Il caso Antonio Scurati, la presunta censura e qualche considerazione

Il caso Antonio Scurati, la presunta censura e qualche considerazione

Sulla Rai, il governo e gli intellettuali
LO STRETTO IMMAGINARIO
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CATANIA – Antonio Scurati non è Alekos Panagulis, ovviamente. Dei “servi sciocchi”, messi alla RAI dal nuovo governo, però, sono riusciti a far immaginare che lo possa essere. Solo dei “servi sciocchi”, infatti, possono trasformare un monologo da Bignami sul Fascismo, in un qualcosa da tenere lontano da orecchie indiscrete.

Alla RAI sanno come trasformare, una Zucca e dei Topolini in una Carrozza con Cavalli, per permettere a Cenerentola di andare al grande ballo a Corte. Se chi ha deciso questa idiozia di sospendere la sua partecipazione a un programma da share così basso da essere visto da pochi intimi, lo avesse lasciato fare, tutto si sarebbe risolto in nulla, perché di questo stiamo parlando.

Non so se alla Destra Politica manchi la Classe Dirigente, ma è evidente che non riesce a mettere al posto giusto almeno persone con un minimo di cervello e buon senso. Perché, oltre ad aver trasformato Antonio Scurati in Victor Jara, ha dato modo a tutto il carrozzone conformista di usare Scurati per allestire una settimana di passione post Pasquale, dove una serie di perseguitati rifugiatisi con stipendi milionari nella Ventotene della Sette o della Nove, ora potranno celebrare il loro martirio.

Michele Serra ha già rimpianto in diretta televisiva i dirigenti RAI della Democrazia Cristiana e Michele Santoro finanche Berlusconi, che in fondo è stato un suo datore di lavoro.

La questione dei soldi, e cioè la differenza di pretesa tra l’offerta della RAI per la partecipazione al programma e la richiesta di Scurati, pur essendo una povera scusa della dirigenza RAI, una toppa più stupida del buco, porta però a una maggiore visibilità l’indegna figura generale degli intellettuali italiani, che lucrano sul Gettone di Presenza.

Non parlo, ovviamente, dei casi in cui un intellettuale gestisce, conduce, inventa, scrive, un programma televisivo, oppure altre cose che riguardano la divulgazione del sapere. Parlo di chi solo per essere ospitato a dire cosa pensa su un dato argomento, pattuisce un compenso.

Il famigerato Gettone di Presenza, in cui sono coinvolti almeno il novanta per cento di chi, accademico o noto esperto in qualche cosa, poeta o saggista, conoscitore di virus o di cucina mediterranea, copre con la sua presenza la totalità dei programmi d’informazione e dei convegni pubblici che si svolgono in questo nostro taccagno Paese.

Non c’è poeta, che canta in versi l’amore, i migranti o gli ultimi della Terra, che non si assicuri, in premessa, dell’esistenza del Gettone di Presenza quando qualcuno prova a invitarlo. Non c’è Docente Universitario, come Scurati, che vada in televisione, che non contento di uno stipendio già buono, non rifiuti l’obolo del Gettone di Presenza, e che quindi, per sicurezza, quando in televisione ci va molte volte, non abbia anche un Agente che per lui si occupa di contrattarlo e incassarlo per lui.

Non c’è regista cinematografico, scultore, pittore, architetto, che invitato a uno degli innumerevoli Festival su tutto il possibile (Cinema, Poesia, Architettura, Cucina, o altro) non chieda, prima ancora dell’argomento, se esiste un Gettone di Presenza.

Non c’è intellettuale, in sostanza, che invece di essere onorato per il solo fatto di essere considerato come qualcuno che possa fare Chiari nel Bosco nelle questioni della nostra vita collettiva, non abbia a cuore soprattutto il Gettone di Presenza.

Questa è la questione che fa pena e che dovrebbe indignare. Fa pena e dovrebbe indignare, sapere che, anche le manifestazioni del 25 Aprile (in televisione, in luoghi pubblici, in radio, o dove volete voi) per onorare il sacrificio e il sangue versato da nostre sorelle e fratelli, avranno il prezzo dei Gettoni di Presenza.

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