PALERMO – Natale Abbate si sente vittima della malagiustizia e ha fatto ricorso in appello contro la confisca dei beni. Il suo legale, l’avvocato Cinzia Pecoraro, ha ottenuto che nel processo venisse acquisita la costituzione di parte civile del suo cliente contro i giudici del Tribunale per le Misure di Prevenzione che gli hanno tolto tutto.
E cioè il collegio presieduto da Silvana Saguto, oggi sotto processo a Caltanissetta e radiata dalla magistratura. Natale Abbate, fratello del boss della Kalsa, soprannominato Gino ‘u Mitra, ha deciso di essere presente come parte offesa in quel dibattimento. Ritiene che il sequestro dei suoi beni servisse solo per alimentare il sistema, affidando i beni all’amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara, pure lui sotto accusa. La Corte d’appello ha nominato un collegio di periti per valutare l’eventuale sproporzione fra il giro di affari di Abbate e il suo patrimonio.
La confisca, ancora non definitiva, riguarda soprattutto la “Logistica e servizi srl” che si occupa di trasporti e movimento container nel porto. La Divisione anticrimine della Questura lo arrestò nel ’99. Abbate nel 2003 condannato con sentenza definitiva a 5 anni e 4 mesi. Poi, nel 2012, arrivarono il sequestro dei beni e le dichiarazioni dei pentiti, i quali sostenevano che Abbate “voleva il monopolio al porto” per fare un favore a Salvatore Lo Piccolo, capomafia di San Lorenzo.
C’è la mano della mafia nella scalata imprenditoriale di Abbate che ha comprato case e terreni Palermo e Partinico? La difesa risponde con un secco no: solo duro lavoro, entrate tracciabili e riscontrabili, e la fortuna di avere ricevuto un’eredità anch’essa avvenuta alla luce de sole.