprire i lavori della 6a commissione. Di cosa sarei colpevole? Del fatto che la segretaria ha dimenticato di scrivere sul verbale e nel foglio di firma che non ero più presente? E se non ci fosse stata quella votazione che lo dimostra che reato avrei commesso? Sono entrato nella 6a commissione alle 9,30 e sono rimasto lì a lavorare per 55 minuti, quindi 40 minuti in più ai 15 della presunte ubiquità! Ricordo per chi non lo sapesse che per l’ottenimento del gettone di presenza al comune di Catania è sufficiente presenziare un solo secondo all’interno della commissione (cosa deplorevole sul piano morale ma qui si parla di diritto). Quindi anche nell’unico mese su 12 dove non ho abbondantemente superato il numero delle commissioni retribuite io non ho commesso alcun reato, ho semplicemente fatto il mio dovere”.
Non è l’unico, Balsamo, a difendere il proprio operato. “Da qualche mese, purtroppo, il mio nome con il mio volto sono su tutti i giornali per l’inchiesta “Gettonopoli” al Comune di Catania – scrive Giuseppe Catalano. L’accusa sottolinea un #turbinio partecipativo di consiglieri impegnati in una affannosa corsa contro il tempo con l’ obbiettivo di procacciarsi un sostanzioso stipendio netto di 1500 euro al mese in aggiunta ai compensi loro spettanti La mia unica corsa contro il tempo – sostiene – è quella di essere sempre e dico sempre presente per fare con coscienza ciò per cui i miei concittadini mi hanno dato fiducia. Basta vedere la mia attività. A testa alta continuo il mio impegno”. Anche Catalano parla delle 27 sedute mensili retribuite, meno di quelle a cui ha partecipato. “Mai chiuso un mese meno di 30” – scrive. “Non ho nulla da nascondere… purtroppo in una commissione i segretari hanno dimenticato di trascrivere la mia uscita e contemporaneamente risultava la presenza in un altra… per 10 minuti ..un semplice e banale errore di trascrizione… credo nella giustizia e questa mi darà ragione”.
Agatino Lanzafame, sempre sulla propria pagina Facebook, tenta di fare chiarezza. “Il Presidente dell’Ufficio GIP di Catania ha deciso di mandare a processo quasi tutto il Consiglio comunale della città – scrive. Ritiene, infatti, che nei verbali delle commissioni consiliari ci siano delle irregolarità che costituiscono la prova di condotte illecite. Non è d’accordo con lui la Procura (ovvero, coloro che formulano le accuse) che invece dopo accurate indagini ha ritenuto di non poter muovere alcun accusa nei confronti dei consiglieri. Non è d’accordo con lui il Comune che non ha lamentato alcun danno. Ma, a quanto pare, dovrà esserci un processo per accertare la verità, ed in questo processo, mio malgrado, rischio di trovarmi coinvolto anche io sulla base di una contestazione paradossale e palesemente infondata. Cosa mi viene contestato? Nel verbale di una (1) della trecentosessanta (360) riunioni di lavoro che ho svolto al Comune (tra Consigli e commissioni) nel 2014, c’è una incongruenza di cinque minuti. In quella commissione, in altre parole, c’è stato un refuso nella verbalizzazione della mia presenza. E quel refuso di verbalizzazione, quel singolo errore di 5 minuti su oltre 250 ore di riunioni, secondo il GIP, è indice di un reato. Da parte mia, ritengo opportuno ripetere ciò che ho già scritto al giudice. Si tratta di un chiaro refuso materiale (probabilmente dovuto ad un orologio cinque minuti “avanti”) che non ha arrecato alcun danno al Comune. Sapete perché? Perché in quella commissione sono stato oltre mezz’ora a lavorare e, soprattutto, perché la mia partecipazione a quella commissione è stata a titolo gratuito! Per quella riunione, infatti, non ho percepito alcun gettone perché ogni mese partecipo a più riunioni di quelle per cui la legge prevede l’erogazione di un compenso. Per me, infatti, è un dovere essere sempre presente e attivo al Comune: i frutti della mia presenza sono le mie iniziative consiliari, note a tutti, portate avanti con tanta fatica in un contesto difficile. Per questo sono amareggiato ma sereno: chi è nel giusto non teme la giustizia, anzi ne condivide la missione ovvero la ricerca del verità, la tutela del diritto (e dei diritti), la difesa della res pubblica. Ho fiducia nelle istituzioni, nel diritto e nel desiderio degli uomini che operano attraverso esso di realizzare la Giustizia. Spero, però, che tutto si concluda presto e che venga accertato che ho sempre agito correttamente, che ho sempre rispettato la legge, che ho sempre esercitato con onore il mio mandato di consigliere comunale. La verità è questa e la città ha il diritto di conoscerla”.
