Il duello nella maggioranza | Scatta l'attacco finale a Baccei - Live Sicilia

Il duello nella maggioranza | Scatta l’attacco finale a Baccei

Terza puntata -  Il partito del voto e quello del non voto cominciano a darsele. Crocetta e Cracolici criticano l'assessore all'Economia. Torna in auge il "sicilianismo" come ai tempi di Lombardo. Ecco gli schieramenti in campo. LE PUNTATE PRECEDENTI: 1) Rimpasto o voto? 2) La sfida dei conti.

‎PALERMO – Il duello prosegue. E cresce d’intensità. Se il cammino verso il rimpasto evidentemente segna il passo, il ring adesso, come scrivevamo ieri, è quello dei conti. Se Roma allarga le braccia per il momento, i pezzi del Pd siciliano che pensano più al rimpasto che al voto non perdono tempo per bocciare Baccei, magari pensando di silurare il tecnico mandato da Roma per far posto a qualche risorsa autoctona. Lo stesso Crocetta rompe gli indugi, scarica di fatto il suo assessore e attacca a testa bassa i rivali renziani accusandoli di speculare sulla pelle della Sicilia.

Si fa sempre più nervosa, insomma, la partita interna alla maggioranza tra i renziani che vogliono archiviare Crocetta per andare al voto e il resto del mondo, che di votare non vuol saperne e punta a portare a termine la legislatura magari con un governo ancora più politico. Gli schieramenti sono abbastanza definiti, ma non mancano elementi fluidi, con una corsa ad accaparrarsi truppe, da una parte e dall’altra, soprattutto tra cespugli e cespuglietti della maggioranza.

Quelli che il voto. A spingere decisi per il voto sono i renziani.La corrente del partito guidata in Sicilia da Davide Faraone considera scaduto il tempo di Crocetta. E spinge per votare in Sicilia nella primavera prossima. Con Faraone è schierato Salvatore Cardinale e la sua Sicilia Futura, federazione che mette insieme Pdr e un pezzo di Sicilia democratica, in tutto otto deputati all’Ars. Che si aggiungono ai nove renziani di Sala d’Ercole. Secondo l’analisi dei renziani (che esprimono quattro assessori su dodici in giunta), l’auspicato cambio di passo non c’è stato e ormai non resta che andare al voto. Non si parla di candidati ma in quel caso il nome dello stesso Faraone potrebbe essere in corsa.

 

Lo schieramento renziano all’Arsha strappato nei giorni scorsi altri tre deputati a Crocetta, cioè gli esponenti del Megafono che hanno aderito al Nuovo Psi in un’operazione che ha preso corpo tra Roma e Palermo, pare con il contributo attivo dei fedelissimi del premier.

E ci sono poi altri movimenti di avvicinamento sotto traccia, che sono stati stigmatizzati da Crocetta e anche da dirigenti del Pd, e che riguardano pezzi di vecchio centrodestra che tra Roma e Palermo, via Verdini si avvicinano all’area del premier.

Gli argomenti che il partito del voto ha dalla sua per fare proseliti nella maggioranza sono legati anche alla futura collocazione nelle liste delle Politiche. E non è un caso che proprio su questo tema Raciti abbia pubblicamente e a più riprese attaccato Cardinale.

Il voto in Sicilia si inserirebbe in un più ampio contesto nazionale,visto che a maggio o giugno si voterà anche nelle grandi città italiane. E che alle urne in quella circostanza potrebbe arrivare anche il referendum sulla riforma costituzionale di Renzi, che polarizzerebbe la tornata elettorale in un test sull’azione del premier. Nei piani del partito del voto ci sono quattro liste: Pd. Udc-Ncd, Sicilia Futura e una lista del presidente. E si conta su un involontario “alleato” che possa indebolire i grillini, ossia Leoluca Orlando con la sua lista dei sindaci, che potrebbe togliere voti ai 5 Stelle.

E quelli che il voto no. 
Il partito del non voto ha alla testa, accanto a Rosario Crocetta, il duo Fausto Raciti-Antonello Cracolici. Segretario e capogruppo del Pd marciano come un uomo solo e concordano nella valutazione secondo la quale, dopo tre anni non entusiasmanti, l’unica speranza per il Pd per non perdere le prossime elezioni stia nel fare qualcosa di buono da qui a legislatura. Magari con una maggioranza politica più “nazionale” (leggasi abbraccio al Nuovo centrodestra) e con un governo più “politico”, visto che i tecnici fin qui non hanno brillato troppo.

 

Lo schieramento anti-voto è molto ampio.Raccoglie gran parte del Pd, tranne i renziani e i ribelli come Fabrizio Ferrandelli, Pippo Russo, Pino Apprendi e Ninni Terminelli, lo strano quartetto che sabato ha convocato un incontro a Palermo dall’eloquente titolo “Io non ci sto”. Per il resto, il Pd non vuole votare, così come l’Udc di Gianpiero D’Alia. E si sono avvicinati sempre più a Crocetta anche i quattro deputati di Sicilia democratica che non hanno seguito Lentini e compagni nella federazione con il Pdr. I partiti interpretano quello che è un comune sentire dei deputati regionali, poco propensi a un voto che sarebbe un salto nel buio, sia per la “minaccia grillina” sia per la certezza che nella prossima legislatura i seggi scenderanno da 90 a 70.

Oggi Cracolici ha attaccato per primo Baccei: “E’ venuto in Sicilia con il compito di fare da ponte col governo Renzi. Se oggi dieci mesi dopo non arriva neppure un euro per la Regione, qualche domanda dobbiamo farcela”, ha detto il capogruppo a Repubblica, commentando le zero risorse previste dal governo Renzi nella legge di stabilità per i conti della Sicilia.

Nell’ottica di un rimpasto, proprio la poltrona dell’assessore all’Economia, mai troppo amato da Crocetta, potrebbe essere la prima a saltare.
E l’uscita pomeridiana di Crocetta, che ha sconfessato il suo assessore, riservandogli parole molto dure e ridimensionando il suo ruolo di raccordo tra Roma e Palermo lo confermano. Ma i renziani intendono proprio stoppare il rimpasto, come prima mossa per avviarsi verso la fine della legislatura.

Le parole di Cracolici hanno trovato subito risposta dalle parti dei renziani, con Luca Sammartino pronto ribattere a al capogruppo in difesa di Baccei e in chiave antiCrocetta. Lo scontro e’ ormai in campo aperto.

“Sicilianisti” e “allineati”. L’altra arma nelle mani dell’ala più vicina a Renzi è quella dei conti. Per il bilancio 2015 è arrivata la salvezza attraverso l’utilizzo dei fondi che dovevano servire alle infrastrutture. Ma per il 2016 il giochetto non si potrà più fare. E servono risorse che devono passare da un accordo con Roma. “Se riesplode la guerra tra l’esecutivo nazionale e la Sicilia, io sto con la Sicilia”, diceva oggi Cracolici. Torna insomma lo schema retorico del sicilianismo che si era già sentito negli anni d’oro di Lombardo. Crocetta e gli altri avversari dei renziani sono pronti a intonare questo spartito, accusando Roma di affamare la Sicilia. E bollando di ascarismo i siciliani troppo “allineati” con il governo nazionale. Il clima si fa sempre più pesante ed è difficile pronosticare gli sviluppi della situazione. Oggi  circolavano persino voci incontrollate (e non confermate) su possibili dimissioni di Crocetta. Il partito del voto non chiederebbe di meglio. Ma l’uscita del governatore, che rivendica i suoi contatti romani sparando a zero su Faraone senza mai citarlo sembra far presagire tutt’altro scenario.

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