Immigrazione e accoglienza |Salvi: "Soccorrere è dovere" - Live Sicilia

Immigrazione e accoglienza |Salvi: “Soccorrere è dovere”

L'ex procuratore capo di Catania, oggi procuratore generale di Roma, lancia il convegno sull'immigrazione che inizierà nel pomeriggio a Catania.

CATANIA – Sta per iniziare una due giorni con ospiti di rilievo internazionale e un tema che scotta: l’immigrazione (leggi il programma). Un convegno che vede, tra i tanti, due relatori che sono stati protagonisti, nel momento di maggiore emergenza, del contrasto alla tratta di esseri umani. Si tratta del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro e dell’ex procuratore capo Giovanni Salvi, oggi procuratore generale di Roma. Salvi è molto legato alla città che ha traghettato conducendo inchieste importanti e oggi torna nel palazzo di Giustizia da relatore proprio sul tema dell’immigrazione.

Procuratore sta per iniziare un convegno che rappresenta una pietra miliare nel settore dell’analisi del fenomeno immigrazione e del contrasto alla tratta di esseri umani.

Credo che questo convegno sia importante perché mette insieme competenze diverse. Nella prima parte del seminario relazioneranno gli esperti della situazione libica. Sono fenomeni di lungo periodo non emergenziali che richiedono una risposta politica di lungo periodo. Non si può affrontare questo fenomeno con una scelta che avviene giorno dopo giorno in base a cosa accade

La politica risponde alla notizia o al fatto senza creare una strategia di lungo termine, è questo il problema?

Da questo punto di vista non sono mancati i tentativi di una programmazione a lungo termine, penso alla Turco – Napolitano, alla Bossi – Fini, ma sono tutti approcci che guardano alla migrazione sotto il profilo del contenimento del fenomeno in un contesto che prevede l’integrazione fatta in modo artigianale, non siamo riusciti ad avere una politica che parte dai Paesi di provenienza. A partire dalle vicende della Libia e dei Paesi del Nordafrica, la Siria, l’Iraq, il numero delle persone che chiedono asilo è diventato straordinariamente grande. Il fenomeno non è solo dal centro Africa al resto dell’Europa, è anche tra i Paesi africani. Minniti ha organizzato una politica che ha tentato di arginare il problema ma questo approccio ha incontrato molti problemi, giuridici e di fatto; nel convegno si parlerà proprio di questo. Io non ho delle soluzioni, in questo convegno parleranno i massimi esperti delle politiche migratorie, ci saranno i responsabili regionali dell’Alto commissariato per i rifugiati e dell’Organizzazione Internazionale dei migranti delle Nazioni Unite; interverrà anche Yuri Fedotov, sottosegretario generale delle Nazioni Unite. Avremo coloro che gestiscono le politiche del nostro Paese in Libia e degli esperti che porteranno degli elementi di valutazione. La seconda parte si concentrerà sui profili penali.

In questo campo la Procura di Catania ha fatto scuola contrastando il traffico di esseri umani nel momento di massima emergenza, con brillanti risultati.

Sì, ha fatto scuola. Con il procuratore Zuccaro, che era allora il coordinatore del gruppo di lavoro, affrontammo il contrasto ai trafficanti con l’affermazione delle giurisdizione nazionale in acque internazionali. Adesso c’è il problema del rispetto delle previsioni che vengono dalle convenzioni internazionali per le fasi successive al soccorso.

Il soccorso deve essere sempre garantito…

Nessuno può mettere in discussione il dovere che hanno sia gli Stati che gli individui di soccorrere, è imposto dalle convenzioni ed è un’antica consuetudine internazionale che come tale ha forza di diritto. Su questo l’Italia ha grandi meriti che nessun altro Paese può vantare. Ad esempio, Malta ha voluto una grandissima area SAR ma non la controlla e l’Italia ha assunto una posizione di supplenza.

Malta può rifiutarsi di soccorrere?

Nessun Paese può rifiutarsi se vi sono le condizioni, deve esserci un porto sicuro, cioè un porto in cui un migrante non verrà sottoposto a violenze o torture. Purtroppo non vi è poi una disciplina di distribuzione delle persone che arrivano, basata sul principio di solidarietà tra Stati. Nel momento in cui si determinano flussi enormi, questi si concentrano in pochi Stati e la disciplina del trattato di Dublino non è solidaristica, questo va ripensato. Di questo si parlerà, perché verranno alcune persone che hanno trattato la possibile riforma. È un seminario un po’ diverso, che ha l’ambizione di non avere una tesi preconcetta. Il lavoro preparatorio è stato messo a disposizione di tutti.

