Il ricordo di Serafino Famà| "Un uomo libero senza paura" - Live Sicilia

Il ricordo di Serafino Famà| “Un uomo libero senza paura”

Nella ricorrenza del ventunesimo anniversario dell'omicidio del l'avvocato Serafino Famà un incontro per ricordarlo.

Ventunesimo anniversario
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Il convegno

CATANIA – “Non solo un buon avvocato, ma un uomo profetico per la sua generazione il cui impegno nella professione forense si è rivelato di eccezionale lungimiranza”, lo hanno ricordato così l’avvocato Serafino Famà  i colleghi questo pomeriggio in occasione del ventunesimo anniversario dalla sua uccisione. L’incontro dal titolo  “Il ruolo dell’avvocato e i suoi rischi” che si è svolto, non a caso, nella sala adunanze del Tribunale di Catania  ha riservato un focus sulla figura di quell’avvocato “inviso” ai poteri forti, specie quando rappresenta un baluardo a difesa dei diritti umani. Un ruolo che spesso nell’esercizio della professione è stato pagato a caro prezzo. Fra i relatori gli avvocati Nicola Canestrini, del foro di Trento, Francesco Strano Tagliareni del foro di Catania. A coordinare l’incontro la figlia dell’avvocato Famá, Flavia assieme al penalista Enrico Trantino.

Un convegno che ha voluto soprattutto celebrare il ricordo di Serafino Famà. Impossibile per l’avvocato Strano trattenere le lacrime quando dalle sue parole affiora il ricordo di Famá e degli ultimi momenti tragici seguiti poco dopo l’omicidio .” Una professione, la nostra, che sta vivendo – ha detto – un momento di crisi: cresce un certo sospetto nei confronti della attività giudiziaria di Catania, un malcontento che mi riporta indietro al 1995 anno in cui a Catania si celebrava il grosso processo “orsa maggiore” che vedeva impegnato Serafino Famà. Dobbiamo lottare per una sentenza giusta o favorevole?”. È il quesito lanciato da Strano che risponde: “L’avvocato deve lottare per ottenere una sentenza favorevole per il suo assistito, dobbiamo dimostrare all’accusa che nonostante tutto non può provare la colpevolezza di un imputato. È questa la nostra funzione, quando questa viene sfregiata o compressa i rischi che si corrono sono numerosi. Non solo deontologici. Anche sociali. Quando un avvocato si trova impegnato in un processo di criminalità organizzata, immediatamente viene associato alla mafia o ritenuto  colluso. L’omicidio di Famà è una ferita aperta che ci porteremo per sempre dentro proprio a causa delle carenze dello Stato a difesa delle funzioni degli avvocati”.

Fra gli interventi significativi quello di Canestrini, avvocato del foro di Trento responsabile per l’Unione delle Camere Penali del progetto “Avvocati Minacciati”. Un progetto che si occupa di monitorare e promuovere azioni a difesa di avvocati minacciati nel mondo. Nel suo intervento Canestrini ha ripercorso le dolorose storie di numerosi avvocati, torturati, perseguitati e uccisi per essersi schierati a difesa dei diritti umani in precisi scenari politici e sociali. Fra le vittime menzionate anche Tahir Elci, capo dell’associazione degli avvocati di Diyarbakir, rimasto ucciso nel novembre del 2015 nella città curda della Turchia ai confini con la Syria, nel corso di una sparatoria avvenuta fra poliziotti e attentatori al termine di un incontro pubblico. Elci era stato già stato arrestato e accusato di terrorismo dalla procura turca per aver aderito al partito Pkk, movimento sorto in opposizione al regime di Erdogan. Ma Canestrini si sofferma soprattutto sulla funzione del difensore e dei rischi a cui corre spesso esercitando la sua professione. “Il compito di un penalista e anche sociale. Perché il potere ci teme quando siamo liberi, e l’avvocato deve essere libero, ecco perché i legali spesso assieme ai giornalisti sono invisi al potere, perché cercano di smascherare i fatti. Fra i principi di base nell’esercizio della professione di avvocato adottato dalle Nazioni Unite, cito uno che recita che “i governi dovrebbero assicurarsi che gli avvocati siano in grado di adempiere alla loro attività professionale senza intimidazioni, minacce o ostacoli”. E ancora: ” Gli avvocati non vanno associati o identificati con i loro clienti, sembra semplice ma non lo è. Almeno in Italia”, conclude Canestrini.

“I rischi della professione e l’arrendevolezza degli avvocati di fronte alla negazione di alcuni diritti racchiude la summa della lotta di mio padre – ha detto Flavia Famá dopo aver fatto ascoltare alcune registrazioni vocali del padre – La memoria non può essere scissa dall’impegno. Ecco perché è nato il desiderio di portare avanti l’impegno di mio padre tramite il progetto di Canestrini”. E non trattiene lo sfogo: “Non posso accettare che a distanza di vent’anni leggo didascalie dove trapelano ombre di dubbio sull’attività di mio padre. La sua morte non può non essere stata vana. È un qualcosa che mi ferisce, come quando poco dopo il suo omicidio mi ritrovavo a dover giustificare la sua morte. Perché qualcuno affermava che se la “fosse andata a cercare”. Mio padre era un uomo libero. Una scelta pagata a caro prezzo”.

“L’avvocato svolge un ruolo attivo fra imputato e stato. La consapevolezza è la parola chiave del ruolo del difensore. No possiamo ammettere che l’avvocato si trasformi nel surrogato di chi non è riuscito a superare il concorso in magistratura o in polizia. Non non possiamo accettarlo nella memoria di Famà” – ha concluso Trantino.

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