Il cadavere seppellito nella duna di Vaccarizzo: un nuovo movente

Il cadavere seppellito nella duna di Vaccarizzo: spunta un nuovo movente

La versione del pentito Salvatore Scavone

CATANIA – “Il movente della droga è una balla”. Salvuccio popcorn, al secolo Salvatore Scavone, pentito e già elemento di spicco del clan Santapaola, dice la sua sull’omicidio di Vincenzo Timonieri, un trafficante di droga di San Cristoforo inghiottito, come si dice in questi casi, dalla lupara bianca. Era il febbraio del 2021.

Il cadavere di Timonieri, assassinato dai fratelli rei confessi Michael e Ninni Sanfilippo, fu seppellito in una duna di Vaccarizzo. Scavone dunque dice la sua, ma non scagiona gli imputati. Anzi consegna ai giudici un’altra possibile lettura del movente. Lo fa in una nota che è stata acquisita al processo.

La tesi di Scavone

Secondo Scavone Sam Privitera, che è ritenuto assieme a Natale Nizza uno dei due mandanti delitto, voleva morto Timonieri, ma non per motivi di droga. Secondo lui, semplicemente, Privitera temeva che Timonieri scoprisse una tresca che aveva avuto con la sua fidanzata, all’epoca in cui era appena uscito dal carcere. E che questo potesse creargli problemi.

Per questo aveva cominciato a metterlo in cattiva luce con gli altri. E per questo alla fine avrebbe deciso di liberarsene. La nota di Scavone è stata prodotta al processo solo adesso, con le cosiddette richieste di fine istruttoria avanzate dai legali di Privitera, gli avvocati Andrea Gianninò e Luca Cianferoni. Va ricordato che i presunti mandanti non sono due personaggi qualunque.

Nizza, figlio di Giovanni detto ‘banana’, è stato potentissimo a San Cristoforo. Privitera, dal clan dei Nizza, sarebbe stato incaricato di gestire gli “affari” a Librino.

Le prove a discolpa

Legali che però, contro questo possibile movente, hanno già prodotto prove a confutazione. Per i legali quella tresca, semplicemente, non può esserci mai stata. Secondo Scavone, Timonieri avrebbe chiesto a Privitera di occuparsi dei suoi cari, una volta uscito di prigione; e lui, anziché farlo, avrebbe avuto una storia con la sua fidanzata.

Ma questo non sarebbe possibile perché quando Privitera uscì dal carcere minorile, all’epoca, fu portato subito in una comunità, per la “messa alla prova”. Che durò tre anni. Dunque non ci sarebbe stato modo. Peraltro questa ipotetica relazione è stata seccamente smentita dalla stessa ragazza in questione, anche in aula. Insomma, per la difesa è un movente debolissimo, anzi inesistente.

Sta di fatto che i pm Lina Trovato, Alessandro Sorrentino e Rocco Liguori già da tempo hanno chiesto la condanna all’ergastolo per entrambi gli imputati; oltre a chiedere 8 anni e sei mesi per i Sanfilippo, in virtù dell’attenuante riconosciuta ai collaboratori di giustizia. E lunedì si torna in aula, proprio perché la parola passi ai legali di Privitera. Poi toccherà ai difensori di Nizza, gli avvocati Salvatore Catania Milluzzo e Salvo Pace.

Il traffico di droga

Va evidenziato che l’accusa ha messo in evidenza anche un altro movente legato ai traffici di droga. Quegli ipotetici fornitori di Timonieri, quel giro di droga proveniente dalla Campania, a Privitera e Nizza avrebbe fatto gola. Per questo, e per evitare che Timonieri gestisse un affare mettendosi in proprio, per l’accusa avrebbero ordito il delitto.

La difesa di Nizza, invece, sostiene che i movimenti del proprio cliente fossero controllati da videocamere, nel periodo dell’omicidio. Dunque la tesi di un suo ipotetico coinvolgimento sarebbe impossibile. Ma per l’accusa le videocamere sarebbero state messe solo in un periodo successivo al delitto.


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