Il ladro di ospedale - Live Sicilia

Il ladro di ospedale

Mi domando cosa ci possa essere di più abietto che rubare un gioco ad un bimbo malato di cancro.

In questo mondo di ladri, è usuale applicare una certa eterogeneità di giudizio tra i trasgressori del settimo comandamento. Quello scolpito da Dio sulle tavole della Legge, a dire di Benigni, proprio in lingua italiana a significare che è il furto, e non il calcio, lo sport nazionale dell’Italia. Isole comprese. E se esercitiamo un certo grado d’indulgenza nei confronti del famoso “ladro di mele” spinto dalla fame, ci appaiono particolarmente odiosi quei furti che, più che nelle loro conseguenze patrimoniali, danneggiano il derubato nell’integrità fisica o psicologica violandone il corpo o la sacralità della propria casa. E la riprovazione per l’odioso gesto è ancor più profonda quando, piuttosto che affrontare i rischi del mestiere sotto forma di un uomo armato in uniforme o di altri sistemi di difesa della proprietà, il ladro seleziona la vittima tra i più deboli e inermi: anziani nelle proprie case o malati ricoverati in un ospedale.

La cronaca nera cittadina, che ha spesso a che fare con ladri di ben altra caratura, si occupa spesso in maniera quasi distratta di queste forme di “microcriminalità”, considerate come inevitabile indotto della disperazione, figlia della crisi economica e sociale. Tuttavia, il ribrezzo per questo genere di misfatti, che prescinde dal mero valore economico del maltolto, affonda le radici nella miseria morale che tacita la coscienza del malfattore. Che è cosa ben più grave e riprovevole della semplice, e se vogliamo in fondo innocente, miseria economica. Abbiamo già registrato negli scorsi mesi gli odiosissimi furti di PC e schermi televisivi in reparti ospedalieri in cui un televisore acceso non serve ad aggiornare lo spettatore sulla trama di una tele-novela o sui tronisti di Maria De Filippi, quanto piuttosto a distogliere la mente di piccoli e grandi malati oncologici dai pensieri e dall’angoscia. E mentre la TV è accesa per ingannare il tempo, i farmaci entrano in quei corpi lentamente, goccia a goccia. Insieme alla speranza che quella bestia che di essi s’è impadronita possa essere prima o poi sconfitta. Le sedi di quei furti sono i campi di una quotidiana battaglia per la vita che i pazienti e i loro familiari combattono con l’ausilio di tanti soldati dell’esercito di Ippocrate: i Reparti di Oncologia del Policlinico Giaccone e quello di Oncologia Pediatrica dell’Ospedale Civico, da dove hanno persino trafugato giocattoli e videogiochi. Mi domando cosa ci possa essere di più abietto che rubare un gioco ad un bimbo malato di cancro.

L’ultimo episodio, sventato per un caso fortuito, è avvenuto nel mio ospedale. Domenica d’agosto, (che caldo fa), primo sonnacchioso pomeriggio. Il flusso dei parenti in visita è sempre molto basso a quell’ora: in genere perché c’è la partita, ad agosto perché si va al mare. Il medico di guardia gira tra i corridoi deserti. Un’irregolarità all’altezza della serratura del contorno di una porta d’alluminio lo mette in allerta. Il ladro, oltre che abietto, è pure scarso se non è riuscito a vincere la flebile resistenza di quella porta. Ad un tratto scorge un’ombra dall’altra parte del corridoio: un tizio che armeggia all’altezza della bacheca con la statuetta della Madonna di Lourdes incassata nel muro e protetta da una lastra di vetro. Ha adocchiato gli ex-voto di povera gente che circondano la statuetta: qualche fede nuziale, molte coroncine, in maggioranza polmoni e cuori umani cesellati in argento. Pochi euro di valore materiale, un tesoro in lacrime e sofferenza. Il medico si mette a urlare, qualche parente si affaccia in corridoio dalle stanze della sofferenza. Il ladruncolo si vede scoperto e scappa inseguito dalle urla e dagli insulti di tutti gli altri. Solo la Madonna mantiene il suo sguardo di materna misericordia; in fondo fa il suo mestiere: perdonare.

Ma noi no. Noi siamo solo umani e non riusciamo a perdonare. E piuttosto che la misericordia, invochiamo il castigo di Dio diffidando della giustizia degli uomini. E al contempo invitiamo chi di dovere a provvedere per rendere gli ospedali più sicuri. L’ospedale, luogo “aperto” per definizione, è il posto dove si nasce, si soffre, si gioisce e si muore. Non è più tollerabile che lo standard di sicurezza per i suoi ospiti e i suoi lavoratori di prima linea sia così basso. Non passa giorno che la cronaca non riporti le notizie di aggressioni, specie nei Pronto Soccorso. Per non parlare dei quotidiani furti nelle corsie, la maggioranza dei quali neppure denunciati: borsellini con pochi spiccioli per prendere un caffé alle macchinette o cellulari con cui mantenere i contatti con amici e parenti alla ricerca di aggiornamenti clinici. Gli ospedali siciliani sono infestati da ladri, da ambulanti e da accattoni che scambiano quel luogo sacro per un porto franco ove agire indisturbati. E’ giunta l’ora che il problema della sicurezza nei luoghi di cura entri prepotentemente nell’agenda del neo Assessore alla Salute. Ci pensi bene: in fondo, prima o poi, di un ospedale tutti abbiamo bisogno.

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