Anche Manlio Messina, benché non coinvolto nell’inchiesta, prende le difese dei propri colleghi, parlando di “vicenda dai contorni irreali”. “Questa vicenda ha delle connotazioni assolutamente irreali – afferma. Basterebbe venire anche un solo giorno e vedere in quali condizioni siamo costretti a fare il nostro dovere, senza strumenti, con un solo segretario costretto a verbalizzare la seduta e contestualmente a segnare gli orari di ingresso e uscita dei partecipanti e tutto questo nonostante le numerose richieste da parte nostra di informatizzare le sedute. Molte commissioni distano l’una dall’altra di pochi metri, quindi raggiungere in pochi minuti i lavori di una commissione è assolutamente normale. Così come è assolutamente normale, per i segretari, commettere errori di trascrizione degli orari, viste le condizioni cui sono costretti a lavorare. Ed aggiungo, quale stupido presunto ladro falsificherebbe l’orario di una commissione per prendere il gettone quando realmente ne ha all’attivo dieci in più rispetto il tetto massimo e per la quale non percepisce gettone?! Per chi non lo sapesse il tetto massimo che ci viene pagato è di 27 commissione e tutti , o quasi tutti noi, arriviamo ogni mese a superare questo tetto fino anche a 40 sedute mensili. Perché allora avrebbero dovuto falsificare un orario per prendere una presenza che comunque non verrebbe pagata? Aggiungo che il tetto massimo corrisponde ad un mensile di 1500 euro totali, e non in aggiunta ad altro stipendio. E questi 1500 euro per i lavoratori diminuiscono a circa 900 euro al mese, sempre come massimale. Mi dispiace, ma a molti miei colleghi contesto altre cose, dalle posizioni politiche ai cambiamenti di casacca senza criterio o per altri interessi, questo si, ma mai ho visto uno solo di loro anche solo tentare di truccare un orario o una firma, mai! Oggi potrei trovare giovamento nel massacrare tutti loro santificando me che sono fuori per pura fortuna dall’inchiesta e perché le mie commissioni distano ore l’una dall’altra, ma bisogna essere coerenti sempre, ed oggi io mi sento di dare loro tutta la mia solidarietà per questa vicenda assolutamente fuori da ogni logica e dalla realtà”.
Niccolò Notarbartolo aveva mandato una nota per ribadire la sua posizione. Mentre Carmelo Sofia l’ha inviata stamattina. ““Truffa”, “banda dei consiglieri”, “gettonopoli”, “compresenze” e “apparizioni fugaci” – scrive il consigliere. Sull’imputazione coatta dei 34 consiglieri comunali di Catania le parole si sprecano. Una caccia alle streghe dove molti mezzi di informazione ci hanno già condannati e sottoposti alla gogna mediatica. Un attacco massiccio, spropositato e- per molti aspetti- inspiegabile. Senza voler entrare nel merito della questione e confidando nella Giustizia, che farà piena luce sui fatti, non posso assolutamente far finta di nulla. Sul capo del sottoscritto e di altri 33 colleghi pendono fortissime accuse. Come presidente della commissione alla Viabilità e consigliere di maggioranza il sottoscritto, Carmelo Sofia, ha sempre svolto il suo lavoro con il massimo impegno per rispondere a tutte quelle persone che quattro anni fa gli hanno dato fiducia con il loro voto. Dalla documentazione in mio possesso, e che presto mostrerò nelle sedi opportune, posso dimostrare che ho ampiamente superato il numero di partecipazioni alle commissioni ottenendo il massimo previsto in questi casi- 1.200 euro lordi- e intervenendo alle successive sedute in modo assolutamente gratuito come stabilito dall’apposita normativa. L’obiettivo di “1.500 euro netti al mese”- come qualcuno scrive- è solo fantasia. Non vivo di politica, non mi presto a certi ragionamenti ma, anzi, con il mio ruolo di consigliere comunale ho tolto tempo prezioso al mio lavoro quotidiano e alla mia famiglia. “Fare soldi, sulle spalle della gente, senza produrre risultati” sono accuse false e tendenziose che presto saranno oggetto di azioni legali che il sottoscritto vuole intraprendere per tutelare la sua rispettabilità, la sua onestà e il suo buon nome”.
