Il fratello del boss e la finta rapina | Gli Abbate: "Finiamo tutti in galera" - Live Sicilia

Il fratello del boss e la finta rapina | Gli Abbate: “Finiamo tutti in galera”

Le intercettazioni svelano le responsabilità dei parenti del boss Gino u' mitra. Gli Abbate, ai quali sono riconducibili due aziende di trasporto che si trovano al porto di Palermo, erano d'accordo con una terza ditta che ha simulato la rapina da parte di un commando per impossessarsi del maxi carico di tonno proveniente dall'Ecuador.

Operazione New Gate
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PALERMO – Era una società accreditata al traporto della merce arrivata al porto, che poteva affidare l’incarico anche ad altre ditte private che, con propri mezzi e per conto terzi, si sarebbero dovute occupare della consegna. Un meccanismo di cui gli arrestati nell’operazione “New Gate” avevano approfittato, mettendo a segno una decina di colpi nel giro di pochi mesi.

La “Logistica e servizi srl”, riconducibile a Natale Abbate – fratello del boss della Kalsa, Gino u’ mitra -, insieme alla “Tfa, Trasporti fratelli Abbate”, era in grado di conoscere in anticipo il tipo di merce contenuta nei tir e di prendere di mira la più appetibile grazie alle informazioni privilegiate fornite dal personale della ditta di spedizione.

Una vera e propria catena di montaggio quella che ha permesso ai ventuno arrestati di fare finire nelle proprie tasche oltre quattro milioni di euro: oltre alle ditte di trasporto assegnatarie all’interno del porto, infatti, gli indagati potevano spesso contare su autisti compiacenti e complici che permettevano di custodire la merce in attesa di essere smerciata.

E Natale Abbate, insieme a Giovanni Abbate (anche lui parente dello storico capomafia), aveva ormai innescato un meccanismo infallibile: quando il trasporto non veniva effettuato da una delle ditte a loro riconducibili, subentrava la ditta “Gravagna”, pronta a simulare furti e rapine da denunciare alle forze dell’ordine. Come nel caso del maxi furto di pesce: ventisette tonnellate di pesce surgelato trafugato e rivenduto dalla banda.

Era un container proveniente dall’Ecuador quello preso di mira. Doveva essere recapitato a una ditta di Erice, dove non è mai arrivato. A denunciare di essere stato rapinato, era stato Massimiliano Gravagna, titolare insieme al fratello Danilo di una delle aziende di trasporto. Una rapina violenta, messa in atto da un commando di quattro persone che l’avevano bloccato lungo la strada statale 113. Il racconto di Gravagna ai carabinieri era stato preciso e dettagliato:

“Mi ero immesso sull’autostrada Palermo-Mazara del Vallo – ha dichiarato – ma poco prima di Cinisi, entrando sulla Statale, mi ero fermato perché il computer di bordo mi aveva segnalato un problema. E’ stato lì – ha precisato l’autotrasportatore – che quattro uomini armati di pistola sono scesi da una Golf nera e mi hanno costretto a scendere dal mio tir. Mi hanno fatto entrare nella loro auto, costringendomi a sdraiarmi sul sedile posteriore e coprendomi con un giubbotto. Nel frattempo alcuni di loro si erano impossessati del mezzo pesante. Io sono stato rilasciato almeno un’ora dopo, nella zona di Terrasini”.

E così, Gravagna aveva giustificato la sparizione del carico di tonno che gli era stato consegnato dalla Tfa. Il giorno prima, era stato Danilo Gravagna a ricevere una telefonata da Giovanni Abbate, come hanno accertato le intercettazioni:

Danilo: Giovà dimmi?
Giovanni: ti volevo dire… oggi devi venire al piazzale? Perché io… sono a casa
Danilo: stai male? Gio: si
Danilo: no, no, no, già io ho risolto
Giovanni: ah.. va bene
Danilo: va bene? ascoltami vedi che è arrivato.., un coso di quello
Giovanni: va bene, domani mattina io sicuramente scendo perché ho un sacco di problemi, che ho sempre ancora quel problema con lo zio e mi devo vedere domani con Florio e con…
eh… no io ti spiego,.. perché già lui..
Giovanni: mmm
Danilo: è arrivato ieri, perciò se lo piglia lui, te lo deve passare a te e tu me lo passi a me…
se invece lo prendiamo tramite Rosario quello chiama a noi direttamente…
Giovanni: va bene, va bene
Danilo: va bene?
Giovanni: ok ci sentiamo dopo.. ciao ciao

Accordi telefonici e pianificazione dettagliata di ogni colpo. E autisti e impiegati di altre ditte compiacenti, sui quali la banda sapeva di poter contare. Come nel caso di Raffaele Russo, 56 anni, dipendente della Verogel di Carini che si occupa della vendita all’ingrosso di pesce surgelato.

Russo avrebbe messo a disposizione dell’organizzazione – come risulta dall’ordinanza firmata dal gip Lorenzo Matassa – una cella frigorifera per il pesce rubato: uno stoccaggio temporaneo per le ventisette tonnellate di tonno che sarebbero poi state rivendute illecitamente. In questo caso, è ancora una volta Danilo Gravagna che organizza la consegna con l’impiegato della ditta di Carini.

RUSSO: pronto!
GRAVAGNA: uhe Raffaè
RUSSO: chi è, buongiorno
GRAVAGNA: sono Danilo, buongiorno
RUSSO: ciao Danilo, tutto a posto?
GRAVAGNA: come stai?
RUSSO: tutto a posto, tutto a posto
GRAVAGNA: tutto a posto, ascolta io… m ‘è arrivato il camion per scaricare…
RUSSO: sì!
GRAVAGNA: va bene? Saranno se non mi sbaglio ventidue pedane…
RUSSO: d’accordo, ma io il tempo che l’autista arriva e vengo a scaricare, penso fra un’oretta e mezza
GRAVAGNA: va bene…non venire molto tardi ah…ti aspetto

In un’altra conversazione, avvenuta poco dopo, Giovanni Abbate informava Danilo Gravagna che avrebbe informato il fratello Natale. I due Abbate si incontrano così al porto, nella sede dell’azienda. Quello che viene fuori dall’intercettazione ambientale, è il timore di finire in cella:

In sottofondo Natale Abbate: “. . .finiamo tutti e due in galera! Ah?”
In sottofondo Giovanni Abbate: “si ci va a fare la denuncia!”

Parlavano della denuncia della “rapina” da parte di Gravagna, poi effettuata ai carabinieri di Terrasini, ma distorta in base agli orari riferiti e agli accertamenti degli investigatori che hanno fatto luce sulla serie di false denunce.


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