Il sequestro di un deposito di frutta e i possibili interessi della mafia

Il mercato abusivo della frutta| Affari e vecchie conoscenze

Le indagini sul sequestro del capannone alla Zisa

PALERMO – Qualcuno avrebbe rotto i sigilli per riprendersi il capannone di via Libero Grassi, alla Zisa. Solo che anche i finanzieri sono tornati sul posto.

Violazione dei sigilli

Salvatore D’Amico, 56 anni, è stato denunciato per violazione di sigilli. La frutta dentro il magazzino apparterrebbe alla ditta della nuora di D’Amico, che non è in possesso della Scia, la segnalazione che certifica l’inizio di un’attività.

Il precedente

Si aggiunge, dunque, un altro tassello a una vicenda che va avanti da anni. Lo scorso aprile i finanzieri del Gruppo Palermo hanno scoperto che il capannone era nella disponibilità de “La Fenice ortofrutticola di Lo Iacono Paolo”, titolare di una regolare concessione al mercato ortofrutticolo di Palermo.

Durante il lockdown

Il 26 marzo scorso, durante il periodo di chiusura forzata in via Montepellegrino per le misure anti Covid-19, La Fenice aveva aperto il magazzino, indicato come deposito all’Agenzia delle Entrate, che ricade su un’area appartenuta a un nobile palermitano.

Il sequestro annullato

Qui vi aveva sede una delle società di ortofrutta sequestrate nel 2016 e poi restituite nel 2019 a Salvatore D’Amico dal Tribunale per le misure di prevenzione. D’Amico era stato arrestato nel 2012 con l’accusa di intestazione fittizia.

Per questo reato, maturato nell’ambito del contesto mafioso della Noce, D’Amico è stato condannato a un un anno e otto mesi ci carcere con sentenza divenuta definitiva nel 20017. Il blitz era quello che portò alla luce il ruolo di Fabio Chiovaro come nuovo capomafia della Noce.

L’ombra della mafia?

Ora sarebbe stata la ditta della nuora di D’Amico, Maria Giunta, ad avere la disponibilità del capannone, ma è sempre sulla figura di D’Amico che i finanzieri del Gruppo Palermo su concentrano e sul contesto mafioso della Noce, dove di recente è stato arrestato Salvatore Alfano, accusato di avere preso in mano le redini del mandamento.


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