Baffi grigi, occhi celesti e soprattutto buoni, e un’aria schiva. Siamo a piazza John Lennon, o “piazza Giotto” che dir si voglia, i dipendenti Amat hanno ripreso il servizio dopo che ieri è stato assicurato loro lo stipendio. Siamo lì per sapere come si sentono, se sono rincuorati o se le preoccupazioni sono ancora tutte a galla. Anello Decimo, come mi ha chiesto di essere chiamato, è un autista di autobus, lo trovo seduto su una sedia all’ombra degli alberi insieme ai colleghi che si dileguano subito quando sentono che sono una giornalista. Lui resta ma tiene gli occhi bassi e dice di non avere molto da dire, solo che è ancora molto preoccupato. Invece poi ci racconta un sacco di cose, dice che queste notti non ha dormito per niente, che se non ci fosse la sua famiglia a fargli forza si sentirebbe perduto che “vede tutto nero”, e che non si sente rappresentato nè difeso da nessuno. “Se non ci muovevamo noi non sarebbe successo niente, la prima giornata di sciopero, quella che non era stata annunciata, è partita spontaneamente perchè il 90% dei miei colleghi è esasperato, abbiamo tutti delle famiglie da mantenere”.
Ma poi alza la testa e dice tentannante che c’è sempre la speranza. Quella muore per ultima. “Ci hanno garantito che domani avremo lo stipendio. Quindi abbiamo ripreso a lavorare, sì, per questo mese li hanno trovati i soldi, ma il prossimo? Io non riesco ad arrivare neanche a fine mese, sono sposato e ho due figli disoccupati, mia moglie non lavora. Io non sono più giovane, ho 55 anni dove vado a cercare lavoro? Se non lo trovano i giovani, devo trovarlo io?”. Racconta che sua moglie per fare la spesa raccoglie i volantini delle offerte, e se ad un supermercato c’è la pasta in offerta e in un altro i saponi, va in quello a comprare la pasta e in quell’altro a comprare il sapone. “Sono finiti i tempi in cui si andava da Auchan e si comprava tutto lì, in una volta, si andava il sabato e ci si toglieva il pensiero. Ora facciamo il tour dei supermercati”.
“Ho due figli, un maschio di 26 anni e una femmina di 22, si sono diplomati e cercano lavoro, lei vorrebbe fare la receptionist in qualche albergo, lui fa l’animatore d’estate qualche volta ma lavora per tre mesi e dopo è finita. Ieri lui mi ha detto: “Papà vengo con te al corteo, più siamo meglio è”, è stato bello averlo vicino”, abbassa gli occhi. “Anche mia figlia è preoccupata, ma con lei cerco di mostrarmi forte e sicuro, le dico sempre ‘stai tranquilla, il servizio degli autobus serve ai cittadini, non se ne può fare a meno, in qualche maniera si risolverà tutto’. Ma non lo so se ci credo davvero. Arrivati a giorno 20 siamo sempre senza soldi, per fortuna io ho una casa di proprietà ma ho chiesto dei prestiti per comprarla quattro anni fa e devo finirli di pagare, e quando non mi pagano lo stipendio io vado in black list per colpa loro”.
Anello Decimo ha l’aria triste. È previsto ancora un incontro in prefettura, il prefetto ha convocato sindacati, e anche i dipendenti Amat saranno presenti, ma lui no, non andrà, deve lavorare, però sicuramente mentre trasporterà con il suo bus le persone, le poche rimaste in una città quasi deserta alle porte di ferragosto, avrà il pensiero là, a quelli che nel frattempo decidono le sorti di tutti. Anche per lui.