Pd, le primarie e l'ipotesi congresso | Ecco chi sta con chi in Sicilia - Live Sicilia

Pd, le primarie e l’ipotesi congresso | Ecco chi sta con chi in Sicilia

Verso l'assemblea nazionale. La mappa delle correnti nell'Isola.

PALERMO – Per il Pd potrebbe avvicinarsi il momento della conta. O della resa dei conti. Che attraverserà anche il partito siciliano. Oggi, domenica 18 dicembre, è in programma l’assemblea nazionale dei dem dove si potrebbe intraprendere la strada del congresso anticipato auspicato da Matteo Renzi. Ed avviare così la partita che porterà alla conta tra maggioranza e minoranza, dopo la profonda spaccatura maturata sul referendum e le tensioni interne che hanno accompagnato la genesi del governo Gentiloni. Un esito in realtà non scontato. Il congresso, infatti, potrebbe anche essere evitato, ma resterebbero sul campo le profonde divisioni tra il fronte legato al segretario e quello dei suoi avversari interni. La candidatura annunciata da Speranza contro Renzi apre però le ostilità congressuali.

La spaccatura del partito nazionale si riproduce, anche se con toni meno accesi, anche in Sicilia, dove sabato si è riunita la direzione regionale per la prima volta dopo la batosta referendaria, che nell’Isola ha avuto proporzioni apocalittiche. Una riunione che si è svolta praticamente senza la minoranza, visto che l’area Speranza era impegnata a Roma in una riunione di corrente propedeutica all’assemblea. Nel corso della direzione, il renziano Davide Faraone ha chiesto al partito di cambiare marcia, dopo aver rilanciato le primarie per il candidato a Palazzo d’Orleans. Dicendosi intenzionato a stare dall’altra parte rispetto al presidente uscente con “una candidatura e una proposta alternative al governo di questi anni”. Un tema prematuro, secondo lo stesso Rosario Crocetta, che però, con tanti se e ma, in direzione alla fine di un discorso ecumenico e conciliante si è detto pronto a non tirarsi indietro nel caso si deciderà di andare ai gazebo se il partito lo vorrà. Il segretario Fausto Raciti ha annunciato per il 22 gennaio una conferenza d’organizzazione del partito che coinvolgerà anche i circoli. Congresso o meno, insomma, la stagione della conta per le correnti si aprirà comunque.

Pochi in minoranza

La geografia del Pd siciliano vede una nettissima predominanza di quella che a Roma è la maggioranza del partito. La minoranza che ruota attorno a D’Alema, Bersani e Speranza nell’Isola conta su pochi big. In prima linea c’è l’ex presidente della Regione Angelo Capodicasa. Dal quale durante la campagna elettorale si è allontanata la deputata Maria Iacono che ha fatto anche un iniziativa pubblica per il Sì con Ettore Rosato e Giuseppe Lupo di Areadem. Poi, sempre al Parlamento nazionale, il siracusano Pippo Zappulla, che nella sua città combatte ventre a terra contro il sindaco renziano Giancarlo Garozzo. Mentre all’Ars i tre deputati di minoranza, tre su ventiquattro, sono il redivivo Pino Apprendi, a lungo riferimento di Enrico Letta in Sicilia, vicino all’area Speranza, e Mariella Maggio, che si è allontanata dalla corrente dei Giovani turchi, e poi Bruno Marziano, l’assessore regionale alla Formazione, che sta nella minoranza, ma comunque sempre in ottimi rapporti con l’area di Antonello Cracolici.

Il grande assente del gruppo di famiglia della “ditta” ex diessina è Mirello Crisafulli. Il barone rosso di Enna, dalemiano da una vita, si è allontanato dall’area e in occasione del referendum ha fatto campagna per il Sì (che nella sua provincia ha ottenuto le percentuali più alte in Sicilia).

Areadem e il caso Palermo

La maggioranza nazionale si regge su tre pilastri, i renziani doc, un blocco prevalentemente ex Ds con l’area dei Turchi di Matteo Orfini più il gruppo di Maurizio Martina, e Areadem, la corrente guidata da Dario Franceschini. Tra quest’ultimo e il gruppo dell’ex premier nei giorni precedenti alla nascita del governo Gentiloni c’è stata alta tensione. Il dialogo intrapreso da Franceschini con la minoranza del partito non è stato troppo apprezzato dai renziani.

In Sicilia Areadem è guidata da Giuseppe Lupo. L’ex segretario regionale, oggi vicepresidente dell’Ars, ha lavorato di sponda con i renziani negli ultimi tempi pur con diversi distinguo. A Palermo, ad esempio, dove il plotoncino dei renziani doc è sempre entrato in rotta di collisione con Leoluca Orlando, Lupo ha invece sempre preferito il dialogo con il Professore. Su cui, a meno di sei mesi dal voto, oggi non si può escludere che il Pd alla fine converga alle prossime amministrative. Anche se dalle parti dei renziani ci sarebbe anche chi pensa a un’operazione analoga ma che porti il Pd sulla candidatura di Fabrizio Ferrandelli.

