“C’è il rischio che i colpevoli restino impuniti”: l’avvocato Giuseppe Lipera è convinto dell’inconsistenza degli indizi contro il suo assistito Antonino Speziale, sotto processo, davanti al Tribunale dei Minorenni, per la morte dell’ispettore capo di polizia Filippo Raciti, avvenuta il 2 febbraio 2007 in occasione degli scontri scoppiati durante il derby Catania-Palermo. Il legale stamane ha incontrato i giornalisti nel suo studio, per dare le ultime novità in merito.
Il processo è, infatti, alle battute finali: il Tribunale per i Minorenni di Catania, che ha fissato l’udienza pubblica dell’8 febbraio per la requisitoria del P.M e quella del 9 febbraio (entrambe nell’aula bunker del carcere di Bicocca) per l’ arringa dei difensori; adesso dovrà decidere, sulla base delle risultanze istruttorie dibattimentali, le sorti del giovane. Il calendario delle udienze prevede, curiosamente, proprio per giorno 9, l’intervento conclusivo dei Pm per il processo analogo, in Corte di Assise, per Daniele Micale, all’epoca dei fatti maggiorenne e quindi giudicato in Assise, altro imputato per la morte di Raciti.
Per l’avv. Lipera, non si sono elementi per condannare Speziale; ma c’è di più: il legale chiede che i media siano presenti per la requisitoria e l’arringa della difesa. “Questa vicenda –ha spiegato- è cominciata così, con un intervento, come dire, a gamba tesa da parte dei media, giorno 9 febbraio. Sulle pagine dei giornali e anche sulle tv si disse che era stato preso l’assassino di Raciti, che il ragazzo aveva confessato, francamente noi che avevamo assistito all’interrogatorio sapevamo che quella era una notizia falsa. Abbiamo dovuto trasferirci dalle aule di giustizia diciamo nel ring mediatico, per riportare a verità quello che accadeva. Bicocca è fuori mano, il processo non è stato seguito dal pubblico, è giusto, invece, che la pubblica opinione sia a conoscenza di quanto accade”
Lipera ha ribadito le sue perplessità su come sono andate le cose nell’iter dell’indagine e processuale di una vicenda conosciuta a livello nazionale, a cominciare dall’ormai famoso sottolavello, la presunta arma del delitto, sulla consistenza dell’Accusa per una eventuale condanna (“Per emettersi verdetto di condanna, in Italia, occorrono le prove inconfutabili. Le logiche, i sospetti devono rimanere fuori dalla porta. Non ci sono assolutamente gli elementi, se ci sarà condanna faremo appello”) e ha mostrato alcune lettere anonime, arrivate in studio, nelle quali si nutrono dubbi sull’operato dei sanitari dell’ospedale “Garibaldi”, in cui fu ricoverato, quella notte del 2 febbraio, l’ispettore capo Raciti. “Noi –ha continuato Lipera- abbiamo fatto presente che ci sono arrivate queste lettere anonime. In buona sostanza si mette in dubbio come venne soccorso il povero ispettore Raciti. Non sta a noi indagare, noi difendiamo il ragazzo, però siccome parte della perizia disposta dal Tribunale si occupa di questo capitolo –e non capiamo perché, si dice che i medici del ‘Garibaldi’ hanno fatto bene nel loro operato- bene, questo è un altro fatto che noi forniamo per così dire nel piatto della conoscenza dell’opinione pubblica”. Nessuna previsione per la sentenza: “io dico –ha concluso Lipera- solo che una sentenza che non condivido, non la rispetto affatto, faccio appello”
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