PALERMO – La notizia delle notizie sembra buttarla lì, per caso, nel bel mezzo di una lunga intervista. A Giacomo Amadori di Libero quotidiano che gli chiede di cosa parlassero Giorgio Napolitano e Nicola Mancino nelle telefonate mai entrate nel processo sulla trattativa Stato-mafia, Antonio Ingroia spiega la necessità che “tutte le verità di uno Stato democratico vadano svelate ai cittadini. Ma non in un’ intervista”.
L’ex pm, che oggi fa l’avvocato, pensa ad un libro: “Magari attraverso un romanzo, un mezzo che mi permetterebbe di usare certi filtri per raccontare una realtà che va ben al di là della più fervida immaginazione”. Ha pure un’ idea per il titolo: “Caro Giorgio come stai?”. Ingroia continua, dunque, a pensare che quelle conversazioni dovevano essere utilizzate, nonostante la Corte costituzionale ne abbia deciso la distruzione.
Nell’intervista Ingroia fa anche riferimento a Calogero Mannino, che dopo l’assoluzione nello stralcio sulla Trattativa, lo ha tirato in ballo, parlando di “processo politico”: “La verità è un’altra: sono le prove dei suoi rapporti con i mafiosi che hanno inseguito Mannino per tutti questi anni, confermate persino dalla Cassazione che lo ha assolto. Ciò non toglie che sia stato giudicato innocente in modo definitivo dal concorso esterno e assolto in primo grado per la trattativa. Questo gli va riconosciuto, però non esageri”.
Il riferimento è alle durissime parole con cui Mannino ha attaccato i pm di Palermo a testa bassa. E guai a credere, come lo stesso ministro Dc ha dichiarato ai cronisti, che l’ex pm sia “fuggito” dal processo: “Io non sono abituato a fuggire dai miei processi come dimostrano i procedimenti contro Marcello Dell’ Utri e Bruno Contrada, entrambi condannati definitivamente, dopo anni di indagini che ho seguito fino in fondo. Nel caso della trattativa ero diventato non solo un parafulmine, ma, a un certo punto, persino un peso. Attiravo continue polemiche che si scaricavano negativamente sul processo. Per questo ho ritenuto fosse utile, conclusa l’indagine, farmi da parte”.
Ingroia fa anche ampi riferimenti alla sua nuova vita di avvocato. Tra i suoi clienti ci sono i presunti complici di Massimo Ciancimino, condannato in via definitiva per riciclaggio del patrimonio mafioso del padre e teste chiave nel processo ancora in piedi sulla presunta Trattativa: “Niente di incoerente perché nessuno dei miei assistiti è incriminato per fatti di mafia. In più aggiungo che sono convinto dell’innocenza di questi imputati che sono rimasti stritolati da quello che io definisco il sistema Cappellano”. E cioè Gaetano Cappellano Seminara, il principe degli amministratori giudiziari, indagato a Palermo per lo scandalo sulla gestione dei beni sequestrati confiscati alla mafia. Amadori, a questo punto, gli chiede che sia quanto mai attuale l’ invettiva di Leonardo Sciascia contro i professionisti dell’ Antimafia’: “Sciascia sbagliò obiettivo, colpendo Paolo Borsellino, ma ebbe un’intuizione profetica”.
Infine spazio anche ad una parentesi privata. Ingroia parla della sua nuova fidanzata che “su un giornale l’hanno definita la bionda misteriosa sopra il cielo di Ingroia”, per via della differenza di altezza fra i due, evidente come la differenza di età. La sua nuova compagna è di vent’anni più giovane. E in rete già circola il selfie dei due fidanzati.