Lucia Borsellino ha solo fatto cadere l’ultimo velo, l’ultima foglia che copriva le vergogne di una impostura chiamata Sanità. Un settore trasformato nel solito ascensore verso la clientela, la consueta mangiatoia per affaristi, lobbisti e, soprattutto, potenziali candidati a qualche carica.
L’ultima storiella è quella dell’interim. Una commedia scritta da Rosario Crocetta, con tanto di personaggi perfettamente inseriti nell’intreccio. C’è il governatore scosso, turbato dall’addio della “cara Lucia”. Un turbamento che sembra non abbia nulla a che vedere con uno dei motivi principali della fuga della Borsellino: cioè lo stesso Crocetta. C’è poi un fantomatico comitato di esperti. Un gruppetto zeppo di titoli, cariche e probabilissimi conflitti di interesse. E c’è infine l’Assemblea regionale, che “plaude” a un presidente pronto ad accollarsi l’onere di guidare l’assessorato alla Salute, sapendo bene che in fondo, quello, è il male minore. Con una campagna elettorale che potrebbe presto avvicinarsi, infatti, la materia “assunzioni” diventa decisiva. E tutto sommato, meglio discuterne con un governatore costretto, oggi più di ieri, a “mediare” con le forze politiche piuttosto che, magari, con un ostico assessore “di alto profilo”. Del resto, lo insegnano i motti tradizionali, un cattivo già noto fa sempre meno paura di un “buono” ancora da conoscere.
Come se non ci trovassimo nell’era della Sanità nuova. Quella moralizzata, pulita. Quella della svolta, della lotta alla manciugghia. Quella della rottura col passato. Quella, per intenderci, che conferma ad esempio all’Asp di Trapani un manager come Fabrizio De Nicola, già graditissimo a Raffaele Lombardo, o propone – un tentativo fallito a causa del solito strafalcione amministrativo – un altro direttore generale in auge durante l’era autonomista, cioè Mario Zappia.
È la Sanità del cambiamento, quella del governatore. Un mutamento affidato soprattutto alle conferenze stampa, durante le quali sventolare il merito di avere scoperchiato scandali come quello dei pannoloni o quello sulla presunta “truffa delle assicurazioni”. Annunci conditi da cifre a sei, sette, nove zeri. Sparsi copiosamente e a caso sulle teste dell’opinione pubblica. Cifre, però, che hanno la stessa consistenza delle “bolle di sapone”. Svaniscono nell’aria, prima ancora di toccare terra. I risultati magnifici della lotta agli sprechi, come ad esempio quella rivolta contro le “trattative private” per le forniture delle aziende, esistono solo nella propaganda di Palazzo d’Orleans. Quei miliardi risparmiati dalla furia moralizzatrice del governo, non appartengono alla realtà. Sono, anche quelli, un bluff.
Basta, infatti, leggere l’ultimo giudizio di parifica della Corte dei conti per accorgersene. “Queste Sezioni riunite – si legge – devono sottolineare la necessità di maggiori e più incisivi controlli da parte dell’assessorato vigilante nel settore degli acquisti di beni e servizi, considerato il costante incremento di tale componente di costo ed il sostanziale mancato raggiungimento di alcuni importanti obiettivi di contenimento della spesa previsti dalla normativa statale in tema di spending review”. Altro che lotta agli sprechi. Con Crocetta, i costi, le spese nella Sanità sono persino aumentati. Cresciuti. Una contraddizione evidente che spinge i magistrati contabili persino a fornire un consiglio “politico-amministrativo” al governatore: “E’ necessario, – si legge – che le disposizioni, sia statali che regionali, di contenimento e razionalizzazione della spesa in tale nevralgico settore – esposto, più di altri, a contaminazioni e dinamiche corruttive – siano analiticamente declinate negli obiettivi annuali assegnati ai manager aziendali”.
Ma proprio le dinamiche interne delle aziende regionali rappresentano lo scandalo nello scandalo. La piccola impostura nella più grande impostura della Sanità moralizzata. Svelata, come se si trattasse di un intervento di chirurgia anti-estetica, nel suo volto peggiore, grottesco e allo stesso tempo preoccupante, dalle indagini sull’ospedale Cervello-Villa Sofia. Lì, i due medici amici del presidente, il primario Matteo Tutino e il commissario Giacomo Sampieri erano certi che il presidente non li avrebbe mai divisi, perché in “gioco c’è troppo, troppo”. Indagine che intanto prosegue attraverso nuove diramazioni che sembra possano condurre a grosse novità.
Ma quello che è stato raccolto finora, è già sufficiente per quel terremoto. Per spingere cioè Lucia Borsellino a portare via con sé la foglia di fico utilizzata finora dal governatore: il suo cognome, oltre a una moralità che, adesso, non a caso, non le consente, scrive nella sua lettera di addio, di restare dentro questo governo. Motivazioni di ordine “etico e morale” mette nero su bianco Lucia. E tra i tanti casi possibili, cita proprio quello: lo scandalo di Villa Sofia, che ha provocato, spiega l’assessore dimissionario una “lesione all’immagine dell’istituzione sanitaria e dell’intera Regione siciliana”. Uno sfregio a quella immagine di pulizia propagandata con scoppiettanti conferenze e bolle di sapone dal governatore. Un danno enorme, alla Sanità siciliana: “Fatti come questi determinano altresì, – aggiunge Lucia Borsellino – in un settore come quello della Sanità, contrassegnato da vicende che in un recentissimo passato ci hanno consegnato l’immagine di un sistema di malaffare, un grave danno sulla capacità attrattiva del servizio sanitario regionale”. Un passato da cancellare. Era quello l’obiettivo dichiarato del governatore. Il bluff. Plasticamente rappresentato adesso in giunta. Non c’è più Lucia Borsellino. C’è invece Giovanni Pistorio, che fu assessore alla Salute con Totò Cuffaro. E c’è ovviamente Rosario Crocetta. Al vertice della Sanità siciliana: “Giusto il tempo di trovare il nuovo assessore”, aveva detto a caldo. Solo l’ultima bugia.