Gli ultimi "padrini" di Catania |I vuoti di potere della mafia - Live Sicilia

Gli ultimi “padrini” di Catania |I vuoti di potere della mafia

I riassetti di Cosa nostra catanese dopo i blitz.

la mappa criminale
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CATANIA – La mafia militare catanese è in pieno riassetto organizzativo. I vari clan, alcuni ormai in piena decadenza, sono stati sventrati fino al midollo dalle diverse retate. Quelli che possiamo definire gli ultimi “padrini” di Catania (GALLERY) sono finiti dietro le sbarre e ora quartiere per quartiere, famiglia per famiglia, si cerca di ricompattare le fila. Inoltre le perdite dopo i blitz provocano emergenze di “cassa” per mantenere i detenuti e sostenere le spese legali. Le reazioni, quindi, possono essere molteplici. “Abbassare la guardia sarebbe un errore”, diceva sempre il procuratore Giovanni Salvi.

Francesco Santapaola sarebbe diventato il nuovo capo di Cosa nostra. L’operazione Kronos sarebbe riuscita a decapitare, sul nascere, la nuova cupola che aveva chiamato all’ordine i mafiosi di rango da Paternò, Lentini e San Michele di Ganzaria. Il settantenne Salvatore Seminara, con la benedizione di Ciccio La Rocca di Caltagirone, avrebbe ereditato il controllo del “calatino”. Mentre alla piana di Catania ancora l’eco del nome di Orazio Privitera, boss dei Cappello, è forte.

La mafia catanese è frastagliata. In ogni zona operano diverse famiglie. Partiamo dal cuore di Catania, dalle vie “gioiello” dell’Antico Corso, per addentrarsi al quartiere Angeli Custodi fino a San Cristoforo. Con l’arresto di Pippo Garozzo, capo storico dei Cursoti (via Antico Corso), il clan è sostanzialmente scomparso dallo scenario criminale catanese. Così come è stato drasticamente ridimensionato il potere degli Sciuto-Tigna. Il “Traforo” invece (così è chiamata via Belfiore dove abita il capofamiglia) rimane terra di potere dei “Carcagnusi”, Sebastiano Mazzei era riuscito per quasi un anno a sfuggire alle manette. Il suo nome compariva nelle inchieste Scarface, della Finanza, Ippocampo, della Dia e Carabinieri. Infine è stato arrestato in una villetta sulle campagne etnee dalla Squadra Mobile che lo aveva di mira anche per l’indagine Enigma. Con l’operazione Nuova Famiglia poi sono stati arrestati anche i suoi “uomini di fiducia”.

Il ‘Passareddu’, nei pressi di via Poulet dove sorge il commissariato di San Cristoforo, è il regno incontrastato di Sebastiano Lo Giudice. Boss, killer, rapinatore. Il “padrino” dei Cappello Carateddi finito in carcere dopo il blitz Revenge ancora ha un forte ascendente in quel quadrilatero di stradine, dove si sono creati “spazi di potere” anche Sebastiano Sardo, detto Occhiolino, arrestato nell’operazione Wink e i fratelli Giovanni e Carmelo Crisafulli, coinvolti nel blitz antidroga Colomba (I giudici, però, non hanno riconosciuto l’aggravante mafiosa). Restando tra le file dei Cappello, in via Della Concordia ha rivestito un ruolo di potere Salvatore Lombardo, cosiddetto Salvuccio U Ciuraru, parente del “padrino” Salvatore Cappello. Nella stessa inchiesta è stata messa fine all’ascesa criminale di Massimiliano Salvo, figlio di Pippo U Caruzzeri che aveva il suo quartier generale a San Giorgio. Tutti e due sono stati coinvolti nel blitz Penelope. Un altro boss di razza della famiglia Cappello è Giovanni Colombrita, catturato anche lui nella retata Revenge, che ha scelto come base operativa San Berillo Nuovo, quartier generale dei Cursoti Milanesi. I capi indiscussi della frangia fondata da Jimmy Miano sono i fratelli Francesco e Carmelo Di Stefano, da tempo in gattabuia. Il quartiere al momento è sotto assedio dei picciotti collegati a Rosario Pitarà, detto U Furasteri.

