PALERMO – Quando si accumulano ritardi nella realizzazione delle opere pubbliche si può arrivare al commissariamento. Per far presto, va da sé. Ma anche a quel punto l’infinito gioco dell’oca delle carte bollate può pescare la carta degli imprevisti. E tornare indietro di dieci caselle. Qualcosa del genere accade a proposito delle opere per la depurazione delle acque, capitolo in cui la Sicilia è ancora ferma a standard antidiluviani che hanno provocato l’apertura di una procedura di infrazione dell’Unione europea. Molte delle opere finanziate dal Cipe quattro anni fa con più di un miliardo di euro erano ancora parecchio indietro l’anno scorso, tanto da spingere il governo Renzi a nominare un commissario, nella persona dell’assessore regionale al ramo, Vania Contrafatto. Accelerare era la parola d’ordine quando si perfezionò la nomina i primi di dicembre dell’anno scorso quando al posto dei Comuni si assegnarono i poteri al commissario. Che però, com’è un noto, è un magistrato. E in quanto tale deve essere autorizzata dal Csm ad assumere qualsiasi altro incarico. Per questo, d’emergenza, visto che c’era da andare a tutta birra, l’organo di autogoverno della magistratura ha dato il nulla osta il 17 marzo 2016, la bellezza di cento giorni dopo la nomina. Alla faccia della velocità. Ma non è tutto, perché il Csm deve autorizzare il commissario governativo per varie tranche di opere con diverse delibere. E per quanto sia incredibile ancora oggi per 16 interventi in 14 diversi agglomerati l’autorizzazione alla Contrafatto non è ancora arrivata, cinque mesi e mezzo dopo la nomina. Si tratta in questo caso di lavori da realizzare in giro per la Sicilia, per un valore di 83 milioni. Il plenum del Csm ancora ci deve pensar su. Meno male che tutto è organizzato per far presto.
Questo è solo un pezzo dell’incredibile storia dei depuratori. Una vicenda quasi da manuale, con scambi di accuse tra Istituzioni, caos, rimpalli, meline e ostacoli di ogni tipo. Che offre un’idea sulle difficoltà di realizzare qualsiasi cosa in Sicilia, anche quando i soldi ci sono. Come appunto nel caso delle opere per la depurazione delle acque. I depuratori trattano i liquami e sversano in mare il liquido trattato. Nelle bollette si paga anche questo. Ma in Sicilia, peggio che nel resto del malconcio Sud Italia, siamo quasi all’anno zero. Per finanziarie i lavori a depuratori e reti fognarie siciliane il Cipe stanziò più di un miliardo con la delibera 60 del 2012. Già all’inizio del 2015, constatando i ritardi consistenti dei Comuni nell’avvio delle opere, che costeranno all’Italia una salatissima multa europea, Renzi annunciò l’intenzione di procedere al commissariamento. Il governo scelse alla fine in autunno l’assessore renziana Contrafatto. Suo braccio operativo è la società in house del governo nazionale Sogesid. Una scelta che fu contestata dal Comune di Palermo, estromesso come gli altri. “Il disastro dei ritardi è targato Regione”, insiste oggi il vicesindaco di Palermo Emilio Arcuri. Che ricostruisce il tortuoso percorso della vicenda. “La Regione aveva deciso di affidare agli Ato la realizzazione degli impianti del ciclo dell’acqua. Così aveva deciso la legge statale del 1994, così si è adeguata nel ’99 l’Ars. La gestione veniva affidata a società private. E nel 2007 fu assegnato l’appalto ad Aps, Acque potabili siciliane. Nel 2011 ci fu la risoluzione della convenzione, nel 2012 l’amministrazione straordinaria della società, nel 2013 il suo fallimento. A quel punto, gli Ato restano senza società di gestione, per poi essere nel 2013 a loro volta soppressi e posti in liquidazione. Nel frattempo era arrivata la delibera Cipe del 2012 e le opere finirono in carico ai Comuni che non si erano mai occupati di questo e che non erano attrezzati. Soprattutto i piccoli. Di chi se non della Regione è la responsabilità? – attacca Arcuri-. Ma a Palermo noi abbiamo i tecnici e abbiamo fatto tutto il lavoro sporco salvo poi essere commissariati, e a sorpresa”.