È vero che le navi sono il prolungamento dello Stato e le Ong dovrebbero condurre i migranti soccorsi nello Stato del quale portano la bandiera?

Questo fa parte di un accordo che era stato raggiunto con alcune Ong: qualora non fosse stato possibile accoglierle nei porti italiani bisognava condurre nei rispettivi Stati, ma il principio prevalente è quello del porto sicuro. La nazionalità della nave serve per comprendere quali sono i poteri coercitivi che può esercitare un altro Stato e che si fermano rispetto alla bandiera. Bisogna chiedere l’autorizzazione. Vi è stato recentemente a Catania un caso interessantissimo, quello delle 10 tonnellate di hashish sequestrate in alto mare. La nave aveva la bandiera dei Paesi Bassi, che hanno autorizzato l’intervento. Le operazioni di soccorso avvengono quando c’è una situazione di pericolo. Il problema è quando indipendentemente dalle situazioni di pericolo si dovesse ritenere di dover intervenire per aiutare i migranti a raggiungere l’Europa, per raggiungere un obiettivo dunque umanitariamente meritevole ma diverso dal soccorso. C’è una risposta anche della nostra politica che ci fa onore. Noi in passato siamo stati considerati a livello mondiale come esempio di intervento in una situazione di emergenza. Con il dottor Zuccaro e la dottoressa Ragazzi siamo stati invitati all’assemblea generale delle Nazioni Unite di Vienna per rappresentare ai delegati il modello italiano. Anche io in un’altra occasione ho illustrato questa esperienza al forum dei procuratori generali europei. Ma dopo i nostri interventi l’Europa ha lasciato l’Italia da sola. Penso che ci siano problemi seri, con uomini e donne molto motivate, che sentono come obbligo morale l’aiuto delle persone in difficoltà, il punto è se questo compete alle organizzazioni umanitarie o agli Stati e se gli Stati non fanno il proprio dovere deve esserci qualcuno che interviene.

Il problema è che probabilmente la politica lega l’esistenza dell’emergenza al numero di sbarchi, con la conseguenza che dipende tutto da come la Libia gestisce le partenze. Ma anche con meno sbarchi restano i problemi.

Sia chiaro che le terribili violenze sono avvenute prima dell’inizio della politica, risalgono al 2014 e continuano ancora oggi, la risposta per evitarle non è mantenere aperto il canale.

Ci vorrebbe un intervento concreto sulla Libia?

Penso che su queste cose non si possa fare una demagogia anti migranti, ne l’altra demagogia.

Il riconoscimento dello status di rifugiato dovrebbe avvenire in trenta giorni, in realtà passano diversi anni.

C’è un carico impressionante dei tribunali, rivendico che la Procura di Catania ha posto questo problema nel febbraio 2015: questi problemi determinano un gravissimo danno per gli individui che hanno diritto alla protezione e allo stesso tempo causano notevoli costi per la collettività. Noi chiedevamo misure di tipo organizzativo, ma furono mandati solo magistrati di supporto. È stato risolto il problema della concentrazione in pochi tribunali con una distribuzione di livello nazionale. Non ci sono reali politiche di inserimento, torniamo alla domanda iniziale, se noi non comprendiamo che il problema non è quello di fare dei muri, ma di capire che con questo fenomeno abbiamo a che farci per decenni. Dobbiamo capire qual è il fabbisogno che abbiamo, bisognerebbe formare i migranti per il lavoro. Dire che i migranti son una risorsa è insieme vero e sbagliato. Se facciamo tutto quello che è necessario perché forniscano un contributo alla società è vero che sono delle risorse, se lo diciamo solo per liberarci la coscienza è sbagliato, perché i migranti restano a vagare nei campi di pomodoro di Rosarno, oggetto di sfruttamento indegno e immorale, in condizioni di vita inumane. La politica deve comprendere che questo fenomeno è inevitabile e durerà negli anni.

Catania le è rimasta nel cuore?

Sì, non riesco a staccarmi, ho avuto molto da questa città, ho avuto vicinanza e affetto che ho ricambiato.

 


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