PALERMO – Colpevole di avere aiutato l’amico a suicidarsi. La ricostruzione regge anche davanti alla Corte di Appello di Palermo che ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale per i minorenni ad un ragazzo di 17 anni: due anni, due mesi e venti giorni di carcere. L’imputato fu scarcerato al termine del giudizio di primo grado.
La sera del 25 agosto 2021 Mirko La Mendola, 26 anni, muore ucciso da un colpo di pistola alla tempia. Si trovava sulla spiaggia di “Punta Grande” tra Porto Empedocle e Realmonte. Sembrava un suicidio. A svelare la verità furono i familiari della vittima attraverso le indagini difensive affidate all’avvocato Rosario Didato.
La tragicità della vicenda emerse dall’analisi di una chat WhatsApp. Sarebbe stato un “omicidio del consenziente”. Avevano un piano ed è la chat che lo svelerebbe. A ricostruirlo la Procura per i minorenni di Palermo, diretta da Claudia Caramanna. Il colpo era stato esploso con una pistola Beretta modello FS98, calibro 9X21 che la vittima deteneva legalmente. I due amici si erano conosciuti in palestra ed era nato un rapporto sincero nonostante la differenza di età.
Qualche giorno prima La Mendola era stato a Roma per partecipare al concorso in polizia. All’ultima prova, quella decisiva, non fu ritenuto idoneo. Chi gli era stato accanto lo descriveva molto rammaricato, ma convinto a riprovarci. Ed invece nei messaggi emergeva la volontà di farla finita e la scelta di farsi aiutare dal minorenne che in quanto tale nulla avrebbe rischiato. La Mendola aveva voglia di vedere un’ultima volta il mare. Andarono in spiaggia portando qualche birra. Il ventiseienne non aveva il coraggio di fare tutto da solo.
Il primo elemento che smentiva l’ipotesi del suicidio arrivò dall’autopsia. Il proiettile era stato sparato alla tempia sinistra, ma La Mendola, che si esercitava al poligono, non era mancino.