Da giorni lo avevano messo nel mirino, ma oggi il Fatto quotidiano alza il tiro, dedicando la sua prima prima pagina a un dossier su Mirello Crisafulli e titolando “Candidare quest’uomo?”. Un attacco durissimo, quello del quotidiano diretto da Antonio Padellaro al senatore di Enna, vincitore delle primarie e ricandidato dal Pd alle Politiche del 24 e 25 febbraio.
Il quotidiano pubblica un vecchio rapporto dei carabinieri (risale a cinque anni fa) sul politico, attualmente indagato per abuso d’ufficio insieme a due dipendenti della Provincia di Enna. Da un’informativa dei militari dell’Arma, racconta il Fatto, emergeva che nel 2005 Crisafulli avrebbe fatto pavimentare, a spese della Provincia, una strada comunale che conduceva alla sua villa, vicenda per la quale Crisafulli è stato rinviato a giudizio. L’anno successivo, scrive oggi il quotidiano, i carabinieri richiesero persino il suo arresto, attraverso una nota destinata al pm di Enna Marcello Cozzolino, per l’ipotesi di un reato come l’associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata e alla turbativa delle gare. Ma lo stesso quotidiano aggiunge che in quella circostanza il pm non solo non aveva richiesto l’arresto ma aveva archiviato l’indagine. In quel rapporto, si legge a pagina 2 del quotidiano, veniva descritto “il sistema di potere e le connivenze del vincitore delle primarie a Enna”.
Pochi giorni fa, Crisafulli ha annunciato un’azione legale per diffamazione nei confronti del Fatto: “La campagna di stampa nei miei confronti – ha scritto il senatore in un comunicato – assomiglia molto da vicino alla condotta di uno stalking che perseguita la propria vittima con cieco accanimento. Non posso consentire che la mia dignità personale e politica venga messa in discussione con argomentazioni altamente lesive e prive di qualsiasi fondamento”.
Il comunicato datato 5 gennaio non ha fermato il Fatto che non risparmia critiche neppure al leader del Pd Pierluigi Bersani e al procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Il giornale infatti sottolinea che il Pd chiederà solo un’autocertificazione di “illibatezza” ai candidati. Spetterà alla Commissione di garanzia la verifica successiva.