Il dissenso ai tempi di Renzi - Live Sicilia

Il dissenso ai tempi di Renzi

Matteo Renzi

La democrazia ai tempi del nuovo Pd. Dove il gazebo ha sempre ragione, ma solo se fa come piace ai capi.

PALERMO – “Il compagno Napoleon ha sempre ragione!”. Il motto del protagonista de La fattoria degli animali si intravede tra le righe delle cronache politiche sulle primarie ai tempi del Partito democratico di Matteo Renzi. Democratico, il partito plasmato dal premier, in un modo che sempre più assomiglia alla democrazia instaurata dai maiali di Orwell. Una democrazia di ottimati in cui il popolo ha sempre ragione, purché faccia ciò che piace ai capi. L’ultimo capitolo riguarda il capoluogo più alto d’Italia, quella Enna roccaforte del barone rosso Mirello Crisafulli, l’unica provincia che all’ultimo congresso del Pd non ha consegnato la vittoria al Rottamatore. A Enna Crisafulli, l’ex impresentabile, ha stravinto le primarie, incassando tre voti su quattro al gazebo. Tutto come da copione, per lui che dalle sue parti vincerebbe “anche col sorteggio”, come ebbe a dire in passato. Scartato con ignominia dalle liste delle ultime politiche, oggi l’incensurato Crisafulli, dopo aver guidato da segretario il partito nella sua città, si prepara a diventarne primo cittadino. Scatenando le ire di Roma. Dal Nazareno, raccontavano oggi le cronache dei giornali nazionali, è arrivato il niet. Il Pd non può sostenere Crisafulli, dice Roma. Lorenzo Guerini, il vice di Renzi, lo avrebbe detto chiaramente a Fausto Raciti. Ma il segretario regionale ha fatto spallucce: ormai il popolo si è espresso.

Primarie sempre, primarie per tutto, largo al partito dal basso, predicava Matteo quando Palazzo Chigi era lontano e la strada della rottamazione era ancora lunga e tortuosa. La retorica della partecipazione contro gli oligarchi della vecchia nomenclatura, appunto da rottamare, era il caposaldo del renzismo. Le primarie come un totem, un dogma di quell’idea democratica attributo essenziale del partito post-ideologico. Così è stato finché al potere stava qualcun altro. Finché il compagno Napoleon non ha raggiunto l’obiettivo. Ora, tardivamente si scopre che le primarie vanno bene solo se finiscono come sta bene all’establishment. E parafrasando ancora Orwell, si apprende che tutti gli elettori democratici sono uguali, ma quelli di Enna sono un po’ meno uguali degli altri.

I renziani ennesi hanno già sentenziato che “Crisafulli non può interpretare il nuovo corso del partito”. Peccato che non abbiano saputo convincere di questo gli elettori del loro stesso partito. Dettagli.

È la maledizione del gazebo. Che aveva già travolto nel pantano i democratici poche settimane fa ad Agrigento, dove il disinvolto patto con i berlusconiani aveva partorito al gazebo la vittoria di un candidato che per storia e profilo col Pd aveva poco a che vedere. È finita a pernacchie, con l’annullamento delle primarie stesse, che ha sconfessato sia un metodo sia l’espressione di qualche migliaio di voti (paganti).

Segnali eloquenti quelli siciliani dello stato di salute della democrazia interna in un partito che si fregia nel nome dell’aggettivo democratico. Basta guardare a cosa accade a Roma, ad esempio sull’Italicum, con una gestione della minoranza interna che ormai ha le sembianze della dissidenza. Dall’epurazione dei ribelli in commissione fino al mancato invito dell’ex segretario Bersani alla Festa dell’Unità di Bologna, il Pd è entrato mani e piedi nell’era del compagno Napoleon. Con buona pace del leggendario “popolo delle primarie”. E della politica.


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