E anche i “ritardi” del Comune, insiste oggi il vice di Orlando, sarebbero addebitabili alla Regione: “Noi sollecitavamo quotidianamente la Regione per versarci le somme necessarie per bandire le gare. Non ci arrivavano, avremmo commesso un reato bandendo gare senza le somme. Si sono inventati una “prenotazione di spesa” che non vale niente, e su questo il Ragioniere generale della regione ci ha dato ragione”, racconta Arcuri. Qualche esempio: l’adeguamento dell’impianto di depurazione di Acqua dei Corsari, la madre di tutte le opere palermitane. C’era l’approvazione tecnica, il Comune di Palermo ha chiesto il finanziamento a febbraio 2015, nove mesi dopo la Regione ha concesso non i soldi ma un “decreto di prenotazione”, notificato peraltro a febbraio dell’anno dopo. E così se ne va via un anno, liscio liscio. Un copione simile a quello di altre opere da realizzare nel capoluogo. Per tre di esse si attende ancora l’insediamento del commissario, Csm permettendo, come spiegato sopra.
“Stiamo procedendo”, assicura Contrafatto, cui fanno capo le ottanta opere commissariate su 42 diversi agglomerati in Sicilia (l’unico scampato al commissariamento è stato il Comune di Catania, guidato dal “renziano sui generis” Enzo Bianco). “Su Palermo stiamo risolvendo tutti i problemi non risolti in precedenza dall’altra gestione – racconta l’assessore-commissario -. Per l’adeguamento e potenziamento dell’impianto di depurazione di Acqua dei Corsari mi sono insediata il 17 marzo (cento giorni dopo la nomina, aspettando il Csm) e dopo un paio di riunioni andate a vuoto per responsabilità del Comune, c’è stata una prima riunione l’8 aprile. Il bando di gara lo aveva fatto il gestore del servizio dell’Ato che poi era stato dichiarato fallito. Ora si deve fare il progetto esecutivo e poi andremo in gara. A novembre 2016 ci sarà l’acquisizione progetto, l’affidamento lavori a febbraio 2017, l’inizio esecuzione lavori a marzo 2017, la fine a giugno 2019. Per il dicembre di quest’anno invece aspettiamo il preliminare per la riconversione impianto di depurazione di Fondo Verde”.
Insomma, qualcosa si muove. “Abbiamo eliminato tutti gli ostacoli giuridici che c’erano per la realizzazione dei progetti esistenti – spiega Contrafatto – perché erano di proprietà della curatela fallimentare Aps. I cantieri palermitani si apriranno tutti tra novembre 2016 e febbraio 2017, per finire tra il 2019 e il marzo del ’21. Abbiamo fatto passi avanti anche sull’opera più grande, che riguarda l’impianto di Misterbianco, che servirà tutto il comprensorio, emanando ad agosto tre bandi di gara per fare insieme progetto definitivo ed esecutivo. L’affidamento dei lavori è previsto per settembre 2017”. Un altro degli ostacoli era legato al vincolo di spesa per cassa, aggiunge l’assessore. “Per superare i problemi di cassa della contabilità speciale si è intervenuti con decreto legge permettendo di assumere impegni anche in base alla competenza”.
Insomma, pare non ci siano più alibi. Di certo c’è solo che a quattro anni dal maxi-stanziamento del Cipe siamo ancora più o meno all’anno zero. E che il commissariamento ha lasciato ferite aperte. “Ora Sogesid ci chiede di fare delle cose, ad esempio l’adeguamento dei capitolati d’appalto per i progetti che avevamo realizzato. Mi dispiace ma l’amministrazione è stata commissariata. Sarà il commissario a dotarsi degli strumenti”, fa spallucce Arcuri.