CATANIA – C’è una parte della storia della mafia etnea che è stata scritta col sangue. Equilibri, soldi e potere, i carabinieri del Ros, guidati dal Tenente Colonnello Antonio Parillo stanno seguendo anche la pista del piombo per arrivare ai piani alti e al mondo imprenditoriale. Un percorso investigativo che dura da anni e ha già incastrato uomini di punta della famiglia Santapaola – Ercolano ed esponenti insospettabili del mondo politico e imprenditoriale. È lì che la sinergia con la Procura guidata da Carmelo Zuccaro si è rivelata un’arma vincente. Da ultimo, con l’operazione Dakar, sono stati svelati i retroscena di cruenti scontri a fuoco, ne abbiamo parlato con Parillo.
Come inizia la fase della guerra di mafia che avete documentato con l’operazione Dakar?
L’esistenza di frizioni all’interno della famiglia Santapaola – Ercolano risulta già nell’indagine Dionisio dove, nel 2004, vennero captate intercettazioni sul fronte Mirabile – La Rocca ma anche sul fronte catanese, dalle quali emersero attriti interni. Sullo sfondo, neppure tanto silente, si staglia la figura di Ciccio La Rocca, che non perde occasione di cavalcarle sostenendo le posizioni dei Mirabile che, nei fatti, gli consentono di conoscere le dinamiche catanesi. Peraltro, La Rocca ha sempre cercato una sponda su Catania, e questa è storia giudiziaria, sicché in quel momento storico era proprio Alfio Mirabile a costituirne il ponte verso Catania. Quindi, il tentato omicidio di Mirabile per Ciccio La Rocca costituisce la perdita di una sua pedina importante. Ai Mirabile si contrapponevano gli Ercolano, parte della famiglia – anche in senso di sangue – che dopo le scarcerazioni di Orsa Maggiore erano intenzionati a riprendersi ciò ritenevano loro jure sanguinis. In quel momento, stante l’inopportunità di scagliarsi direttamente con Nino fratello di Nitto Santapaola, si decise di aggredirne le pedine. Il problema, ed è opportuno ricordarlo, si riproporrà nel 2010 – 2012, il post Iblis per essere chiari, come testimonia l’operazione Efesto, sempre del ROS, in cui sono nuovamente coinvolti i Mirabile e l’intervento cautelare fu urgente proprio per evitare un nuovo scontro sempre con gli Ercolano.
Parliamo di uno scontro militare
Militare certamente ma fino ad un certo punto. Nel senso che non si giunge ad aggredire i vertici di sangue ma se ne mina la leadership e, dunque, si colpisce comunque il livello strategico.
Andiamo a cosa è emerso dalla vostre indagini
Analogamente a quello che è accaduto con Thor, questa operazione è stata eseguita grazie al decisivo apporto dei collaboratori di giustizia Dario Caruana e Francesco Squillaci: questi sono gli ultimi due in ordine di tempo. Il primo già condannato per aver partecipato all’omicidio di Salvatore Di Pasquale detto Giorgio Armani, invece Francesco Squillaci aveva raccolto le confessioni di Lorenzo Saitta detto Scheletro sull’omicidio di Michele Costanzo. I collaboratori citati hanno, in definitiva, consentito di individuare le componenti soggettive dei gruppi di fuoco, ma le causali erano già note grazie alle attività tecniche eseguite in Dionisio.
Qual era la causa di questa ondata di sangue?
Il punto di partenza, l’antefatto per intenderci, è costituito dal ferimento di Alfio Mirabile. Il primo dei due omicidi che abbiamo analizzato è una risposta al ferimento di quest’ultimo. La vittima, “Giorgio Armani”, aveva manifestato imprudente gioia per il ferimento di Mirabile perché aveva avuto un litigio con Angelo Pappalardo, che sapeva essere collegato proprio a Alfio Mirabile. La vittima dice “tu mi hai picchiato perché sei spalleggiato da Mirabile” e quindi pensava che fosse venuto meno il protettore di Pappalardo. Questa gioia viene interpretata poi come una partecipazione di Di Pasquale alla spedizione punitiva e la voce si diffonde anche in ambiente carcerario. Di qui la spedizione punitiva ai danni di Di Pasquale, che col tentato omicidio di Mirabile non c’entra alcunché.
Qual era l’ordine di scuderia?
