La buona politica? | Non è sommare voti - Live Sicilia

La buona politica? | Non è sommare voti

Se domani si andasse a votare in Sicilia il Pd subirebbe, verosimilmente, una Caporetto che condizionerebbe negativamente il dato nazionale e che, paradossalmente, vedrebbe in salvo, grazie all'immancabile voto organizzato e d’apparato, i soliti "baroni" locali. Una beffa crudele.

Leggendo l’articolo su Livesicilia di Salvo Toscano, “La Sicilia affonda, l’Ars non riapre. Grasso che cola per i grillini”, ho ripensato a una recente dichiarazione del ministro dem per le riforme costituzionali del governo Renzi, Maria Elena Boschi: “Se oggi facessimo le elezioni, cosa che non faremo perché si voterà nel 2018, andremmo oltre il 40%”. Previsione ottimistica secondo le ultime rilevazioni, ma prendiamola per buona. E se per un punto, cioè per pochissimo, come successe al priore Martino del famoso proverbio, il Pd perdesse la cappa? Lì si trattava di punteggiatura, qui lo intendiamo in termini di percentuali di voti. La cappa sarebbe il premio di maggioranza alla Camera che l’Italicum, la nuova legge elettorale, assegna alla lista che supera la soglia del 40%. Il prezioso punto in questione, invece, potrebbe essere una debacle elettorale del Pd in Sicilia.

Mi spiego. Comunque la si pensi indubbiamente Matteo Renzi sta smuovendo l’Italia, dati Istat alla mano su occupazione, consumi, produzione industriale e crescita del Pil – nonostante il Sud sia ancora terribilmente indietro – dimostrando di avere una considerevole dose di abilità nel districarsi tra le mille insidie della politica italiana. Il giovane premier ha già incassato diversi risultati, ha in cantiere numerosi provvedimenti e in una Europa fragile e in difficoltà, sull’economia e sul drammatico esodo dei profughi, checché se ne dica lui conta. La Boschi potrebbe, quindi, avere ragione, il Pd potrebbe oggi, a patto di riuscire a coinvolgere l’intero meridione nei timidi segnali di ripresa, potenzialmente raggiungere nei prossimi mesi il 40% dei consensi. Però, faccio una domanda alla ministra: e se a causa della Sicilia, in cui il Pd siciliano è da tempo il principale sostegno a un governo regionale rivelatosi pessimo, si fallisse, fosse pure per un punto, o frazioni di esso, l’obiettivo del 40% al primo turno? Si andrebbe al ballottaggio quasi sicuramente con il Movimento 5stelle, con quale esito? Non stiamo parlando del Molise o dell’Umbria, stiamo parlando di una regione con oltre 4 milioni e mezzo di elettori, non si scherza. Sa la Boschi cosa sta accadendo in Sicilia, a parte i numerosi commissariamenti disposti da Roma su delicati e strategici settori per gli strafalcioni o le gravi inadempienze del governo regionale? Non dubito che lo sappia, ma mi permetto ugualmente di suggerire un sintetico pro memoria a beneficio nostro. In Sicilia, a due anni dalla scadenza naturale della legislatura, siamo alla terza edizione della giunta, sulla carta di centrosinistra, targata Crocetta, senza che sia stata portata a compimento una, dico una, riforma degna di tal nome e non a rischio di impugnativa, o di sfavorevoli atti giudiziali, per possibili profili di incostituzionalità; siamo all’età della pietra sui trasporti, sulle infrastrutture, sulla rete stradale, sui rifiuti, sulle fonti energetiche, sulle innovazioni tecnologiche, sulla formazione, solo per citare alcune fondamentali materie. Forti criticità sulla sanità e sull’utilizzo dei fondi europei; i report dei maggiori istituti di ricerca economico-finanziara emettono, sull’Isola, periodici bollettini di guerra da paura; la disoccupazione giovanile è alle stelle, i giovani che scappano all’estero, i cervelli, sono ormai migliaia e migliaia.

Si sono avvicendati finora circa 38 assessori, tra cui ben due, Nino Caleca e Lucia Borsellino, si sono dimessi esplicitamente per “ragioni etiche”; l’Assemblea regionale siciliana è un parlamento che lavora pochissimo e produce ancora meno, eppure i suoi inquilini – ad esclusione dei pentastellati che si auto-riducono drasticamente la busta paga a favore di lodevoli iniziative e di Fabrizio Ferrandelli dimessosi, unico caso, dalla carica di deputato regionale – godono di indennità e privilegi stratosferici. Come se non bastasse, si sta lavorando a un ennesimo rimpasto con un disinvolto ripensamento delle alleanze e l’inserimento di politici al posto dei “tecnici” per provare in questo modo, invece che con il buon governo e la coerenza morale e politica degli schieramenti, a fermare la valanga grillina in arrivo. Una spregiudicata operazione di riciclaggio e di manovre dal sapore elettoralistico con la benedizione, anzi, con la regia del Partito Democratico. Ciò premesso, cara Maria Elena Boschi, se domani si andasse a votare in Sicilia il Pd subirebbe, verosimilmente, una Caporetto che condizionerebbe negativamente il dato nazionale e che, paradossalmente, vedrebbe in salvo, grazie all’immancabile voto organizzato e d’apparato, i soliti “baroni” locali: una beffa crudele per chi vorrebbe trasformare l’Italia intera, non a spezzoni, e la politica.

In Sicilia, a dispetto del Gattopardo che descrive i siciliani in perenne “zona grigia”, ostili ai cambiamenti, si possono tentare le rivoluzioni apparentemente impossibili, entusiasmanti, ma occorre essere credibili per candidarsi a vincerle, esempio lampante fu la Rete di Leoluca Orlando negli anni 90. In Sicilia, è un errore incastrare tra di loro, come se giocassimo al Lego, metodi logori e soggetti politici ( e personaggi) a braccetto, ieri, con Cuffaro, con Lombardo e, ora, incredibilmente con il Pd di Renzi. Solo per sommare voti. In Sicilia si può ancora vincere se si avrà il coraggio di rivolgersi direttamente ai cittadini – evitando di propinare indigeribili pastoni e dopo avere posto fine, anticipatamente, all’attuale disastrosa esperienza del governo regionale – con una proposta programmatica alta, con una classe politica profondamente rinnovata – altro che riciclati – e non ricandidando gli uscenti. Si può ancora sperare di vincere se si avrà il coraggio di azzerare il partito delle tessere e delle correnti per farlo diventare un riferimento attraente per chi vuole impegnarsi per la comunità. Se così non sarà, è ragionevole attendersi spiacevoli conseguenze e il progressivo abbandono di iscritti e simpatizzanti.


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