I "vizi" di Mario Pappalardo |"Corse sponsorizzate dal clan" - Live Sicilia

I “vizi” di Mario Pappalardo |”Corse sponsorizzate dal clan”

Mario Pappalardo avrebbe gestito per conto del capomafia Nuccio Mazzei il traffico di droga e diverse attività economiche. Il processo abbreviato Ippocampo svela il suo ruolo. NOMI E RICHIESTE DI PENA

uomo di fiducia dei Mazzei
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CATANIA – Mario Pappalardo era un uomo di “assoluta” fiducia di Nuccio Mazzei. Non ha dubbi il pm Jole Boscarino del ruolo di alto profilo dell’imputato all’interno del clan: in uno dei suoi passaggi della sua lunga requisitoria del processo abbreviato Ippocampo analizza come il Carcagnusu avesse affidato a Pappalardo compiti di “responsabilità” nel traffico di droga e nella gestione per suo conto di varie incombenze economico – finanziarie.

Mario Pappalardo

Mario Pappalardo conduceva un alto tenore di vita: per la pm “la sua fortuna monetaria” è legata alla sua affiliazione ai Mazzei. Amava i rally: partecipava come pilota a diverse competizioni sportive e le gare del “Il team patatina” erano sponsorizzato dai “Mazzei” attraverso il cognato di Nuccio, Gioacchino Intravaia (imputato nel rito ordinario) che era titolare dell’agriturismo “Agribagnara”. “Mario Patata” è il soprannome di Pappalardo rilevato dalla Dia in diversi contatti telefonici, presumibilmente un nickname legato alla scuderia di corse automobiliste.

Pappalardo quando è stato arrestato (dopo un periodo di latitanza) si difende dicendo che con Nuccio Mazzei c’è un rapporto personale, ma le intercettazioni e le immagini riprese dalle telecamere della Dia presentano una fotografia che esula dal semplice legame di “conoscenza” ma prefigura una frequentazione assidua e costante che dimostrerebbero – secondo il pm Boscarino – la sua piena “organicità” nel sodalizio criminale. La richiesta di pena, infatti, davanti al Gup per Pappalardo è 16 anni di reclusione. Il Riesame, va precisato, aveva annullato la contestazione per associazione mafiosa confermando le accuse per intestazione fittizia.

Risolve i problemi Mario Pappalardo. Nuccio Mazzei questo lo sa e in diverse occasioni gli occhi delle telecamere della Dia hanno immortalato gli incontri (dove è presente anche la moglie del boss Enza Scalia) dove si discuteva di “affari da risolvere”. Tra questi la gestione e il controllo del chiosco-bar di via Filocomo, dopo le “questioni” avute tra il capomafia e una donna che doveva fungere da prestanome. Seconda “incombenza” un finanziamento che il commercialista e prestanome Camillo Pappalardo (chiesta pena a 2 anni) aveva garantito affinché si potesse giustificare (anche a livello fiscale) l’acquisto e la gestione di due esercizi pubblici, tra cui il chiosco e il Bar Plebiscito. (Gli ho dato i documenti miei…- racconta Mazzei a Pappalardo – per fare presto e non si è potuto fare niente, gli ho dato i documenti di Gioacchino e non si è potuto fare niente! Gli abbiamo dato il garante: “a posto!” A posto tu entro luglio avrai tutto accettato” …’mpare – chiosa il capomafia – mi sta prendendo per il culo?”). Pappalardo, inoltre, assorbe lo sfogo del boss sui problemucci economici che sta affrontando per colpa di alcune persone non nominate: “Mai mi ero ridotto così… – si lamenta il capomafia – sai che cosa ho deciso?: di non fare più niente, perchè tutti quanti mi “sono saliti addosso”, facciamo passare questo momento, perchè se no va a finire che faccio più danno ancora di più…” “E’ troppo un macello? – risponde Pappalardo riferendosi a uno che avrebbe “parlato troppo”- … poi quello per dire…ha aspettato per “buttare la bomba” direttamente…”. Infine, la Dia intercetta una bega di “natura monetaria” scoppiata all’interno dell’organizzazione in cui è coinvolto un altro “fiancheggiatore” di Nuccio Mazzeri, e cioè Lucio Stella.

Quando Pappalardo non poteva parlare direttamente con il capomafia, il tramite era il cognato Gioacchino Intravaia. Un rapporto “strettissimo” tanto che Mario – nel corso di una telefonata intercettata – rivolgendosi al “colonnello” dei Carcagnusi afferma: “Sugnu ta frati o nun sugnu ta frati” (Sono o non sono tuo fratello).

Lucio Stella

Altra figura di “rilievo” tra gli imputati del processo abbreviato Ippocampo è Lucio Stella, per cui il pm Jole Boscarino ha chiesto al Gup una condanna a 8 anni di carcere. Lucio Stella, legato da un rapporto di parentela (di terzo grado), è conosciuto negli ambienti criminali come il “cugino” del Carcagnusu. Paolo Mirabile, collaboratore di giustizia ed ex uomo di vertice dei Santapaola, riconosce Stella nelle foto e lo indica come colui che “frequentava i gruppi della zona dei cappuccini e anche degli altri quartieri per conto del cugino”. Mirabile lo avrebbe conosciuto nel 2009 e glielo presentarono proprio come colui che “si occupava degli affari del cugino”. Ignazio Barbagallo, arrestato in quel famoso blitz a Belpasso quando i carabinieri interrompono un summit del Ghota dei Santapaola per decidere la strategia offensiva contro i Cappello, riferisce in un verbale di una riunione tenuta proprio in un abitazione al villaggio Ippocampo di Mare (da qui il nome dell’indagine) di proprietà proprio di un certo “Lucio, cugino di Nuccio Mazzei”. Il killer dei Cappello, il pentito Gaetano Musumeci lo etichetta ai magistrati come il “braccio destro di Nuccio Mazzei con il quale ha partecipato agli incontri fra mafiosi” .

A completare il quadro degli imputati alla sbarra nel rito abbreviato, scaturito dal blitz congiunto di Dia e Carabinieri, ci sono altri cinque nomi. Tra i personaggi di peso del gruppo mafioso ci sono Michele Maiolino per cui è stata chiesta una condanna a 10 anni, e Antonino Daniele Sgroi, per lui la richiesta di pena è di 8 anni di carcere. Il pm Jole Boscarino ha chiesto al Gup, invece, l’assoluzione per Carmelo Grasso, Enrico Zappalà, e Giuseppe Spina. Si torna in aula ad ottobre per l’inizio delle arringhe difensive.

 


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