In ginocchio davanti ai boss: "Vorrei aprire un negozio" - Live Sicilia

In ginocchio davanti ai boss: “Vorrei aprire un negozio”

Fiaccata dai blitz, ma ancora capace di tenere sotto scacco decine e decine di commercianti che chiedono favori ai boss

PALERMO – Fiaccata dai continui blitz, ma ancora capace di tenere sotto scacco decine e decine di commercianti, di regolare la vita di intere borgate palermitane. È questa la fotografia della mafia di Palermo che viene fuori dall’ultimo blitz che ha colpito il mandamento mafioso di Ciaculli.

Sono cinquanta le estorsioni, tentate o consumate, scoperte da carabinieri e poliziotti. Nessuna denuncia. I numeri parlano chiaro. Altrettanto chiare, anzi chiarissime, sono le intercettazioni raccolte dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo.

Il pizzo in città si paga per paura, ma anche per convenienza. Ed è questo il nodo centrale su cui concentrarsi per cercare di capire perché, nonostante i continui successi delle forze dell’ordine, la mafia faccia ancora presa su una grossa fetta di popolazione.

Sono spesso imprenditori e commercianti, piccoli e grandi, a farsi avanti. A cercare la strada per pagare la protezione dei boss ed evitare guai in cantiere, a invocare l’intervento dei capimafia per eliminare la concorrenza.

La mafia che verrà ai raggi X: tutti i nomi che contano”.

Basta leggerle, dunque, le intercettazioni. “Sangue mio qua è assurdo che ti do l’autorizzazione perché mi farei uno sgarbo io stesso”, così Maurizio Di Fede, considerato l’uomo forte della famiglia d Roccella, rispondeva a un uomo che voleva aprire una polleria nella zona di via XXVII Maggio allo sperone. Avrebbe finito per fare concorrenza al fratello del capomafia.

Stesso diniego arrivò per l’uomo che si presentò al cospetto di Fede con una richiesta specifica: “Mi vorrei aprire un negozio qua panino con la milza, caldume, frattaglie“. Ancora una volta la risposta fu “no, perché non gliela posso fare questa brutta parte”, diceva Di Fede riferendosi al titolare di una panineria che pagava la tassa a Cosa Nostra in cambio di protezione.

Il commerciante di bombole di gas andò a chiedere un favore a Di Fede: impedire l’apertura di un concorrente a poca distanza dalla sua attività. Poi si rivolse al boss, e non alla polizia, per individuare l’autore di un furto. Sono stati intercettati mentre guardavano insieme le immagini delle telecamere a circuito chiuso. Naturalmente il furto non è mai stato denunciato.

Un imprenditore edile cercò da solo la strada per mettersi in contatto con Di Fede. Voleva pagare la tassa di Cosa Nostra per non avere intoppi nei cantieri, e perché sperava con uno sponsor mafioso di guadagnare spazi di mercato.

Un venditore ambulante di panini era certo di poter contare sull’appoggio della mafia per piazzare la sua bancarella nel parcheggio del centro commerciale Forum, a Brancaccio, la sera in cui doveva esibirsi il cantante neomelodico Franco Moreno. Qualcuno non aveva gradito: “Senti ascolta il sole quando spunta spunta per tutti se hai qualcosa da dire vai alla persone competenti”. Quel qualcuno avrebbe subito una violenta ritorsione: “Dice che lo stanno ammazzando a bastonate”.

La mafia, fiaccata dai blitz, continua a regolare la vita nelle borgate della città. I responsabili dello “Sportello di solidarietà vittime racket di Palermo” lanciano un appello, dai toni molto duri, a ciascun commerciante che paga il pizzo: “Le sembra normale con tutto quello che ci sta capitando, la pandemia, l’economia in ginocchio, le tasse che arrivano comunque e tutti i problemi per arrivare alla fine del mese, debba subire e sopportare pure questo???
Rischia purtroppo, insieme agli altri suoi colleghi, di essere imputato per favoreggiamento se non collabora.
Si può fidare di noi. Vale la pena mettere a rischio il suo lavoro per questi buoni a nulla?”.


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