L’ordine proveniente dal carcere era di eliminare tutti quelli che avevano avuto un ruolo, ovvero che si riteneva lo avessero avuto, nel ferimento di Alfio Mirabile, evento qualificato come vero e proprio attentato alla leadership del gruppo.
Andiamo al secondo omicidio
L’omicidio di Costanzo si inquadra nello scontro tra le due anime. Alfio Mirabile aveva interessi nella gestione delle commesse della Dhl su Catania e queste cointeressenze erano curate nei fatti da Costanzo. Ucciderlo significava impedire a Mirabile di continuare a conseguire guadagni notevoli e di ricondurli nell’orbita degli Ercolano.
Quindi gli Ercolano vogliono questi soldi, l’unico modo è fare fuori Costanzo. Qual è il ruolo di Maurizio Zuccaro?
Agisce come mandante dell’omicidio di Michele Costanzo o, più propriamente, come concorrente morale.
Parliamo di una mafia pronta a uccidere per tutelare i propri interessi di clan
C’è l’esigenza di riportare a una gestione unitaria tutti gli interessi di cosa nostra. Quello che accade a Mirabile è esattamente ciò che accadrà a Angelo Santapaola, in Iblis. Angelo Santapaola, come Mirabile, mostrava autonomia e intraprendenza invisa perché di ostacolo ai vertici ed alla loro affermazione. Ma soprattutto, entrambi non consentivano loro di mantenere una gestione accentrata ed unitaria delle entrate.
Che rapporto aveva questo livello mafioso col resto di Catania?
Siamo ai vertici. Erano coloro che perciò avevano livelli di interlocuzione molto alti e costituivano la porta di accesso a un determinato mondo fatto di soggetti politici ed imprenditoriali. Perciò è sbagliato vedere il ferimento di Alfio Mirabile come un fatto esclusivamente militare perché attiene comunque alle questioni di competenza dei vertici dell’organizzazione.
Poi c’è anche il rapporto col mondo politico
Sì, indipendentemente dagli esiti giudiziari, i rapporti – intesi come fatti – ci sono stati e non sono revocabili in dubbio.
Adesso cosa sta accadendo nella famiglia Santapaola?
Si assiste ad un costante processo di riorganizzazione interna soprattutto sul piano militare, conseguenza della incessante attività di erosione del comparto causata dal susseguirsi dei provvedimenti cautelari. Basta contare solo le operazioni eseguite negli ultimi mesi ed i relativi numeri. Il comparto militare, dunque, soffre e soffre fortemente perché ogni volta che la mafia si deve riorganizzarsi rischia di non essere in grado di cogliere l’attivo e di perdere occasioni preziose.
In questa battaglia contro la mafia il Ros ha un ruolo importante, Catania sta rappresentando un modello investigativo per la sinergia con la Procura guidata da Zuccaro
Il ROS cerca sempre di dare il massimo e la Sezione Anticrimine di Catania tenta di essere sempre all’altezza della situazione. Se poi le aspettative della Procura sono soddisfatte non compete a me dirlo, come non compete a me esprimere giudizi sull’efficienza dell’apparato complessivamente inteso, dove per apparato intendo l’insieme delle componenti cui è devoluta l’azione di contrasto. Posso solo dire, perché lo vivo personalmente e quotidianamente, che qui un investigatore si trova veramente molto bene perché vive e avverte la forte sinergia, per usare le sue parole, e coglie la costante disponibilità della procura al confronto e al dialogo. Questi due fattori, posso assicurarlo, danno forza e convinzione nell’elaborare e portare avanti ogni progetto investigativo.
Quali saranno le prossime mosse?
Se noi siamo coscienti del fatto che ad ogni provvedimento cautelare consegue un processo di riorganizzazione, allora monitorare i vertici operativi – che si avvicendano volta per volta – significa poter arrivare al livello strategico. Perché i punti di contatto ci sono. Sono difficili da cogliere, a volta, ma ci sono. Tanto per fare un esempio, l’operazione Samael – che ha individuato parte della cassaforte dei Santapaola Ercolano – nasce proprio dall’analisi dei contatti tra i vertici operativi e coloro che, invece, avevano addirittura seduto allo stesso tavolo di Nitto Santapaola, per conto del quale avevano poi brigato con i soggetti imprenditoriali. È innegabile, per essere chiari, che esiste ancora un mondo imprenditoriale sommerso, alimentato dagli investimenti di Nitto Santapaola, Aldo Ercolano e tanti altri. E questo mondo continua a produrre ricchezze che avvelenano l’economia.