Interviene anche il consigliere Massimo Tempio. “Aspettavo con ansia che arrivassero gli sciacalli e come pensavo non ho dovuto attendere molto e, solo per tali motivi, non per interferire nel lavoro della magistratura al cui operato attribuisco fiducia e aspettativa (avendo conseguito, non a caso, un titolo accademico giuridico) intervengo sulla vicenda che ha creato turbamento all’interno del Consiglio Comunale di Catania, perché è giusto che i cittadini sappiano della nostra estraneità ai fatti addebitati e sottolineati anche dallo sdegno di “alcuni”. Dopo la gogna mediatica a cui siamo stati sottoposti ritegno opportuno contestare la capziosità e l’inconsistenza delle affermazioni fatte nel maldestro tentativo di spostare la questione dalla politica al “fatto personale” coinvolgendo, altresì, la propria dignità di uomo per bene. Al sottoscritto viene contestata, esclusivamente, la presenza di 10 minuti in due riunioni di commissioni che si svolgono all’interno dello stesso Palazzo degli Elefanti in due stanze differenti. Vorrei anche aggiungere che nel foglio di una delle due commissioni dove vengono annotati dal segretario verbalizzante gli orari di ingresso e di uscita è stato omesso per disattenzione di trascrivere l’orario di uscita e che, proprio, per tale motivo, e per l’assenza di specificazione nel verbale della stessa, risulto presente per 10 minuti in due sedute. Il paradosso è dato dal fatto che secondo l’articolo 19 della Legge 30 del 2000, i consiglieri comunali percepiscono un gettone di presenza per la partecipazione ai consigli comunali e alle commissioni consiliari fino ad una limitazione di 27,07 presenze totali mensili: ebbene, io ho partecipato a 31 riunioni mensili (essendo, tra l’altro il consigliere più presente anche in consiglio comunale), quindi per circa 4 riunioni non ho percepito alcun gettone di presenza e, nello specifico, non avrei avuto neppure necessità di una seconda commissione per godere del permesso giornaliero avendo già partecipato ad almeno una riunione. Quindi dove sta l’illecito? Dove la truffa aggravata ai danni del Comune o l’abuso d’ufficio o il falso in atto pubblico? Cari colleghi continuiamo a tenere la testa altissima anche in questi giorni di travolgente perdita di credibilità per le istituzioni comunali e per la nostra città. E’ giusto saperlo e ricordarlo: non siamo affatto tutti uguali, come qualcuno pretenderebbe di fare capire.
Infine, ma solo per questione alfabetica, interviene Lanfranco Zappalà. “Io vado via alle 9.28 e alle 9:30 entro in altra porta accanto ed in altra commissione e chi mi vede ovviamente attesta la mia entrata. Ecco…se per questi 51 Consiglieri (compresi i segretari)tutto ciò si chiama Gettonopoli o altro…Io sono davvero indignato. Anche un bambino capirebbe che su migliaia di verbali si tratta solo di errori o coincidenze (per una sola volta). Ma per il M5S, questo è solo scandalo. Anche il PM (quindi l’accusa ) aveva chiesto l’archiviazione… d’altronde nessuno ha l’orologio uguale spaccato al secondo…ma per un giudice tutto ciò è reato. Che dire…non si infanga così la politica…non si coinvolgono segretari che non hanno colpe…ma soprattutto non è giusto mettere in cattiva luce la gente verso la politica ma ancor di più..far crescere movimenti populisti in questa maniera. Questo a mio giudizio non è giustizia giusta”.