Inquinamento a Siracusa, chiusa l'inchiesta della procura - Live Sicilia

Inquinamento a Siracusa, chiusa l’inchiesta della procura

Gli indagati sono 19. Le ipotesi di reato.

SIRACUSA – Il litorale siracusano è forse uno dei più suggestivi dell’intera Sicilia. Non solo per  il mare meraviglioso, ma anche per il mix di natura, storia e arte che lo rende un microcosmo unico.  Eppure qui, in questo lembo di paradiso, insiste uno dei siti petrolchimici più imponenti del Mediterraneo. Cioè quello di Augusta-Melilli-Priolo. I risvolti dal punto di vista dell’inquinamento ambientale sono stati molteplici. Alcuni sono sfociati anche in indagini della magistratura. La Procura di Siracusa – guidata da Sabrina Gambino – ha chiuso l’inchiesta, denominata No Fly, che nel 2019 ha portato al sequestro degli stabilimenti Versalis  e Sasol e dei depuratori Tas della Priolo Servizi spa e della Industria Acqua Siracusana Spa (Ias, ndr). 

Gli indagati sono 19

Sono 19 i nomi che compaiono nelle 17 pagine dell’avviso di conclusione indagini firmato dal procuratore aggiunto Fabio Scavone e dai sostituti Tommaso Pagano e Salvatore Grillo. A vario titolo sono accusati di reati ambientali o condotte omissive (con l’aggravante della previsione dell’evento) che hanno portato “all’immissione nell’aria di sostanze inquinanti connotate dall’odore molesto (H2S, NMHC, mercaptani), fonte di ripetuto disagio per la popolazione dei comuni limitrofi” agli impianti. La procura aretusea contesta anche illeciti amministrativi alle quattro società coinvolte: Versalis, Sasol Italy, Priolo Servizi e Ias. 

Le ipotesi dei pm

Sono molteplici i capi di imputazione formulati dalla magistratura siracusana che evidenzierebbero come i gestori degli impianti al centro dell’inchiesta abbiano tenuto ‘comportamenti’ che hanno contributo “al deterioramento significativo e misurabile della matrice “aria” nella porzione di territorio dei Comuni della Provincia di Siracusa già definita ad elevato rischio ambientale”. A questo fascicolo – come emerge leggendo il provvedimento – si affianca un’inchiesta parallela  (aperta nel 2016) sempre sulle emissioni di “sostanze odorigene”. 

Le sostanze tossiche

Andiamo al cuore delle contestazioni e delle accuse. Paolo Zuccarini è indagato perché “in qualità di procuratore speciale dell’unità locale SR1 di Priolo Gargallo della società Versalis ometteva – scrivono i magistrati – di adattare gli impianti alle prestazioni attendibili in base alle Migliori Tecniche Disponibili e di attuare le misure tecniche necessarie per contenere le emissioni non convogliate provenienti dallo stabilimento”. Inoltre l’indagato “in cooperazione con i gestori degli stabilimenti ISAB Impianti Nord, ISAB Impianti sud, ESSO Italia – Augusta (per i quali si procede separatamente), SASOL Augusta, Priolo Servizi S.c.p.a., I.A.S. S.p.a., contribuiva a provocare concentrazioni significative di H2S, sostanza tossica e connotata dall’odore di marcio,- concentrazioni significative di NMHC, composti tossici e maleodoranti, elevate concentrazioni di idrocarburi aromatici, tra i quali benzene e concentrazioni significative di mercaptani”. 

Emissioni inquinanti

Sono indagati come gestori dello stabilimento chimico della società Sasol Italy di Augusta Sergio Corso (dal 28.10.2014 al 27.11.2016), Salvatore Mesiti (dal 28.11.2016 al 30.05.2017), e Guglielmo Arrabito (dal 31.05.2017 all’attualità). I tre, pur essendo in possesso dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, secondo i pm “non ne avrebbero osservavano le prescrizioni con riguardo ai valori limite di emissione in relazione ai parametri relativi alla concentrazione delle sostanze inquinanti “ e non avrebbero adottato un “adeguato sistema di monitoraggio in continuo”. Anche a loro tre – come Zuccarini – è contestato “il contributo” delle emissioni inquinanti “in cooperazione con i gestori di altri impianti” della zona industriale siracusana. 