Areadem ha un paio di deputate nazionali, Teresa Piccione e Sofia Amoddio, e, oltre Lupo altri due deputati regionali: l’assessore al Turismo Anthony Barbagallo, recordman di preferenze del partito, e Marika Cirone Di Marco, siracusana. In una corrente che oltre Stretto abbonda di ex Ppi, in Sicilia invece Areadem all’Ars non ha big con quella provenienza. In un momento in cui a Roma si sono alternati due premier ex Margherita, incaricati da un presidente della Repubblica ex Margherita, con i due capigruppo del Pd a Montecitorio e Palazzo Madama entrambi ex Margherita, nell’Isola invece i petali della lista centrista sono quasi tutti appassiti, con poche eccezioni. Tra queste Baldo Gucciardi, assessore alla Sanità e big della corrente renziana. E qui passiamo a un altro capitolo.

Renziani, tra folla e flop

Nell’Isola, l’area dei fedelissimi a Renzi è guidata da Davide Faraone, che cammina al fianco del politico fiorentino dai tempi della rottamazione. Quella che era una corrente alquanto sguarnita s’è affollata negli anni del potere con una valanga di new entry. Un esercito di trasnfughi, tra quelli entrati nel Pd e quelli rimasti nell’anticamera dei renziani di complemento, cioè quella Sicilia Futura fondata da Totò Cardinale, per portar soccorso centrista al Pd. A parte il sopracitato Gucciardi e Pippo Laccoto, i due ex Margherita eletti nel Pd che stanno nella corrente, ecco poi lo squadrone dei renziani provenienti da altri partiti e folgorati sulla via del Giglio: dalla capogruppo Alice Anselmo all’ex sindaco forzista di Ragusa Nello Dipasquale, da tandem catanese Luca Sammartino-Valeria Sudano all’ex Psi Gianfranco Vullo e via discorrendo. Un dream team a cui si aggiungono i sopracitati renziani di complemento di rito cardinaliano, come Beppe Picciolo, gli ex forzisti Michele Cimino ed Edi Tamaio eccetera. Una folla che non ha salvato Renzi dal penoso flop del referendum, che in Sicilia ha visto il Sì schiacciato dal 72 per cento del No.

L’area renziana, che in giunta oltre a Gucciardi tiene saldi altri due assessorati chiave con Vania Contrafatto e Alessandro Baccei, reclamerà la candidatura a Palazzo d’Orleans. Lo ha fatto in qualche modo ieri Davide Faraone invocando i gazebo per la scelta del candidato. Quei gazebo che a Palermo erano stati annunciati dal segretario regionale Fausto Raciti per le amministrative e che invece non si sono più visti. Un’altra possibile suggestione renziana potrebbe essere il lancio della candidatura di Giusy Nicolini, sindaco di Lampedusa, portata alla Casa Bianca da Renzi e sufficientemente lontana dal Palazzo da garantire una campagna elettorale distante dai fallimenti dei governi di Rosario Crocetta. Diversamente renziano anche il sindaco di Catania Enzo Bianco, corpo a se stante rispetto al blocco capitanato da Faraone.

Cose da Turchi

Fin qui Faraone ha collaborato senza troppo intoppi col segretario Fausto Raciti, espressione dei Giovani Turchi, che vinse il congresso contro Lupo spinto da un’alleanza variopinta che andava da Renzi a Crisafulli. Non sono mancati però i momenti di tensione, soprattutto con la nascita del Crocetta bis, quando la corrente più vicina al segretario, quella composta prevalentemente dagli ex Ds e guidata da Antonello Cracolici, rimase a bocca asciutta. La corrente in questione, che sta nella maggioranza romana, vede in campo big come Cracolici, Pippo Digiacomo, Giovanni Panepinto e anchei deputati nazionali Magda Culotta, Franco Ribaudo e Giuseppe Beretta. A quest’area è vicina anche l’eurodeputata catanese Michela Giuffrida. Il suo potrebbe un altro nome spendibile per la successione a Rosario Crocetta. Tra i dem siciliani vicini a Martina ci sono la deputata regionale ex Cgil Concetta Raia e la deputata catanese Luisella Albanella, anche lei proveniente dal sindacato. Questo blocco ex diessino in Sicilia ha da tempo sposato la linea dell’alleanza con i moderati, quella che nella scorsa legislatura portò al discusso patto con Lombardo, e non sembra, al pari delle altre correnti, troppo entusiasta all’idea di una ricandidatura di Rosario Crocetta. Almeno nei conciliaboli off the record, ufficialmente tutti schivano l’argomento.

L’incognita elezioni

Che si vada o meno alla conta congressuale, il Pd siciliano non ha nella contrapposizione maggioranza-minoranza il più grosso dei problemi. A queste latitudini, i dem hanno difficoltà molto serie in prospettiva elettorale. Non solo perché il referendum ha di fatto pesato la scarsa consistenza elettorale del blocco politico che sostiene Renzi. Ma anche perché a pochi mesi da due scadenze importanti come le amministrative a Palermo e le regionali, il Pd è ancora privo di un piano. E se il ritardo su Palermo sembra quasi irrimediabile, con la prospettiva concreta di dover ripiegare su uno dei due candidati già iscritti alla competizione, Orlando (più probabile) o Ferrandelli, per la Regione un po’ di tempo c’è. Ma finchè le correnti resteranno al fianco di Crocetta per mantenere i loro posti tra governo e sottogoverno, sarà impossibile avviare un ragionamento che contempli il benservito al governatore. Che ancora oggi ha detto di essere pronto, seppur con mille se, anche alla sfida delle primarie.


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