San Cristoforo è uno dei regni incontrastati della famiglia Santapaola. Angelo Santapaola, il cane sciolto, qui aveva creato i suoi affari illeciti. Un’ambizione che gli è costata cara: nel 2007 è stato ucciso e bruciato dalla sua stessa “famiglia”. Solo grazie a Santo La Causa, diventato collaboratore, si è arrivati a un processo. Ma ancora molto c’è da scoprire su questo delitto eccellente. In via Stella Polare Daniele Nizza (detenuto al 41 bis) aveva creato il suo centro di potere dello spaccio di droga. Ma i ruoli di vertice sono nelle mani anche di altri santapaoliani: come Benedetto Cocimano e Rosario Lombardo. Quest’ultimo, noto come Saro U Rossu, è ai domiciliari per motivi di salute. Salvatore Cristaudo, ex soldato dei Nizza e pentito di nuovo corso, ha raccontato durante un processo che nella sua casa di via Biagio Pecorino ci sarebbero stati fino al 2015 delle riunioni operative del clan.

Uno dei quartieri storici dove il potere criminale dei Santapoala è cresciuto è la Civita che ha formato boss del calibro di Orazio Magrì e Carmelo Puglisi, detto “Melo Suggi”. Puglisi stava partecipando al famoso summit interrotto dai carabinieri a Belpasso in cui furono arrestati i vertici di Cosa nostra catanese, riuniti alla corte di Santo La Causa. Piazza Machiavelli, conosciuta a Catania come Piazza San Cocimo, è stata il “centro di potere” di Maurizio Zuccaro (ultimamente coinvolto nell’inchiesta Piramide) e anche del boss santapaoliano Lorenzo Saitta, detto Scheletro (che sta affrontando un processo per omicidio). La “Stazione”, invece, è stata per anni il “feudo” di Giuseppe Zucchero e del suo gruppo, azzerato nel blitz “Reset”. Al Villaggio Sant’Agata per anni hanno “governato” i fratelli Santo e Salvatore Battaglia. Ruolo “ereditato” dopo il loro arresto da Raimondo Maugeri, ucciso in un agguato dai Cappello Carateddi. Sorte che toccherà a uno degli ultimi capi del Villaggio: Giuseppe Rizzotto (U Ciareddu) è scomparso nel nulla. Da quello che emerge in un processo sarebbe stato ucciso per un regolamento dei conti dai Nizza.

I Nizza sono stati i capi indiscussi di Librino. La scelta di Fabrizio (uno dei pochi uomini d’onore di questi ultimi anni) di fare il salto del fosso ha messo in discussione la forza criminale del fratello Andrea Nizza che per due anni è riuscito a vivere nell’ombra ed evitare l’arresto. Dall’inchiesta Kronos è emerso che Marcello Magrì, fratello del più noto Orazio, stava prendendo un posto di rilievo nella cupola. E forse avrebbe avuto ruoli precisi su Librino. A San Giovanni Galermo la mafia si dedica principalmente alla droga: via Ustica e via Capo Passero sono i due maggiori centri di smercio della cocaina. Davide Seminara, ex autista del narcotrafficante Andrea Nizza e diventato collaboratore di giustizia, avrebbe gestito una piazza di spaccio in quella zona. Ma il “governatore” del quartiere è stato Marco Battaglia. La sua “gestione” sarebbe direttamente collegata al gruppo dei Santapaola di Picanello da poco tempo decapitato fino ai vertici grazie al blitz Orfeo. Nel quartiere a ridosso del borgo marinaro di Ognina hanno “regnato” Calogero “Carletto” Campanella e i fratelli Venerando e Salvatore Cristaldi. Una volta finiti dietro le sbarre hanno fatto carriera “criminale” Lorenzo Pavone, prima e Giovanni Comis dopo.

E’ una fotografia diversa da quella che avremmo scattato negli anni Novanta. L’epoca della mafia con le pistole fumanti, il sangue sulle strade e il terrore intriso nell’aria. Cosa nostra ha cambiato volto mimetizzandosi nel tessuto imprenditoriale ed economico, e come svelano importanti processi anche infiltrandosi nelle “stanze” dei bottoni. Ma la mafia militare quella che “controlla” i territori esiste ancora, anche se i padrini con la pistola nella cintola sono (quasi) tutti in gattabuia. Ma la “riverenza” al potere mafioso è una realtà fin troppo evidente entrando in certe realtà, dove le alternative sembrano appiattite dall’assenza delle istituzioni. La sola forza della repressione non può bastare. Non può bastare per sconfiggere il crimine organizzato. In questo clima di attesa intanto i clan si riorganizzano e sistemano nello scacchiere i nuovi “colonnelli”.


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