Per la Priolo Servizi spa sono indagati Giuseppe Lo Faso, amministratore delegato e presidente del Cda, e Domenico Longhitano, procuratore speciale con delega in materia ambientale.  I due – secondo gli inquirenti – non avrebbero attuato “le misure tecniche necessarie per contenere le emissioni diffuse provenienti dallo stabilimento, omettendo di dare corso all’investimento relativo alla copertura della vasca” e così facendo avrebbero “contribuivano a cagionare l’immissione nell’aria e quindi lo sversamento di quantitativi di sostanze inquinanti connotate dall’odore molesto”. 

Il cda di Ias

Finisce iscritto nel registro degli indagati tutto il Cda di Ias spa oltre al direttore tecnico (all’epoca delle contestazioni) Domenico Infantino e il vice Michele Gerone. I due tecnici sono accusati del fatto che nonostante la “consapevolezza che l’impianto di captazione degli odori collaudato tra il 2004 e il 2007 non fosse mai entrato in funzione” avrebbero omesso “di adattare gli impianti alle prestazioni attendibili in base alle Migliori Tecniche Disponibili e di attuare le misure tecniche necessarie per rispettare i termini dell’autorizzazione emessa e comunque per contenere le emissioni diffuse provenienti dallo stabilimento” e quindi avrebbero “cagionato l’immissione nell’aria e quindi lo sversamento di quantitativi di sostanze inquinanti connotate dall’odore molesto, fonte di ripetuto disagio per la popolazione dei comuni limitrofi all’impianto, costretta a sopportare per numerose giornate la presenza di miasmi aventi carattere continuativo e pervasivo”.  E inoltre avrebbero omesso “di adoperarsi in qualunque modo per l’implementazione di soluzioni impiantistiche che ponessero rimedio all’inadeguatezza dell’impianto di captazione degli odori, progettato prima del 1990 e mai entrato in funzione, nonostante l’esposizione all’aria di copiose superfici delle vasche contenenti reflui oleosi odorigeni”. I presidenti del Cda Maria Rosaria Battiato (dal 2013 al 2016) e l’ex assessore regionale Maria Grazia Elena Brandara (da novembre 2016) e i consiglieri di amministrazione Pietro Romano, Luigi Scalisi, Fabrizio Siracusano, Giancarlo Metastasio, Salvatore Pasqualetto, Sebastiano Bongiovanni, Maria Laura Galvano e Salvatore Magro – infine – sono coinvolti nell’inchiesta perchè “consapevoli dell’inerzia dei due tecnici” a cui è stata affidata delega plenipotenziaria in materia ambientale avrebbero omesso di “adottare qualunque iniziativa di controllo, stimolo e supervisione in ordine all’operato” di Infantino e Gerone. Le indagini sono frutto anche di un’articolata consulenza svolta dallo stesso collegio di periti che si è occupato del caso dell’Ilva di Taranto.

Gli indagati potranno consultare tutti gli atti del procedimento e presentare memorie difensive entro venti giorni. 

Legambiente e Verdi

Legambiente, che da anni, attraverso le iniziative dei circoli di Augusta, Priolo e Siracusa, denuncia l’inquinamento provocato dalle emissioni nauseabonde provenienti dal polo industriale, intende costituirsi parte civile in caso di richiesta di rinvio a giudizio degli indagati. Sull’inquinamento dell’aria nel petrolchimico di Priolo e sull’inadeguatezza del monitoraggio delle emissioni nel 2014, i Verdi hanno inviato un dettagliato esposto all’Unione Europea che poi è stato trasmesso alla Procura siracusana. 

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