Italia '90, Agnelli e il futuro |Mezzo secolo di Totò - Live Sicilia

Italia ’90, Agnelli e il futuro |Mezzo secolo di Totò

L'eroe delle Notti magiche fa cinquant'anni. LiveSicilia l'ha intervistato: "Chi è lo Schillaci di oggi? Non amo i paragoni, ma auguro a una giovane promessa, per esempio Rossi, di fare ciò che ho fatto io".

L'intervista
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PALERMO – Erano gli anni di Maradona al Napoli, del Milan di Van Basten e Gullit. C’era l’Inter dei record, indiscussa capolista e un po’ tedesca di Trapattoni, poi c’era la Vecchia Signora. Siamo nel 1989 e la bianconera torinese punta tutto su due nuovi attaccanti provenienti dalla B. Dopo Pierluigi Casiraghi, è un certo Salvatore Schillaci a stravolgere gli schemi. Sarà Zoff a cogliere le sfumature stupefacenti di quel ragazzo, cresciuto a pane e calcio in un quartiere popolare di Palermo, che in una sola stagione segnò 15 reti. Capocannoniere ai mondiali e rivelazione di Italia ’90, è stato il simbolo dell’uomo comune che insegue un sogno e lo raggiunge. Alle porte dei cinquant’anni gli occhi sono gli stessi, sono quelli spirdati che sbalorditi sussurrano sorpresa e riscatto. Quel “terrone” (così lo etichettarono alcuni tifosi del Toro) che tentennava davanti alle telecamere, fu simbolo dello sport puro, lontano da calciopoli, doping e sangue negli stadi, come nel caso dell’ispettore Raciti, icona di quel calcio che infuocava gli spalti per dei semplici fantasisti del pallone, al di là di una fede a due colori.
Qual è il ricordo più bello di questi primi 50 anni?
«Non saprei sceglierne uno. Se dovessi fare riferimento alla mia vita calcistica, il ricordo più bello corre ai mondiali e al mio esordio in maglia bianconera. Sono juventino e non mi sarei potuto augurare di meglio. Forse direi che è stato un onore aver conosciuto Gianni Agnelli. È difficile sceglierne uno solo, ci sono momenti bellissimi nella mia vita, come la nascita dei miei figli».
Come li ha festeggiati?

«In famiglia, solo con mia moglie. Non amo festeggiamenti e feste allargate come fanno la maggior parte dei calciatori di oggi. Io sono un uomo semplice, sto bene nella semplicità».
Ha nostalgia dei tempi passati?
«No. E non ho neppure rimpianti. Ho conosciuto gente importante e stretto amicizie, come con Roberto Baggio. Nostalgia non bisogna averne. Posso dire di avere avuto occasioni e di aver lavorato sodo. Ho fatto tanta gavetta che mi ha portato tanti successi. Ognuno ha qualcosa di negativo addosso, ma meglio raccontare solo ciò che c’è stato di bello».
Se potesse tornare indietro si vedrebbe in un modo diverso?
«Sono nato per fare il calciatore. Sul piano lavorativo quindi rifarei le stesse cose. Forse eviterei di fare alcuni sbagli, ma non sto qui a elencare quali. Nella vita siamo tutti peccatori, possiamo pentirci e dispiacerci per qualcosa del passato, è normale, ma mai piangersi addosso».
Da bomber della nazionale a uomo comune. Chi è Totò oggi?
«Sono uguale a quello di vent’anni fa, diciamo che umanamente non sono cambiato. La nazionale mi ha dato popolarità sì, ma dentro sono rimasto quello di sempre. Mi circondo degli amici di una vita, amo i miei figli e continuo a essere umile».
Divertente, schietto e a volte un po’ “fumantino”. Qual è il suo più grande difetto?
«Ognuno ha i suoi difetti. Io sono una persona tranquilla, pacifica, socievole e disponibile. Detesto essere precipitoso. Forse se dovessi dire un difetto direi “troppo buono”. Anche se lascio dire agli altri cosa ho che non va. La gente è entusiasta di vedermi, ho girato il mondo e l’affetto c’è ancora. Forse ho qualche difetto sì, ma io non ne vedo».
Qual è il più grande rimpianto della sua carriera?
«Rimpianti, calcisticamente parlando non credo di averne. Ho iniziato a giocare a 10 anni, ho fatto tanta gavetta, dalla serie C alla B, fino alla A, la massima serie. Persino all’estero. Sono stato primo giocatore e capocannoniere al mondiale. Rimpianti direi di no, traguardi semmai. La mia carriera è stata breve ma intensa. Ci sono oggi alcuni giocatori che fanno fatica a giocare in serie A e che non hanno il privilegio di indossare la maglia azzurra. Io sono soddisfatto invece».
Esiste oggi un erede di Totò Schillaci nel campionato italiano?
«Non lo so. Non mi sono mai piaciuti i paragoni. Posso semmai augurare a una giovane promessa, per esempio Rossi, di fare ciò che ho fatto io».
Qual è il ricordo più bello di quelle “notti magiche”?
«Oggi nel mondo del calcio si sa tutto, grazie a opinione pubblica e stampa. Ma non si possono conoscere le emozioni, quelle sono intime e private. Il ricordo più bello è l’atmosfera che ho respirato. Roma fantastica, ho conosciuto gente importante che non avrei mai immaginato di conoscere. Un’esperienza è sempre fantastica, ma se penso che i mondiali sono l’apice cui aspira un giocatore, posso dire che ognuna di quelle è stata una notte magica».

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