L’allarme è rimasto inascoltato sin troppo tempo e la Sicilia brucia ancora, brucia da almeno trent’anni con intensità crescente e ormai intollerabile. I gravissimi incendi estivi e autunnali dell’anno scorso hanno devastato l’ambiente e riproposto l’incubo del 2017, l’annus horribilis in cui l’Isola ha raggiunto il triste primato di regione con la più estesa superficie bruciata in Italia (34.221 ettari totali di cui 15.785 di bosco, secondo il rapporto della Commissione Europea – JRC Technical Report 2017).
Il 2020 non è stato da meno, come i gravissimi incendi di Montagna Grande, Altofonte, Riserve di Monte Cofano e Zingaro, Selinunte, Parco dell’Etna, Noto, Bosco di San Pietro, Scorace, Peloritani (solo per citarne alcuni) dimostrano chiaramente. In base alle stime ricavate tramite l’EFFIS (European Forest Fire Information System) la superficie totale bruciata in Sicilia dall’1 giugno al 30 ottobre 2020 ammonterebbe a 35.900 ettari. Una cifra enorme, che supera quella del 2017 e che denuncia la drammatica gravità del fenomeno. La questione degli incendi dolosi in Sicilia è un problema ormai sistemico che mette in serio repentaglio l’ambiente, impoverendo il paesaggio e riducendo la biodiversità. Ad ogni incendio aumenta la fragilità del terreno e il rischio di frane e inondazioni. Muoiono migliaia di rettili, piccoli volatili e varie specie di mammiferi. Spesso anche gli insediamenti urbani sono lambiti dalle fiamme e l’incolumità delle persone messa in pericolo. Ma non solo, gli incendi appiccati nella stagione estiva e in zone di alto pregio turistico, come Parchi e Riserve, arrecano gravi danni all’economia dell’Isola e ne ledono l’immagine, anche all’estero.
Una situazione intollerabile contro cui varie associazioni ambientaliste e liberi cittadini hanno deciso già quattro anni fa di lanciare una vasta campagna di denuncia e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, culminate con la Marcia dello Zingaro del 25 agosto 2017 e la stesura di un dettagliato dossier sull’inefficienza della politica forestale siciliana, consegnato alla Procura di Trapani nel dicembre dello stesso anno. A distanza di quasi quattro anni, a seguito dei devastanti incendi di quest’estate, quel gruppo di associazioni si è allargato fino a diventare l’attuale Coordinamento Regionale Salviamo i Boschi. Una rete che comprende 40 sigle di associazioni provenienti da varie province della Sicilia con storie diverse alle spalle, ma tutte unite dalla convinzione che non c’è più tempo da perdere: l’emergenza incendi deve diventare una priorità nell’agenda della politica regionale,così come l’intera questione ambientale. Per dare forza alle proprie richieste il Coordinamento ha lanciato una petizione su Change. Org che, ha raggiunto circa 45.000 firme.
“Quelle richieste, insieme ad altre che abbiamo formulato in seguito, approfondendo il tema e confrontandoci con esperti in materia, fanno parte di un documento che abbiamo inviato al Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci. Siamo consapevoli – scrivono – che il problema è complessoe di non facile soluzione, ma siamo anche convinti che finora non ci sia stata nessuna reale volontà politica di affrontarlo, a partire da una seria riforma del Corpo Forestale, di cui si parla da anni e che ancora non riesce a venire alla luce”. Non c’è più tempo da perdere, in pratica. Dimostrano, studi e dati alla mano, che gli incendi sono dovuti a varie cause: interessi economici, incuria, ritorsioni personali o politiche, negligenze, distrazioni, piromania.
Tra i fattori principali c’è l’abbandono dei boschi privati e la loro espansione nelle aree marginali ex-agricole che forniscono grande quantità di legna combustibile a disposizione dei malintenzionati. Altro fattore fortemente predisponente sono i cambiamenti climatici in corso, che hanno aggravato i tradizionali problemi derivanti dalle alte temperature estive, dalle molte giornate di scirocco e dalla siccità prolungata. “Il dato preoccupante, che viene evidenziato anche dal Piano AIB 2015 e confermato dalla relazione annuale di Greenpeace 2020, è che tre incendi su quattro hanno origine dolosa. L’accertamento delle motivazioni precise è un lavoro non facile e che compete ai nuclei investigativi della Forestale e alla Magistratura, quello che emerge con chiarezza e che qui interessa sottolineare è che la causa principale del propagarsi degli incendi è l’insufficiente opera di prevenzione”. Mancano i piani di gestione o assestamento forestaleche, in ogni bosco, potrebbero guidarne la pulizia, il presidio e la polifunzionalità.
