I pm di Palermo: dati sui morti sbagliati senza rilievo penale

I pm di Palermo: dati sui morti sbagliati senza rilievo penale

Cambiano le accuse a Di Liberti, resta l'ipotesi di falso. Interrogata dal gip

PALERMO – Il dato sui decessi Covid non compare più nel capo di imputazione provvisorio contestato alla dirigente dell’assessorato regionale alla Salute Letizia Di Liberti.

Una circostanza emersa nel corso dell’interrogatorio reso da Di liberti al giudice per le indagini preliminari di Palermo Cristina Lo Bue, dopo che il fascicolo è stato trasmesso per competenza da Trapani.

La dirigente del Dasoe (Dipartimento per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico), al momento agli arresti domiciliari e sospesa dal servizio, è indagata per falso nell’ambito di una inchiesta sui dati relativi all’andamento della pandemia comunicati al ministero della Salute e da questi all’Istituto Superiore di Sanità.

La Procura di Palermo, così emerge dalla convocazione, ha eliminato dalla contestazione la parte relativa alle false dichiarazioni sui decessi.

Secondo la ricostruzione originaria dell’accusa dei pm trapanesi, l’assessorato avrebbe dichiarato meno morti e meno positivi al Covid per evitare che la Sicilia finisse in zona rossa.

Diversa la valutazione dei pm di Palermo: il numero dei decessi, infatti, non incide in alcun modo nella decisione che colloca i territori in una fascia di colore invece che in un’altra a seconda della gravità della situazione pandemica. Sono altri i parametri su cui si basa l’adozione delle restrizioni. A cominciare dal rapporto fra nuovi contagiati e tamponi eseguiti. Ed infatti è del numero dei positivi che si continua a parlare nel capo di imputazione.

Oggi la dirigente è stata interrogata dal gip (era stata lei stessa, tramite il suo legale, l’avvocato Fabrizio Biondo, a sollecitare l’interrogatorio). Ha confermato la difficoltà nella raccolta dei dati dalle strutture sanitarie sparse sul territorio e poi inseriti nel bollettino giornaliero.

I numeri arrivavano in ritardo e incompleti, ma venivano comunque riallineati con cadenza settimanale o bisettimanale con quelli dell’Iss. Un riallineamento voluto affinché i dati avessero aderenza con la realtà dei fatti.

Nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Trapani si riteneva che il caos dati fosse stato voluto per fare apparire la situazione in Sicilia meno grave del reale ed evitare restrizioni più severe. Sul punto Di Liberti ha ricordato che, al contrario di quanto viene contestato, dall’assessorato regionale suggerirono lo scorso gennaio all’Iss di inserire la Sicilia tra le zone ad alto rischio nonostante i dati non fossero ancora tali da richiedere una scelta immediata in tal senso. Il trend era molto preoccupante e fu la Sicilia a farlo sapere in anticipo all’Istituto superiore di sanità.

L’inchiesta, che ha portato ai domiciliari la dirigente, riguarda anche l’ex assessore alla Salute Ruggero Razza che si è dimesso dopo l’avviso di garanzia. Proprio una delle frasi degli indagati sui decessi intercettate ha fatto molto scalpore. “I deceduti glieli devo lasciare o glieli spalmo?”, chiedeva la dirigente. “Ma sono veri?”, diceva Razza. “Si, solo che sono di 3 giorni fa”, rispondeva. E Razza dava l’ok: “Spalmiamoli un poco”. Questa circostanza, però, secondo i pm di Palermo, non rientra nella contestazione del falso.

Nei prossimi giorni il giudice per le indagini preliminari dovrà emettere una nuova ordinanza che potrebbe essere diversa da quella emessa il 30 marzo a Trapani. Nel frattempo la Procura ha fatto le sue valutazioni e le ha inviate al gip. Non si conosce quale sia stata la richiesta avanzata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis per Di Liberti e per gli altri due indagati finiti ai domiciliari.

Si tratta di Salvatore Cusimano, dipendente dell’assessorato regionale all’Industria e nipote di Di Liberti (difeso dall’avvocato Luigi Spinosa), ed Emilio Madonia, dipendente di una società privata che si occupa della gestione del flusso dei dati sul Covid (assistito dall’avvocato Enrico Sorgi). Anche loro sono stati sentiti e hanno confermato la versione già resa a Trapani: caos organizzato, ma nessun intento di falsificare il reale quadro epidemiologico.



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