PALERMO – La circolare della Sezione fallimentare del Tribunale di Palermo arriva, scrivono i giudici, “a conclusione dei plurimi incontri avviatisi nell’ultimo semestre”, ma non si può non tenere conto che sia datata 18 settembre 2015, e cioè nel pieno dello scandalo che ha travolto un’altra sezione, quella delle Misure di prevenzione che nomina gli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.
L’oggetto della circolare della sezione guidata dal presidente facente funzioni Fabio Marino – “monitoraggio periodico degli incarichi” – fa capire sin d’ora che un altro pentolone potrebbe essere scoperchiato nella giustizia palermitana che ha nei rapporti fiduciari il suo pilastro. I giudici delegati Monica Montante, Raffaella Vacca, Flavia Coppola, Mauro Terranova, Clelia Maltese e Giuseppe Sidoti hanno avvertito la necessità, “al fine di rendere più efficiente l’attività di controllo nel settore delle nomine”, di fissare dei paletti, in alcuni casi di ribadire delle regole già operative con l’obiettivo, “ferma restando la discrezionalità del giudice” di nominare un curatore fallimentare, di garantire “un fisiologico turn over”. Ma è negli incroci di nomine e consulenze che i giudici delegati fissano le “condizioni limitative” più stringenti.
Come funziona la procedura fallimentare? Quando un’azienda o una società sono in crisi o in stato di insolvenza i libri contabili finiscono in Tribunale. A volte, raramente, è il titolare ad avviare le procedure. Altre volte è il pubblico ministero a chiedere il fallimento nel corso di un procedimento penale. Normalmente, però, è un creditore che presenta un ricorso per dichiarazioni di fallimento. Si apre, dunque, una fase prefallimentare per valutare la situazione economica. Solo dopo, il Tribunale dichiara il fallimento e nomina il giudice delegato che a sua volta, nella piena discrezionalità che gli è garantita dalla legge, sceglie il curatore fra gli iscritti all’ordine degli avvocati e dei commercialisti. Il curatore ha il compito di garantire l’interesse della massa dei creditori. Come?, mettendo in vendita il patrimonio del fallito. Ed è in base al rapporto attivo-passivo che viene poi stabilita la sua parcella che parte da un minimo di 800 euro circa. I fallimenti “vuoti” finiscono per essere un onere per chi se ne occupa, ma ci sono casi in cui bisogna disfarsi dei gioielli di famiglia. Va all’asta tutto ciò che ti attIvo esiste nel fallimento: dalle case alle macchine, dai mobili agli oggetti più insignificanti. Nella sua attività il curatore si avvale di consulenti. Sono altri avvocati per seguire le cause legali innescate dal fallimento, tecnici per le perizie sugli immobili e sul patrimonio in generale, esperti contabili. La scelta spetta esclusivamente al curatore che l’ultima riforma del settore ha investito di pieni poteri. Il Tribunale di fatto interviene per autorizzare la liquidazione finale delle parcelle, ma ha pur sempre l’obbligo di vigilanza sull’attività del curatore.
La circolare dei giudici delegati (indirizzata ai curatori fallimentari e trasmessa a Salvatore Di Vitale, il presidente del Tribunale che sta cercando di mettere ordine nella sezione Misure di prevenzione), ribadisce che per la nomina dei coadiutori e dei consulenti del curatore deve essere garantita, tra le altre cose, “l’inesistenza di subordinazione o vincoli coniugali”. Poi, oltre a stabilire il tetto di venti incarichi in un anno per lo stesso avvocato e fissare che un giudice delegato possa nominare lo stesso curatore per non più di tre volte all’anno, c’è un paragrafo della nota che prevede l’esclusione dei “professionisti protagonisti di reiterati scambi incrociati”.
Ecco il passaggio più delicato, spia di una situazione su cui fare chiarezza: “I curatori dovranno astenersi dal nominare come legali altri professionisti inseriti nel proprio studio o con i quali vi siano collaborazioni continuative o rapporti di parentela o di coniugio”. Ed ancora: “Qualora lo stesso curatore sia un avvocato dovrà evitare e comunque contenere le nomine di legali che abbiano a loro volta nominato lui stesso come legale nelle procedure ad essi affidate (sempre che non si tratti di nomine occasionate dalla particolare esperienza del professionista). In generale, il curatore dovrà astenersi dall’effettuare nomine che possono fare ritenere operanti accordi per lo scambio di incarichi”.
Sembrerebbe, invece – e la circolare ne sarebbe la spia – che degli scambi ci sia traccia in tante procedure fallimentari già avviate. Ecco perché non è escluso che la verifica già avviata alle Misure di prevenzione dal presidente Di Vitale non finirà per spostarsi anche nel settore fallimentare dove alcuni professionisti, senza che ciò rappresenti irregolarità, hanno raccolto molti più incarichi di altri. In alcuni casi, si parla di decine e decine di nomine che potrebbero avere provocato gli “scambi” stigmatizzati ora dai giudici, sia sul fronte degli incarichi legali che in quello delle perizie.
La nota dei giudici si conclude con la necessità di ampliare la platea di alcuni professionisti. In particolare “si segnala il numero esiguo di dottori commercialisti e consulenti del lavoro che hanno maturato esperienza specifica in materia concorsuale” che rende “allo stato, difficoltosa una rigida applicazione dei suddetti criteri”.