“Lo stesso piano AIB regionale è stato aggiornato con forte ritardo rispetto ai tempie rimane comunque in buona parte inattuato. Inoltre per ritardi dovuti all’approvazione del bilancio in sede regionale, i lavori di pulizia e sistemazione delle strisce tagliafuoco,invece di concludersi a metà giugno come previsto per legge, iniziano quasi sempre a luglio, risultando oltremodo tardivi e pressoché inutili”. La situazione sarebbe aggravata anche dalla forte riduzione numerica delle guardie del Corpo forestale regionale(sono appena 500 in tutta l’Isola di cui 350 effettivamente sul campo) e dal mancato turn over del personale qualificato che guidava i lavori di prevenzione; inoltre l’età avanzata e la quasi totale precarietà del personale operaio ostacolano la buona gestione del bosco. Lo stesso dicasi per il personale addetto allo spegnimento (AIB), ormai in buona parte in età avanzata (età media 56 anni) e fisicamente non adatto al ruolo.
“Inoltre il controllo del territorio da parte del Corpo Forestale e delle Forze dell’Ordine è carente – sottolineano nella lunga e dettagliata lettera inviata a Musumeci – e nelle giornate a maggior rischio incendi non viene garantita la necessaria vigilanzadelle vie d’accesso alle aree boschive. In alcuni casi manca anche il dovuto coordinamentotra Vigili del Fuoco, Protezione civile e Forestale durante le operazioni di spegnimento. Perdurando queste condizioni il problema degli incendi in Sicilia è destinato ad aggravarsi ulteriormente e a cronicizzarsi”. Alla luce di tutte queste considerazioni il “coordinamento Salviamo i boschi – Sicilia” sollecita l’applicazione di specifiche misure contro gli incendi boschivi a partire dalla riforma del settore privilegiando la pianificazione forestale regionale (il PFR) e rendendo obbligatori, per superfici superiori a 30 ettari, i Piani di gestione e assestamento forestale (PGAF).
Sono venti, complessivamente i punti che sottopongono con urgenza all’attenzione dell’Amministrazione regionale: dall’individuazione di eventuali negligenze e omissioni di dirigenti ed operatori forestali nell’applicazione delle norme di prevenzione, alla gestione pubblica dei canadair. E, in mezzo, tutta una seria di proposte come rendere obbligatoria da parte dei Comuni la redazione del Catasto degli Incendi e il perfezionamento del coordinamento tra le varie strutture, Corpi e Associazioni preposte alle operazioni di spegnimento degli incendi.
“Secondo i nostri calcoli – affermano – tra il 29 e il 31 agosto 2020 oltre a 2.198 ettari di aree boscate e 1.922 ettari di aree vegetazionali, sono andati in fumo almeno 700.700 euro per le operazioni di spegnimento aereo (i.e. 1300 euro x 539 lanci da Canadair, senza contare quelli da elicottero). Una spesa inammissibile che, per di più, non ha evitato la distruzione della Riserva dello Zingaro e del Bosco della Moarda, per citare solo due dei più famosi incendi (37) di quel terribile fine settimana”. La lettera a Musumeci è stata inviata lo scorso 9 marzo. Oltre ai punti riguardanti l’operatività e la prevenzione, le 42 associazioni che fanno parte del coordinamento, chiedono anche che venga prontamente istituita una Commissione di Inchiesta Regionale che si occupi, specificatamente, del problema degli incendi, in quanto atto terroristico contro il patrimonio collettivo e la salute dei cittadini, e che si faccia promotrice di indagini rigorose in grado di individuare esecutori materiali e mandanti e smascherare gli interessi che ruotano attorno agli incendi ed eventuali connivenze politiche.