SIRACUSA – Alla ricerca di una tutela legislativa contro l’inquinamento dell’aria di natura industriale. Stamattina a Siracusa è andato in scena l’ennesimo atto, il più eclatante, di una vicenda che sta caratterizzando i rapporti più recenti tra territorio e industrie: il Comune della città aretusea ha presentato un esposto in Procura per inquinamento industriale. Nel mirino, le emissioni in atmosfera avvertite dai cittadini e intercettate dalle centraline di monitoraggio nelle giornate di martedì 12 e mercoledì 13. Il centralino dei vigili urbani in quei due giorni è stato invaso di segnalazioni di “puzza” d natura industriale. Questo ha innescato un protocollo stabilito nel 2013 in Prefettura: la polizia ambientale ha effettuato un campionamento d’aria con un mezzo di monitoraggio mobile (canister) e depositato il campione nei laboratori Arpa per le analisi. Nel frattempo le centraline di monitoraggio fisse registravano una presenza elevatissima di idrocarburi non metanici (Nmhc) in atmosfera . L’esatto punto di emissione di questo inquinante non è mai stato individuato con certezza. Le ipotesi sono due, sempre di natura industriale: o le operazioni di carico e scarico delle petroliere della rada di Santa Panagia, priva delle prescrizioni necessarie a evitare le emissioni; oppure le emissioni dalle torce durante gli episodi di sfiaccolamento, ovvero quando quantità enormi di greggio vengono mandate a bruciare nei camini in situazioni di emergenza (che però si verificano con molta frequenza). L’altra caratteristica di questo inquinante è quella legata alla eventuale tutela dei cittadini: non è normato. Non esiste un modo per imporne un contenimento delle emissioni nei più recenti tabellari legislativi, nonostante l’Oms ne abbia stabilito la soglia di guardia (che nei giorni indicati sopra è stata superata per tre volte). “Ho inviato un esposto al Procuratore capo, Francesco Paolo Giordano – ha confermato l’assessore all’Ambiente del Comune aretuseo Pietro Coppa – nel quale evidenzio che i valori degli idrocarburi nelle giornate del 12 e del 13 aprile sono elevatissimi e che le emissioni moleste persistevano anche nella giornata di ieri”. Oggi l’Arpa dovrebbe stabilire, dal supplemento di analisi, l’eventuale presenza di altri agenti inquinanti: si ricercano le sostanze solforate che negli ultimi anni hanno molestato gli abitanti del quadrilatero industriale (Melilli, Augusta, Priolo, Siracusa). Fanno parte di nuovissimi processi di lavorazione industriale e, anche in questo caso, la caratteristica è quella di non essere normati. Diversi tavoli in Prefettura, partiti da fenomeni molesti di questo tipo, si sono scontrati con il vuoto legislativo. “Ho chiesto di verificare se sussistano ipotesi di reato ex art. 674 del codice penale”: l’assessore Coppa, che è anche stimato legale, cerca di aggrapparsi al reato di “Getto pericoloso di cose”. L’aspetto più inquietante, infatti, è proprio “la debolezza dell’attuale legislazione” come la stessa Procura un anno fa ha sottolineato davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sugli ecoreati. Un vuoto legislativo – non va dimenticato – che l’ex ufficio Speciale per le aree a elevato rischio di crisi ambientale della Regione aveva cercato di riempire con un decreto che sanzionava la “molestia olfattiva”: come dire, a prescindere del danno la puzza stessa è una molestia per i cittadini. Le aziende petrolchimiche del territorio, ma anche quelle di Gela e Milazzo, impugnarono il provvedimento che invece superò il primo ostacolo della richiesta di sospensiva (respinta dal Tar). Ma prima del dibattimento si insediò il governo Crocetta che eliminò l’ufficio Speciale e costrinse il direttore Cuspilici al ritiro del decreto.
Nel mirino, le emissioni intercettate dalle centraline di monitoraggio nelle giornate di martedì 12 e mercoledì 13
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