"I buttafuori della mafia" | Imposti nei locali: 11 arresti - Live Sicilia

“I buttafuori della mafia” | Imposti nei locali: 11 arresti

Massimo Mulè

C'è anche Massimo Mulè, considerato il boss del rione Ballarò di Palermo e scarcerato il mese scorso

PALERMO – Non chiedevano direttamente soldi, ma imponevano i loro buttafuori. Sempre di pizzo si trattava, però. Ne sono convinti i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo e i carabinieri del Comando provinciale che hanno arrestato undici persone.

L’elenco si apre con Massimo Mulè, uomo d’onore e reggente della famiglia mafiosa si Palermo centro, scarcerato un mese fa dal Tribunale del Riesame dopo essere stato coinvolto nel blitz “Cupola 2.0”. Ci sarebbe, dunque, la mafia dietro la società di sicurezza privata che avrebbe imposto i propri servizi ad almeno cinque titolari di noti locali in città e provincia.

L’interfaccia con Cosa Nostra sarebbe stato Andrea Catalano che ha da tempo solidi rapporti con i capi del mandamento di Porta Nuova. Innanzitutto l’organizzazione mandava qualche scagnozzo in giro di notte a provocare risse. Poi qualcuno andava a trovare il titolare per spiegare che l’unico modo per evitare ulteriori episodi spiacevoli era assoldare i loro addetti alla sicurezza. E lo dicevano con metodi e toni minacciosi. Da qui la contestazione del reato di estorsione aggravate dal metodo mafioso. I titolari dei locali saranno presto convocati dai carabinieri per conoscere la loro versione.

La società faceva da ufficio di collocamento per persone vicine alla mafia. Come Vincenzo Di Grazia, cognato di Mulè. Il capo della sicurezza che già lavorava nel locale non gradiva la sua presenza e fu minacciato dai fratelli Andrea e Giovanni Catalano. E se qualcuno aveva de precedenti penali che ne impedivano l’assunzione – la legge lo vieta – l’ostacolo veniva aggirato facendoli lavorare in due cooperative antincendio. Il pacchetto dei servizi imposto nei locali notturni era completo.

Mulè torna in carcere dopo un mese di libertà. A metà agosto Mulè ha lasciato il carcere di Bologna dove era rinchiuso dallo scorso dicembre. Non è il capo della famiglia mafiosa di Ballarò, mandamento di Porta Nuova. Così ha stabilito il Tribunale del Riesame adeguandosi alla decisione della Corte di Cassazione e accogliendo il ricorso degli avvocati Giovanni Castronovo e Marco Clementi.

Il Riesame si è pronunciato dopo l’annullamento con rinvio della Cassazione. Secondo i supremi giudici, non c’erano fatti nuovi rispetto a quelli per i quali Mulè in passato è già stato condannato.

Il nome di Massimo Mulè e del fratello Salvatore erano finiti nell’elenco dell’inchiesta che ha bloccato sul nascere la rifondazione della commissione provinciale di Cosa Nostra, inattiva dall’arresto di Riina. A rappresentare il mandamento di Porta Nuova nella nuova cupola c’era, secondo la ricostruzione dei carabinieri del Nucleo investigativo, Gregorio Di Giovanni, ai cui ordini rispondevano anche i fratelli Mulè.

VIDEO, NOMI E FOTO DEGLI ARRESTATI

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